Un organo ancora sconosciuto
La placenta: a cosa serve questo naturale sistema di supporto che rende possibile la vita del bambino durante la gravidanza. Tutto sui rischi di un distacco della placenta e sulle sue normali funzioni.
La placenta è il sistema di supporto per la vita del feto in fase di sviluppo, deputato agli scambi metabolici con la madre.
È costituito da due strati, il primo collegato alla parete uterina materna, il secondo detto corion, è quello più vicino al bambino ed è connesso al cordone ombelicale. Viene a formarsi unicamente a partire dalle cellule embrionali, non da quelle materne. Espulsa al momento del parto, subito dopo che il bimbo è fuoriuscito, la placenta fornisce ossigeno, nutrimento, e smaltimento dello sostanze di rifiuto, caricandosi del lavoro di polmoni, fegato, reni ed altri organi fino a quando quelli del feto sono diventati operativi.
Se qualcosa va storto nel funzionamento della placenta, come si può immaginare, le conseguenze sono spesso molto pesanti, ad esempio un parto prematuro, un aborto, la nascita di un bambino non vitale, o sottopeso.
Si può anche verificare quella che viene chiamata pre-eclampsia [1], o anche gestosi e gestosi gravidica, una condizione che accresce la pressione sanguigna della madre, fino a poter causare la morte sua e del bambino. Anche una placenta molto più piccola o molto più grande della media è spesso un cattivo segno.
Sempre più ricercatori sostengono che l’insorgenza di disfunzioni a livello della placenta determini danni permanenti alla salute della madre e del bambino.
Data la sua incredibile importanza, dunque, è sorprendente che ancora si sappia così poco su quest’organo, che solitamente viene semplicemente gettato via una volta che il bambino è nato.
Il “National Institute of child health and human development”, nel Maryland (Stati Uniti), definisce la placenta il “meno compreso tra gli organi umani e verosimilmente uno dei più importanti per la salute della donna e del feto non solo durante la gravidanza, ma per tutta la vita di entrambi".
A quanto alcuni ricercatori sostengono, una migliore conoscenza di questo misterioso organo umano potrebbe regalarci alcune delle prossime più eclatanti scoperte in campo medico-scientifico. Lo scorso maggio è stata indetta la prima conferenza dedicata completamente alla placenta, allo scopo di iniziare un progetto di ricerca, chiamato “Human Placenta Project” [2], che consenta di individuare i disordini placentari in uno stadio più precoce della gravidanza, e possibilmente trattarli e curarli per tempo.
Una spasmodica lotta per la vita e per la sopravvivenza che può costare cara
Come è fatta la placenta? In questo paragrafo, un'attenta analisi della plecenta e delle complicazioni che possono insorgere durante la gravidanza: placenta accreta, placenta previa, pre-eclampsia.
Studiando più nei dettagli come e quando si forma questa placenta, e come appare visivamente, una parola inquietante salta fuori ripetutamente nel descrivere la placenta: “invasiva”.
L’organo, infatti, comincia a formarsi non appena la cellula uovo, fecondata, giunge nell’utero, impiantandosi profondamente all’interno della sua parete, e attingendo con voracità alle arterie della madre, al punto tale che i ricercatori lo paragonano al comportamento di un tumore.
Nella maggior parte degli altri mammiferi, la placenta rimane ad un livello molto più superficiale. Ma nell’uomo essa scava letteralmente un cunicolo dentro l’utero materno, dal quale succhia i nutrienti della madre per portarli al feto. Entro la 10° o 12° settimana di gestazione, ha costituito un sistema di rifornimento vascolare che, fondamentalmente, occupa dagli 80 ai 100 vasi uterini (chiamati arterie spirali) da cui crescono capillari per una lunghezza totale di ben 52 km!
Le cellule placentari formano delle sottili proiezioni digitiformi chiamate “villi placentari”, che contengono i capillari fetali ed entrano in contatto con il sangue materno per prelevare ossigeno e nutrienti, e rilasciare le sostanze di rifiuto. Il primo gruppo di cellule, situate sullo strato esterno dell’embrione, che danno origine alla placenta all’inizio della gravidanza, si chiamano “trofoblasto”.
