La perdita dei ricordi dopo un evento traumatico

Stefania Virginio

Ultimo aggiornamento – 26 Gennaio, 2016

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Ognuno di noi possiede una memoria personale, che è unica e irripetibile e, soprattutto, difficilmente condivisibile con gli altri. Sono quelle sensazioni che ci ritornano alla mente quando sentiamo un profumo che ci lega a un avvenimento, quando leggiamo una frase tratta da un libro che avevamo divorato in gioventù, quando ascoltiamo quella canzone che avevamo fatto andare ripetutamente e ossessivamente per mille volte consecutive, per poi dimenticarcene improvvisamente.

Ed ecco che, come per magia, ci ritroviamo a rivivere quel determinato momento della nostra vita, a sentirci di nuovo euforici o disperati e, col senno di poi, capiamo che anche se in quell’istante pensavamo che la vita fosse tutta lì, in realtà l’esistenza si rivela giorno per giorno, e sono proprio i ricordi che ci fanno essere quello che siamo adesso.

Parlando con le persone, si può notare che sia assodato il fatto che la memoria sia considerata come un blocco unico, dicendo frasi come :”Non ho mai posseduto una buona memoria”, oppure: “Chiedimi quello che vuoi, ho una memoria di ferro!”.

In realtà, la memoria è una somma di tantissimi ricordi, vissuti in momenti diversi. Pensiamo per esempio agli odori che accompagnavano le persone che abitavano in campagna, l’ingresso nelle stalle, il fieno appena falciato, i colori delle albe e dei tramonti, i versi degli animali, il frinire degli insetti. Oppure, pensiamo a quelle immagini indimenticabili, come una persona, per esempio la nostra nonna, sempre seduta in quell’angolo del divano, che cuciva e cantava sotto voce. Oppure il ricordo della prima volta che siamo andati al mare con i nostri genitori, la sensazione della sabbia tra le dita dei piedi, l’acqua che ci travolge. Anche il ricordo di un determinato periodo della nostra vita, per esempio il periodo universitario, durante il quale si studiava e si viveva in una città diversa da quella in cui avevamo passato la nostra infanzia e adolescenza. Diciamo proprio, l’inizio di una nuova vita. Ripensiamo anche al periodo delle feste natalizie, a casa da scuola, la magia dei regali, l’intera famiglia raccolta attorno al tavolo e noi bambini avevamo un solo pensiero: giocare! Sono sensazioni difficili da ricreare e da riprovare, ma la spensieratezza di quegli anni la si può leggere negli occhi dei bambini che ci circondano. Anche i ricordi che abbiamo, si vissuto in prima persona, ma eravamo così piccoli che non ce li ricordiamo più. Questi avvenimenti ci sono stati raccontati e quindi li ricordiamo di riflesso. Chissà in realtà che cosa avevamo provato, come ci eravamo sentiti.

Un altro ricordo che può rimanere impresso nella memoria è anche qualcosa che non abbiamo vissuto direttamente nella nostra vita, per esempio le immagini delle battaglie della seconda guerra mondiale, i deportati nei campi di concentramento, quelle persone ridotte a un mucchio di ossa, il loro sguardo perso perché persa era anche la loro speranza di ritornare alla loro vita precedente, alla loro casa, ai loro affetti. Ecco, in questo caso, credo proprio che sia stata la forza dei ricordi a farli andare avanti, a non cedere allo sconforto.

La natura dei ricordi

I nostri ricordi sono in continuo movimento, si scompongono e ricompongono, assumendo a volte anche delle sembianze lontane dall’originale. E così succede soprattutto quando il ricordo è stato troppo doloroso, quando il solo pensiero di rievocare con la mente quel determinato episodio, o quel periodo della vita, ci provoca un vero e proprio trauma.

In questi casi, tantissime volte le persone attuano un sistema di autoconservazione, rimuovendo completamente l’evento, proprio per proteggersi da un dolore che si rivelerebbe troppo grande da affrontare.

Anche Freud sosteneva che alla base della perdita dei ricordi dei primi anni di vita ci fosse proprio il meccanismo di rimozione. E questo perché? Perché i primi ricordi si riferivano principalmente alle prime botte prese cadendo, cercando di imparare a correre, andando a sbattere contro i mobili, prendendole dai fratelli maggiori o dai genitori, avvicinandosi ad animali che non erano così docili come sembravano.

Alcuni studiosi sono arrivati a estrarre tre variabili sul modo in cui una persona vive un evento traumatico:

  1. Un evento definito.
  2. La personale interpretazione dello stesso.
  3. La sua reazione emotiva in seguito all’evento.

