La psoriasi è una malattia cronica della pelle, di natura infiammatoria. È abbastanza facile identificarla: è caratterizzata da chiazze rosse ricoperte di pelle desquamata tendente al bianco e all’argento, solitamente presenti in aree specifiche del corpo:
- Gomiti
- Ginocchia
- Cuoio capelluto
- Piante dei piedi
- Palmi delle mani
- Genitali.
Le lesioni tipiche di questa manifestazione infiammatoria possono variare per intensità e per dimensione, ma comunque non si tratta di una patologia infettiva.
L’artrite psoriasica invece è una malattia infiammatoria che colpisce le articolazioni e che si associa proprio alla presenza di psoriasi cutanea: nella maggior parte dei casi si tratta infatti di una degenerazione della prima patologia.
Questa tipologia di artrite può manifestarsi in modo lieve o intenso. Le persone che ne soffrono lamentano rigidità, dolore e gonfiore nelle articolazioni. Un altro sintomo tipico dell’artrite psoriasica è l’alterazione delle unghie.
Mentre la psoriasi insorge generalmente nei pazienti tra i 20 e i 30 anni di età, senza distinzione di sesso, l’artrite psoriasica è più frequente nel sesso maschile e in una fascia d’età over 50.
Psoriasi ed artrite psoriasica: come e perché compromettono la vita delle persone?
Psoriasi ed artrite psoriasica sono malattie croniche e conviverci può spesso rivelarsi particolarmente impegnativo.
Secondo alcuni studi recenti, la qualità di vita di un paziente con psoriasi si riduce maggiormente rispetto a quella di chi soffre di altre patologie croniche.
Questo perché la psoriasi ha un impatto fisico ma anche emotivo: condizionando l’aspetto di chi ne è colpito, rischia di comprometterne di conseguenza le relazioni sociali.
In pochi sanno infatti che non si tratta di una malattia infettiva e spesso i soggetti che ne sono affetti vengono isolati o allontanati. A chi ne soffre non resta che cercare di nascondere i segni che la malattia lascia sul loro corpo con notevole impatto sul grado di stress e sull’autostima.
Psoriasi ed artrite psoriasica condizionano fortemente la qualità della vita anche a causa del prurito e del dolore, che possono rendere difficile lo svolgimento delle normali attività quotidiane.
Perfino dormire talvolta può diventare impossibile per i pazienti affetti da queste patologie e convivere con una patologia cronica è sempre un’azione quotidiana graduale e impegnativa.
Anche quando i sintomi sono ridotti o eliminati, il paziente ha la consapevolezza di non essere guarito e dovrà quindi imparare ad accettare non solo la fragilità del suo corpo ma anche i possibili effetti collaterali dei farmaci che lo accompagneranno nel corso della sua vita.
La campagna “Psoriasi c’entro anch’io”
Il occasione della Giornata Mondiale della Psoriasi è stata avviata la campagna “Psoriasi c’entro anch’io”, promossa da Amgen in partnership con le Società scientifiche ADOI, SIDeMaST e le Associazioni pazienti ADIPSO, ANMAR, APIAFCO e APMARR.
“Psoriasi c’entro anch’io” invita tutti i pazienti con psoriasi e artrite psoriasica a passare all’azione e ad affrontare il percorso di cura, insieme allo specialista o nei Centri Specializzati presenti in tutto il territorio nazionale.
Oggi infatti in Italia ci sono oltre 1,5 milioni di pazienti con psoriasi e circa 300.000 sono quelli affetti da artrite psoriasica: più di un paziente su due dichiara di non essere in cura da un dermatologo perché sfiduciato.
Giuseppe Monfrecola, Presidente SIDeMaST, spiega che “data la sua natura infiammatoria, cronica e sistemica la psoriasi tende ad evolvere se non trattata”.
Antonella Celano, Presidente APMAR, afferma che “saper riconoscere i segni e i sintomi permette di arrivare tempestivamente a una diagnosi e dare la possibilità allo specialista di prescrivere al meglio le terapie più appropriate al singolo caso per curare la malattia che, se non trattata precocemente, purtroppo comporta esiti e invalidità importanti”.
Oggi a disposizione dei pazienti vi sono numerosi trattamenti efficaci e maneggevoli, capaci di migliorare concretamente i sintomi e la qualità di vita.
La campagna “Psoriasi c’entro anch’io” è quindi l’occasione per ricordare a tutti i pazienti e ai caregivers che oggi questa patologia può e deve essere trattata: è importantissimo non rassegnarsi alla malattia ma acquisire la consapevolezza dell’azione.