Il trofoblasto si moltiplica in modo esplosivo e si espande come una colonia di soldati all’interno della parete uterina. Il comportamento delle cellule del trofoblasto è molto aggressivo: spingono via le altre cellule e le distruggono con enzimi digestivi o secernono sostanze che inducono le cellule a distruggersi da sole. Il trofoblasto è solitamente così invasivo da essere capace di impiantarsi anche su tessuti diversi da quello uterino. Normalmente, la placenta dovrebbe attaccarsi solamente allo strato interno dell’utero, in modo temporaneo, rimanendo distinta dalla superficie uterina materna, e distaccandosi spontaneamente al momento del parto. Può succedere che parti di essa rimangano attaccate all’utero, aumentando il rischio di infezione postnatale e di emorragia per la madre.
Quando l’intera placenta non si stacca, si verifica quella che viene chiamata “placenta accreta” [3]. Nei casi più gravi, essa è talmente ancorata alla parete uterina da raggiungere profondamente il muscolo sottostante (placenta increta), o addirittura crescendo completamente al suo interno (placenta percreta).
I ricercatori non sono ancora certi se la causa di queste rischiose situazioni sia una placenta troppo aggressiva, o un utero non in grado di fermarne lo sviluppo, e questa è una domanda a cui si sta cercando di dare risposta. I primi risultati delle ricerche indicano che vi è senza dubbio una iper-produzione di fattori di crescita e di molecole-segnale associate alla formazione di vasi sanguigni, oltre che una produzione troppo scarsa di proteine che in altri contesti servono a frenare lo sviluppo tumorale.
Ciò suggerirebbe che è la placenta ad essere responsabile della patologia. Ma i dati epidemiologici indicano che anche l’utero ha una sua parte di responsabilità: il rischio di placenta accreta aumenta infatti se sono presenti sulla sua superficie cicatrici derivate da precedenti parti cesari, aborti o procedure di raschiamento, o chirurgie per rimuovere fibromi.
La posizione di impianto dell’embrione è un altro fattore importante: se si impianta a livello della parte bassa dell’utero, dove la parete è più sottile, è più probabile che la placenta si attacchi. Se si impianta a livello dello sbocco dell’utero (condizione chiamata placenta previa), la probabilità di placenta accreta cresce parecchio (5%).
Se poi le condizioni di rischio si sommano, è ancora più verosimile: una donna che ha avuto due parti cesarei (con relative cicatrici) e ha una placenta previa, ha un rischio di sviluppare placenta accreta pari al 40%. Ma aldilà di questi dati, anche donne che non presentano alcun fattore di rischio possono incappare in una gravidanza con placenta accreta. Le ragioni per cui ciò accade sono tutt’ora poco chiare e in fase di studio.
Si sa ben poco anche sulla condizione di pre-eclampsia: la sua diffusione negli Stati Uniti varia dal 2 al 5% dei casi, ma è molto più frequente in zone povere, dove ci sono condizioni di malnutrizione. Considerata una patologia della placenta (e non dell’utero), presenta un quadro opposto a quelli precedenti: il tessuto placentare in formazione in questo caso non riesce a ricevere un apporto di sangue sufficiente. Ciò determina, nella maggior parte dei casi, una placenta di dimensioni drasticamente inferiori alla norma. Analizzandone il tessuto dopo il parto, sono stati spesso trovati coaguli sanguigni, aree decolorate e una rete sanguigna scarsa.
Come e quando il problema si verifichi, non è stato del tutto compreso. Per qualche ragione sconosciuta, la placenta non si forma come dovrebbe e non è in grado di tenere il passo delle esigenze del feto in crescita.
Il trofoblasto, non riuscendo completamente a trasformarsi in cellule arteriose, inizia a produrre una serie di molecole anomale che determinano un aumento della pressione sanguigna materna, rischiando di danneggiare i suoi vasi sanguigni. Questo aumento della pressione può essere visto come un tentativo da parte della placenta di far pervenire una maggiore quantità di sangue al il feto, ma è controproducente.
L’unico trattamento possibile in caso di pre-eclampsia è quello di far nascere il bambino.
Nuove scoperte che rivoluzionano lo scenario: la placenta è colonizzata dai batteri
La flora batterica della placenta. In cosa consiste? Quanto influisce sul normale decorso della gravidanza? Un'alterata flora batterica può essere la causa di parti prematuri? Questo e molto altro in questo paragrafo.
Un tempo creduta completamente priva di batteri, quindi un ambiente sterile, la placenta ospita in realtà una flora batterica che influenzerebbe il corso della gravidanza e che potrebbe giocare un ruolo importante nel determinare la salute del bambino e la composizione della sua flora intestinale.
