I ricercatori hanno trovato due farmaci, già utilizzati in clinica umana, che sembrano prevenire le malattie neurodegenerative nei topi. Pubblicata sulla rivista Brain, la ricerca potrebbe essere un grande passo avanti nel prevenire la progressione di malattie devastanti per egli esseri umani.
Che cos’è si intende per malattia neurodegenerativa?
Il termine malattie neurodegenerative include una serie di condizioni che interessano principalmente i neuroni del cervello umano.
I neuroni sono le cellule del sistema nervoso, che include il cervello e il midollo spinale. I neuroni normalmente non si riproducono e non vengono sostituiti, quindi, quando si danneggiano o muoiono nessun altro neurone può prendere il loro posto. Esempi di malattie neurodegenerative includono il morbo di Parkinson, il morbo Alzheimer e la corea di Huntington.
Attualmente le malattie neurodegenerative sono condizioni incurabili e debilitanti, che comportano una progressiva degenerazione e / o morte delle cellule nervose. Ciò provoca mancanza di coordinazione nei movimenti (atassia), o demenza.
La malattia di Alzheimer è responsabile di circa il 60-70% dei casi di demenza.
Tra le malattie neurodegenerative sono incluse:
- Malattia di Alzheimer e altre demenze
- Malattia di Parkinson e disordini ad essa correlati
- Malattia da prione
- Malattie dei neuroni motori
- Malattia di Huntington
- Atassia spinocerebellare
- Atrofia muscolare spinale
La risposta del cervello a una iper-produzione di proteine malfunzionanti
Quando le cellule cerebrali vengono infettate da un virus, il patogeno “sequestra” la cellula per produrre le proprie proteine virali, che iniziano a svilupparsi all’interno della cellula. Per impedire la diffusione del virus, la cellula reagisce bloccando tutta la produzione di proteine.
In molte malattie neurodegenerative si verifica una situazione simile, in cui le proteine difettose sono sovra-prodotte nelle cellule cerebrali e il cervello reagisce in modo molto simile, bloccando la loro produzione, ma per periodi più prolungati.
I problemi iniziano a sorgere perché le cellule cerebrali, a questo punto, bloccano la produzione di queste proteine per un lungo lasso di tempo durante il quale, tuttavia, la proteina viene a mancare. I neuroni iniziano a sentire la mancanza della proteina, manifestando, nel soggetto, sintomi come perdita di memoria, disfunzione dei movimenti e persino morte nei casi di gravi malattie neurodegenerative.
Esistono farmaci che possono inibire il blocco completo di queste proteine?
Nel 2013, una squadra di ricercatori descrisse un composto che impediva alle cellule cerebrali l’iper-produzione e, quindi, il blocco di produzione di proteine indispensabili, che impediva la morte delle cellule del cervello. Tuttavia, il risvolto della medaglia non era di poco conto, la molecola infatti danneggiava pesantemente il pancreas. Gli studiosi non si sono arresi, rivolgendo la loro attenzione ad altri farmaci per ottenere lo stesso risultato.
Dopo aver sottoposto a screening oltre 1.000 diversi farmaci già in esistenza, si sono imbattuti in due che sembravano avere l’effetto desiderato. Uno di questi, noto come trazodone, è già utilizzato clinicamente per trattare i pazienti con depressione, mentre il secondo, chiamato DBM, si trova naturalmente in piccole quantità in liquirizia ed è attualmente in fase di sperimentazione per vedere se può efficacemente curare il cancro.
Malattie neurodegenerative: si cureranno in futuro?
I ricercatori hanno collaudato, in primo luogo, i farmaci su topi che hanno avuto una malattia neurodegenerativa correlata ai prioni e hanno scoperto che ha funzionato tanto quanto il farmaco precedente nella prevenzione della morte delle cellule cerebrali e che i topi hanno mostrato miglioramenti nei comportamenti legati alla malattia; nello stesso tempo, non è stato osservato alcun impatto deleterio sul pancreas.
A seguito di ciò, i farmaci sono stati testati su topi che avevano altre malattie neurodegenerative ed è stato trovato un miglioramento nella loro capacità di eseguire test di memoria.
Questa è una notizia promettente perché questi farmaci, sebbene per altre condizioni patologiche, sono già in uso sugli esseri umani, e ciò dovrebbe rendere molto più facile il processo di sperimentazione clinica. I farmaci – precisano i ricercatori – non sono una cura, ma potrebbero impedire la progressione delle malattie neurodegenerative, modificando radicalmente il modo in cui vengono trattate.