È una idea diffusa che per combattere l’obesità basti mangiare meglio e praticare un po’ di esercizio fisico e che, se tutti mettessimo in pratica questi buoni propositi, allora la tendenza a essere in sovrappeso si ridurrebbe nel giro di qualche anno. Tuttavia, è fondamentale il concetto di quanto mangiamo, ovvero del numero di calorie che assumiamo quotidianamente.
Fattori individuai come le nostre abitudini, i nostri gusti in fatto di cibo ed elementi culturali influenzano il modo in cui viviamo e mangiamo. Tutte queste realtà possono modificare l’energy imbalance gap (EIG), ovvero la differenza tra la quantità di calorie che assumiamo e quella che bruciamo nel corso di una giornata. Questo parametro permette di controllare la velocità di variazione della massa corporea ed è fondamentale per valutare l’obesità.
L’EIG è paragonabile all’accelleratore di un’auto. Se premiamo con forza sul pedale, l’EIG è positivo e la tendenza a essere obesi aumenta. Frenando, il gap EIG diviene negativo e di conseguenza si ridurrà il numero dei soggetti obesi.
Lo studio
In uno studio recente, condotto dal team del professor Hazhir Rahmandad, professore associato presso il Massachusetts Institute of Technology, sono stati utilizzati moderni metodi di simulazione per valutare le tendenze dell’EIG negli Stati Uniti.
Misurare l’Eig in modo diretto è complesso perché anche un errore dell’1% nella stima dell’apporto calorico di una persona durante una giornata renderebbe la misurazione inaffidabile. Inoltre, misurando direttamente il parametro in gruppi più ampi di persone si commette un errore medio del dieci percento in eccesso. Per evitare l’errore, i ricercatori hanno sviluppato un metodo per studiare le tendenze GIE sulla base di dati riferiti al peso di gruppi di persone presi in esame, proprio come è possibile stimare l’accelerazione di un’auto a partire dai dati sulla velocità a cui il veicolo viene guidato, in tempi diversi.
Sulla base dei dati del peso corporeo rilevati dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), la ricerca ha analizzato i cambiamenti del GIE negli ultimi quattro decenni in campioni rappresentativi di tre differenti gruppi di popolazione americana: bianchi non ispanici, afro-americani e ispanici. Lo studio mostra differenze significative tra i tre gruppi di popolazione, nonché tra i generi all’interno di ciascun gruppo.
Per i bianchi non ispanici, ovvero il campione di persone più rappresentato nel corso dello studio e l’etnia più diffusa negli USA, negli ultimi quaranta anni il valore del GIE è stato in media positivo. Ciò significa che la percentuale di persone obese in questo gruppo etnico è decisamente aumentata. Tuttavia, negli ultimi anni, questo gap sta avvicinandosi allo zero: ciò non significa che il problema dell’obesità sia risolto ma che perlomeno non sta peggiorando in quanto il tasso di soggetti obesi si è stabilizzato.
Per gli afro-americani, invece, il tasso di obesità è in crescita e infatti il GIE è positivo. Tuttavia per questo gruppo etnico è che GIE ha cominciato a ridursi negli ultimi anni, per cui ci si aspetta che il parametro rimarrà positivo anche nel prossimo decennio per poi ridursi e avvicinarsi allo zero.
La situazione più critica riguarda gli ispanici. In particolare, dai risultati dello studio emerge che il valore del GIE è positivo e continua a crescere ad un ritmo allarmante. Ciò significa che fra gli statunitensi di etnia ispanica, l’obesità è un problema molto diffuso e che questa situazione sta peggiorando velocemente.
Inoltre, lo studio mostra come le donne afro-americano mostrano una maggiore tendenza a divenire obese nel corso della vita rispetto agli uomini dello stesso gruppo etnico. Al contrario, emerge come i bianchi maschi possano divenire obesi con più probabilità rispetto alle donne della stessa etnia.
In realtà, che l’obesità fosse una sorta di piaga sociale ampliamente diffusa negli Usa era cosa nota. Tuttavia lo studio evidenzia importanti differenze rispetto a una tendenza all’obesità tra le varie etnie che compongono una popolazione così varia e multiculturale come quella americana.
L’indagine potrà aiutare quindi a ideare dei programmi contro l’obesità che abbiano come target i gruppi di popolazione più a rischio al fine di sfruttare al meglio le risorse disponibili per il controllo dell’andamento del peso e dei suoi elevati costi sociali.