Gli autori di una ricerca [4] che ha come scopo lo studio dell’intera fauna microbica del corpo umano, hanno indicato che una composizione batterica non corretta durante la gravidanza potrebbe essere in parte la causa di alcuni parti prematuri. Questo spiegherebbe come mai malattia parodontale (infezione dei tessuti di supporto del dente, che porta alla loro graduale distruzione) e infezioni urinarie durante la gravidanza sono associate a un rischio maggiore di parti prematuri.
Sembrerebbe, secondo questo studio, che il bambino acquisisca una parte importante della proprio fauna microbiologica intestinale dalla placenta. Notizia rassicurante per le donne che hanno avuto un parto cesareo: alcuni ricercatori sostengono infatti che il mancato passaggio del bambino attraverso il canale vaginale gli impedirebbe di acquisire una normale flora batterica.
La dottoressa Aagard, professore associato di ostetricia e ginecologia presso il Baylor college of Medicine, è stata la prima a mettere in dubbio questo dato. Aagard afferma: “Siamo incuriositi dal ruolo che gioca la placenta. Stiamo soltanto iniziando ora ad avere un barlume di comprensione di questo organo incredibile e della sua biologia”. Il team della dottoressa ha evidenziato come non ci fosse corrispondenza, nei parti vaginali, tra flora batterica materna e flora batterica intestinale del bambino. Inoltre, sostiene Aagard, “Non è che il bambino rimanga nel canale a lungo. Anzi, vengono espulsi piuttosto velocemente, e durante il passaggio sono ricoperti da una sostanza simile a una vernice bianca, chiamata vernice caseosa, la quale con ogni probabilità aiuta a tenere i batteri alla larga”.
Dopo aver condotto lo studio microbico sulla placenta, si è visto che la sua composizione batterica presenta circa 300 specie diverse, la maggior parte della quali innocue, e che la fauna microbica che più le somiglia è quella della bocca. Si è visto inoltre, come i batteri presenti nel cavo orale materno viaggino attraverso i vasi sanguigni fino a raggiungere la placenta, vi si stabiliscano, e raggiungano così il feto. Per questo motivo donne con malattia parodontale durante la gravidanza, anche se trattate durante la gravidanza, sono a rischio di parti prematuri e nascita di bambini sottopeso. Anche le infezioni urinarie, seppur trattate durante la gravidanza, creano lo stesso tipo di conseguenza.
Un’altra scoperta è stata che la composizione batterica della placenta di bambini nati a fine gravidanza è diversa da quella di bambini nati prematuri. Ma non è chiaro se questa sia semplicemente una caratteristica o contribuisca alla nascita prematura.
La scoperta di un trattamento per ridurre le nascite pretermine
Le nascite pretermine e, quindi, i parti prematuri sono da sempre oggetto di studio. Ma qual è il legame che può esserci con la placenta? Nel paragrafo il punto di vista del professor Jeffrey Kelaan.
Una domanda importante a cui trovare risposta, dal momento che si è scoperto che la placenta non è sterile, è: in che modo gli antibiotici (che spesso vengono prescritti alle donne in gravidanza) influiscono sulla microbiologia della placenta, e quindi sul feto?
Molte sono le questioni aperte. Il misterioso ruolo dei batteri placentari è un campo inesplorato.
Come abbiamo detto, le infezioni intrauterine e la conseguente risposta infiammatoria che ne segue, giocano un ruolo importante nel causare problemi nel portare a termine la gravidanza. Solitromicina è il nome di una nuova generazione di antibiotici, sviluppati dalla compagnia americana Cempra Inc., che sembrerebbero essere capaci di attraversare la placenta e distruggere i batteri che causano molte nascite pre-termine.
Jeffrey Kelaan, professore della University of Western Australia [5], ha parlato di una novità “senza precedenti”, affermando che la solitromicina, in seguito a uno studio condotto sulla placenta delle pecore e quella dell’uomo, si è mostrata dalle 10 alle 100 volte più efficace degli più comunemente usati macrolidi. Si prevede, ha continuato Kelaan, di arrivare a poter prevenire circa il 30% delle nascite pre-termine.
Il prossimo passo sarà quello di condurre dei trial clinici (studi sperimentali di alto valore scientifico) per confermare che questi antibiotici siano effettivamente in grado sia di attraversale la placenta, sia di eradicare i batteri dannosi che infettano il tratto urogenitale, obiettivi finora per la maggior parte falliti dai tradizionali macrolidi.
Questi studi verranno condotti sia dalle università americane che da quelle australiane, e daranno una risposta finale riguardo all’efficacia di questa nuova generazione di antibiotici.
Autismo e schizofrenia: quale ruolo può giocare la placenta?
