La tecnologia si mette al servizio della medicina: presso la sala parto dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, è in uso, da qualche mese, un software che supporta i medici durante il travaglio delle partorienti. Per saperne di più intervistiamo il dott. Patrizio Antonazzo, Responsabile della Sala Parto dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Luigi Sacco e responsabile dell’utilizzo clinico di questo software.
Da cosa è nata l’esigenza di creare questo software? Chi ha realizzato il progetto e con quali fondi?
L’esigenza di creare un software nella gestione del rischio, in qualunque specializzazione medica, nasce dall’ipotesi che l’identificazione del rischio migliori la sicurezza per il paziente.
Remine monitora l’applicazione dei protocolli clinici in uso e la gestione delle risorse disponibili attraverso l’identificazione del rischio, l’analisi del rischio stesso e l’invio di segnali di errore. Nella specifica applicazione in sala parto, l’esigenza del software nasce dal fatto che il travaglio è un evento a rischio per la madre e per il feto, anche in gravidanze che possono essere classificate a basso rischio. Infatti, si stima che circa nel 15-25% delle donne a basso rischio possano insorgere complicazioni durante il travaglio e nell’8% delle donne a basso rischio può verificarsi un’emergenza intra- o post-partum. Pertanto, basso rischio non significa assenza di rischio. Il software è stato costruito dalla società Noemalife, principale coordinatore del progetto. E’ finanziato dalla Comunità Europea con la partnership della Regione Lombardia. L’Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano e la School of Management del Politecnico di Milano sono altri protagonisti del progetto.
Come è stato coinvolto l’Ospedale Sacco di Milano?
All’inizio della programmazione sono state svolte alcune riunioni con la Regione Lombardia, partner del progetto, per identificare l’ospedale in cui effettuare la sperimentazione. In seguito alla nostra candidatura, avendo tutte le credenziali richieste, siamo stati selezionati per la partecipazione al progetto.
Ci spiega il funzionamento del software?
REMINE è un sistema informatico finalizzato a monitorare pazienti identificate come a basso rischio. Il controllo è effettuato in 3 direzioni: sui movimenti uterini della paziente durante il travaglio, sulle condizioni generali della madre e sulle condizioni del feto. Il processo inizia con la diagnosi di travaglio e l’identificazione delle pazienti classificabili come a basso rischio. Al momento del ricovero, la paziente effettuerà una visita ostetrica e inizierà il monitoraggio della frequenza cardiaca fetale (CTG) per 30 minuti, con un controllo ogni due ore. Questa sequenza viene ripetuta durante tutto il tempo del travaglio. In caso di ritardi nelle tempistiche previste che non rispettino l’alternanza della visita ostetrica e della misurazione CTG ogni 2 ore per 30 minuti, Remine comunica il ritardo cui va attribuita dunque una spiegazione. Il lavoro di Remine è focalizzato sul travaglio, quindi l’inizio del periodo di espulsione del feto coincide con l’uscita dal sistema.
Quando ha preso il via la sperimentazione? Qual è la durata prevista?
La durata prevista è di circa 1 anno: tra agosto e settembre è iniziato l’utilizzo del software in sala parto e il sistema è ancora silenziato per permettere al personale medico ed ostetrico di prendere confidenza senza ricevere messaggi di allarme. Dal prossimo mese verranno introdotti i sistemi di allarme in caso di mancata applicazione della procedura o dei tempi. A marzo si aggiungeranno alla registrazione del software anche fattori come le risorse umane e strumentali a disposizione. Infine, l’ultima fase della sperimentazione prevede l’analisi dei risultati del monitoraggio, tenendo in considerazione una serie di errori sistematici (cioè che ricorrono) che permettono di interpretare eventuali carenze, problemi, inesattezze. Questi errori possono essere determinati dalle caratteristiche della paziente stessa o da elementi contestuali come la disponibilità delle strumentazioni (per esempio, contemporaneo utilizzo delle apparecchiature per accettazione e ambulatorio, numero di medici e ostetriche per paziente presenti, esperienza degli operatori, ecc).
Quanto, secondo lei, la medicina può essere aiutata dalla tecnologia?
Penso che il progresso e i successi della medicina siano strettamente correlati con l’ausilio delle strumentazioni tecnologiche. Basti pensare, limitatamente al campo ostetrico, l’enorme passo in avanti nella conoscenza della fisiologia e della fisiopatologia fetale permesso dall’introduzione dell’ecografia e della cardiotografia. In compenso, l’utilizzo costante e abitudinario della tecnologia rischia di far perdere o di non far acquisire nella loro completezza, soprattutto nei giovani medici, due momenti diagnostici fondamentali quali l’anamnesi e l’esame obiettivo. Inoltre, i continui miglioramenti tecnologici possono creare la falsa illusione e rafforzare la convinzione che la medicina sia una scienza esatta in cui non sia accettabile alcun tipo di errore.