Il disturbo post traumatico da stress è piuttosto complesso, il motivo che porta alla rimozione dei ricordi può ricondursi a diverse realtà: principalmente il dolore che può evocare quel momento. Proviamo a pensare ai milioni di ebrei che hanno vissuto in prima persona l’Olocausto, il momento in cui sono stati prelevati dalla loro quotidianità, lo strappo dai loro cari, l’incertezza su cosa ne sarebbe stato della loro vita e poi, i terribili momenti vissuti nei campi di concentramento, la fame, le torture fisiche e psicologiche, il veder morire le persone che fino a quel momento erano state per loro una famiglia temporanea.

Chi vorrebbe rivivere quei momenti? A che scopo? Eppure c’è chi lo fa, c’è chi si violenta per far sì che non si dimentichi una tragedia del genere. Si sa che più passano gli anni, più gli avvenimenti diventano alle volte leggende, ma in questo caso c’è ben poco di leggendario. L’Olocausto è stato una delle vergogne dell’umanità. Queste povere persone che hanno avuto la fortuna di sopravvivere, si sono trovate a fare i conti con i ricordi, che possono arrivare in qualsiasi momento del giorno. Alla fine, per loro, dimenticare è forse l’unico modo per andare avanti. Chi riuscirebbe a convivere in modo sano con tutti gli orrori visti, sentiti e vissuti?

Ricordare il trauma è come riviverlo, è un dolore che ritorna vivido e vero. È possibile anche che, cercando di rimuovere questi eventi, le persone traumatizzate li rivivano durante la notte, nella fase onirica. Da lì, purtroppo, non c’è via di scampo, non ci sono distrazioni che li possano salvare dal rinnovamento del dolore. E allora ecco che le persone diventano insonni pur di non addormentarsi e sognare incubi terribili.

In caso di flashback sensoriali, come le percezioni di un odore o di un sapore, i soggetti sono catapultati automaticamente in quel ricordo, per quanto vivido possa essere è comunque ritornare a qualcosa di sgradevole.

È stato appurato che chi soffre di disturbo post traumatico, afferma di avere una pessima memoria. In realtà, la loro è una semplice autodifesa: se ricordo soffro, quindi preferisco non ricordare. Molte persone che hanno vissuto nei lager, lamentano dei vuoti di memoria, e questo per una serie di motivi specifici:

  • Il continuo vivere in uno stato di pericolo e di vigilanza.
  • Il terrore di essere i prossimi a venir uccisi o torturati.
  • La mancanza di cibo e di vitamina B.
  • Il torpore e il senso di apatia dovuti alle energie a livello minimo.

L’intensità di queste emozioni non aiuta di certo a ricomporre il puzzle dei ricordi, l’attenzione era sempre messa alla prova, proprio dallo stato di allerta perpetuo.

C’è anche da dire che alcune persone, improvvisamente, sono in grado di ricordare qualcosa che non sapevano nemmeno di aver vissuto. È il caso soprattutto di adulti che da piccoli hanno subito degli abusi sessuali, fatto completamente rimosso e riemerso casualmente dopo aver visto, per esempio, un oggetto associato a quel periodo (per esempio il quadro appeso alla parete della casa del violentatore). Questo perché alle volte le persone tendono a dimenticare di aver ricordato, e si torna punto e a capo.

Per accedere alla nostra memoria, qualche volta dobbiamo venir guidati, perché certi cassetti non si aprono automaticamente.

Inoltre, è stato appurato che chi soffre di un disturbo post-traumatico, è soggetto anche a patologie fisiche, oltre che psicologiche. Si provi a pensare agli attacchi di panico, all’ansia, a tutti quei disturbi dermatologici che compaiono dopo un determinato evento. Non dimentichiamo che il nostro corpo è il riflesso del nostro spirito.

Il modo migliore per esorcizzare quegli eventi, tante volte, è quello di scrivere ciò che ci si ricorda e si prova. Ma mano che i ricordi trovano spazio su carta, la mente si sente più leggera e più libera.

Fonte: 

La memoria traumatica e il ricordo traumatico http://www.psicoterapia.it/rubriche/print.asp?cod=14010

Stefania Virginio
Scritto da Stefania Virginio

Sono Stefania e sono una friulana doc! Da quando mi hanno dato in mano la prima matita alle elementari non ho mai smesso di scrivere, e nemmeno di leggere tutto quello che mi passa sotto gli occhi.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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