Autismo, schizofrenia e placenta. Cosa c'entrano? Uno studio ha dimostrato un possibile nesso tra queste patologie neurologiche e lo stress materno durante la gravidanza.
Un’altra incredibile scoperta sulla placenta riguarda un particolare enzima presente al suo interno, che giocherebbe un ruolo fondamentale nel processo che causa autismo e schizofrenia del bambino, in seguito allo stress della madre [6]. Secondo uno studio dell’università della Pennsylvania effettuato sui topi e pubblicato sul “Proceedings of the National academy of sciences”, l’enzima OGN (O-N-acetilglucosamino-transferasi) traduce lo stress materno in un segnale di riprogrammazione del cervello del bimbo prima della nascita.
Lo studio ha mostrato come la placenta dei cuccioli di topo avesse quantità diverse di questo enzima a seconda che i cuccioli fossero maschi o femmine, e a seconda che la madre fosse stata esposta o meno a fonti di stress nelle fasi iniziali della gestazione.
Il professor Bale dell’università della Pennsylvania sostiene che la placenta "è un tessuto endocrino molto dinamico, sesso-specifico, e alterarlo può creare dei danni al cervello in fase di sviluppo del nascituro”.
Lo studio ha mostrato che le placente di topi-cucciolo maschi, nati da madri sottoposte a stress nelle fasi iniziali di gravidanza, avevano minori livelli di testosterone rispetto ai topi normali: un minore livello di mascolinizzazione, quindi. Inoltre, la prole di madri stressate e con livelli di OGN alterati nella placenta, anche se normopeso alla nascita, presentava ritardo nella crescita durante la successiva fase di svezzamento. Il loro peso da adulti era dal 10 al 20% inferiore rispetto alla norma. Come mai?
Dopo aver fatto studi sul codice genetico di questi topi, è stato scoperto che questo difetto ritardato nella crescita sarebbe causato da una ridotta funzione mitocondriale che sembrano manifestare tutti i cuccioli nati da madre sottoposta a stress o da madre con OGN placentare alterato.
I mitocondri, piccoli organelli a forma di fagioli presenti all’interno di ogni cellula, sono infatti deputati alla produzione di energia, a sua volta indispensabile per la crescita e lo sviluppo delle cellule del corpo.
Disfunzioni mitocondriali a livello cerebrale sono state osservate anche in tutti i casi di schizofrenia e autismo.
In futuro, il dr. Bale spera di poter mettere a punto un sistema che consenta di identificare per tempo la presenza di queste alterazioni a livello dei mitocondri e dell’OGN, per poter prevenire il rischio di sviluppare malattie nervose nel bambino.
Quali potenzialità terapeutiche e preventive si nascondono nella placenta?
La placenta ha potenzialità terapeutiche. Questa è cosa dimostrata da recenti studi sull'argomento. Ma quali sono le indagini ancora in corso? Ne parliamo in questo paragrafo.
La placenta è un organo prodigioso. Nessuno degli altri organi del corpo umano è in grado di fare allo stesso tempo il lavoro di polmoni, reni, canale nutritivo, secrezione di ormoni e smaltimento delle sostanze di rifiuto [7].
Ma rimane anche un organo misterioso. Spesso bambini nati deboli o malati hanno placente che sembrano del tutto normali, mentre bambini sani presentano placente troppo piccole o grandi. I problemi risiedono quindi nel dettaglio. Possono volerci anni perché i danni arrecati da una placenta mal funzionante si manifestino nella vita del bambino. Esistono studi, ad esempio, che associano diabete e malattie cardiache ad anomalie della placenta.
Il Human Placenta Project, cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo, è un importante progetto di studio che aiuterà a chiarire molti dubbi, primo fra tutti una più profonda comprensione del processo con cui la placenta previene il rigetto del feto da parte del sistema immunitario materno.
Chiarire questo meccanismo sarebbe di enorme aiuto per la chirurgia dei trapianti. E potrebbe anche aiutare nella lotta contro il cancro. Molti tumori contengono proteine create a partire da un gene, solitamente inattivo, chiamato PLAC1. Questo gene è risultato attivo solo in cellule prelevate da tessuti tumorali di ovaie, seno, prostata, e recentemente anche da tumori causati dall’Epstein Barr. Esso è fisiologicamente attivo anche nella placenta umana.
Studiarlo a partire da quest’ultima, quindi, potrebbe aprire la strada per una terapia contro tutti questi tumori.
L'uso della placenta come super "integratore" e nelle creme di bellezza dopo il parto
Creme di bellezza, integratori: un nuovo modo di intendere la placenta e i suoi usi dopo il parto.
