La scorsa settimana una donna incinta alla 35esima settimana ha sfiorato la morte, dopo che il suo bimbo ha “tirato” un calcio eccessivamente vigoroso in grembo, colpendo la sua parete uterina. Nessuno è in pericolo, né la mamma né il piccolo, ma lo spavento è bastato per far allarmare tutta l’equipe medica: la donna, infatti, è andata incontro alla rottura dell’utero. Com’è potuto accadere?
La storia di Zhang: quel “calcio” involontario che ha rotto l’utero
La mattina del 2 ottobre, quando si è recata all’University Hospital di Shenzhen in Cina, la donna era alla sua 35esima settimana. I dolori allo stomaco erano troppo accentuati per essere considerati un normale sintomo di gravidanza. I medici, però, si sono subito insospettiti: il dolore addominale, infatti, era associato ad un innalzamento della pressione sanguigna, così come ad una respirazione fortemente irregolare.
Zhang, lo pseudonimo della donna coinvolta in questo brutto incidente, aveva subito un intervento chirurgico nel 2016, pochi mesi prima di rimanere incinta, per rimuovere i fibromi uterini.
Dopo aver analizzato la sua storia medica, i ginecologi si sono subito insospettiti. Dopo aver effettuato una scansione ad ultrasuoni, hanno diagnosticato immediatamente una «sospetta rottura dell’utero».
La donna è stata subito trasferita in sala operatoria. E qui la sorpresa. Durante l’operazione, infatti, i medici hanno potuto constatare che le gambe del feto stavano penetrando nella cavità addominale della mamma, attraverso una fessura di oltre 7 centimetri presente nell’utero.
La parete dell’utero di Zhang – infatti – era estremamente fragile, a seguito dell’operazione necessaria ad eliminare i fibroadenomi. Insomma, l’utero si era rotto. Tanto spavento, ma tutto si è concluso al meglio: mamma e bimbo sono in fase di recupero, ormai il rischio è passato.
Rottura dell’utero in gravidanza: raro ma non impossibile
Non spaventiamoci. La rottura dell’utero è un evento assai raro, e interessa 5 donne ogni 1000 parti. Eppure, non è un evento completamente inaudito.
I casi in cui si può verificare una rottura dell’utero sono però ben circoscritti: essa si verifica il più delle volte lungo le cicatrici presenti nelle donne che hanno avuto un precedente parto cesareo. Ovviamente, il nesso causa-effetto non è così scontato.
Per evitare questa complicanza, quando si sceglie un parto naturale dopo un cesareo, è consigliato che siano passati almeno 15 mesi tra l’uno e l’altro. Inoltre, un’altra variabile da considerare è l’incisione praticata durante il cesareo: se verticale, il rischio di lacerazione dell’utero è più alto (0,7%) rispetto a quella orizzontale (0,3%).
Esistono però altri fattori di rischio, come:
- Difetti congeniti dell’utero
- Parto in età superiore ai 42 anni di età, in seguito a gravidanze pregresse
- Difetti del bacino materno
- Traumi in gravidanza
- Idrocefalia fetale
- Cicatrici in seguito ad operazioni
L’importante, però, è riconoscere un evento simile. Generalmente, in seguito alla rottura dell’utero, si assiste a decelerazioni variabili, evidenza di ipovolemia (diminuzione del volume di sangue circolante nell’organismo), perdita della collocazione fetale (rilevata durante l’esame del collo dell’utero), e intenso o costante dolore addominale.
La diagnosi verrà confermata per via laparotomica: se la rottura dovesse essere confermata, i medici eseguiranno immediatamente un parto cesareo.
Insomma, mamme, state tranquille: l’utero è un muscolo molto potente e le possibilità che esploda all’improvviso sono assai rare. E se dovesse accadere, i chiari segnali che questo comporta porterà l’operatore ad agire in tempo, evitando pericolose complicanze.