La maggior parte dei genitori non desidererebbe certamente avere nulla a che fare con questo tessuto bluastro e sanguinolento che segue la nascita del proprio pargolo. Tuttavia, tralasciando l’essere o meno schizzinosi, non tutti sembrano essere disposti a gettarla nella spazzatura alla fine del parto.
Un numero sempre maggiore di donne, facendo storcere il naso a molti, richiede espressamente di conservarla, per poterla successivamente consumare in forma di frullato o di pillole. Il supposto beneficio risiederebbe nella grande quantità di ossigeno e sostanze nutritive che la placenta contiene e che secondo alcuni aumenterebbe le energie della neo-mamma per l’allattamento al seno.
Nutrirsi della placenta è in effetti una tradizione antica, che viene proseguita ancora oggi da molte culture.
Molte aziende cosmetiche sono entusiaste all’idea di utilizzare i molti nutrienti presenti nella placenta (organo in grado di trasformare un piccolo gruppo di cellule in un intero individuo funzionante e in salute) per produrre creme e sieri, e alcuni calciatori della premier League come robin Van Persie, hanno perfino utilizzato la placenta di cavallo per curarsi dai propri infortuni sul campo.
L’uomo è in effetti l’unico mammifero di terra a non nutrirsi di routine della placenta dopo il parto [8]. Ma sono in molti a sostenere che per l’uomo non vi sia in realtà alcun beneficio in questa pratica. Un’azienda che in gran Bretagna offre servizi di incapsulazione della placenta è entrata in una contestazione contro il Food Standard Agency (FSA) inglese, sull’eventualità di classificare il “cibo” come “novel food” o bandire il servizio definendolo illegale.
Ma molte donne hanno protestato, poiché la placenta appartiene, giuridicamente, alla madre, la quale può disporne come vuole.
Rebecca Shiller, vice-capo dell’organizzazione di beneficienza per i diritti di nascita, sostiene che il tipo di classificazione che verrà dato alla placenta dal FSA (se verrà o meno classificato come un “novel food”) non ha nulla a che vedere con la decisione della madre di utilizzarla come preferisce, e che qualsiasi cosa possa aiutare una madre a sentirsi meglio durante un periodo difficile e faticoso come quello post-partum va considerato positivo.
I dati riguardanti i supposti benefici nel consumo della propria placenta sembrano positivi: solamente 3 o 4 mamme su migliaia hanno sofferto di depressione post partum (contro la statistica normale di 1 su 10), oltre a dati estremamente positivi nella percentuale di allattamento al seno.
Ma sembrerebbe non essere solo una questione di benessere fisico. La dr.ssa Shrief, la prima ad aver fornito in Europa il servizio di incapsulazione della placenta già nel 2009, sostiene che il fatto di poter disporre di una parte del proprio corpo nel modo in cui si preferisce, e la sensazione di poter avere l’ultima parola nel contesto del proprio parto, uno degli eventi più importanti della vita di una donna, avrebbero una rilevante importanza a livello psicologico, e farebbero sicuramente la differenza.
Fonti e bibliografia
[1] The Mysterious Tree of a Newborn’s Life http://mobile.nytimes.com/2014/07/15/health/the-push-to-understand-the-placenta.html?referrer=&_r=1
[2] The Human Placenta Project: Placental Structure and Function in Real Tim http://www.nichd.nih.gov/about/meetings/2014/Pages/052814.aspx
[3] The rise of placenta accreta http://stanmed.stanford.edu/2013fall/article4.html
[4] Study Sees Bigger Role for Placenta in Newborns’ Health http://mobile.nytimes.com/2014/05/22/health/study-sees-bigger-role-for-placenta-in-newborns-health.html?_r=0&referrer=
[5] Preterm birth breakthrough: antibiotic penetrates placenta http://sciencewa.net.au/topics/health-a-medicine/item/2914-preterm-birth-breakthrough-antibiotic-penetrates-placenta/2914-preterm-birth-breakthrough-antibiotic-penetrates-placenta
[6] PLACENTA CAN SEND STRESS SIGNALS TO BABY’S BRAIN http://www.futurity.org/placenta-stress-baby-brain-718742/
[7] The placenta is a marvel that scientists can’t match http://www.newstatesman.com/sci-tech/2014/06/placenta-marvel-scientists-can-t-match
[8] New mothers defend right to eat their placentas after European ruling http://metro.co.uk/2014/07/08/new-mothers-defend-right-to-eat-their-placentas-after-european-ruling-4790013/