Oramai è una certezza: il calo delle vaccinazioni ha provocato l’insorgere (anche in maniera piuttosto aggressiva) di vecchie epidemie che sono tornate a colpire migliaia di pazienti. Nonostante questo, molte sono ancora le persone che scelgono di dire no ai vaccini.
Un articolo pubblicato su Policy Insights from the Behavioral and Brain Sciences ha offerto ai lettori un identikit mentale dei non-vaccinatori, assieme ai consigli per persuadere i più restii al vaccino.
I non-vaccinatori
In primis, chi sceglie di non vaccinare il proprio bambino ha una preoccupazione molto forte: la salute dei piccoli. I non-vaccinatori non pensano ai rischi di eventuali epidemie, ma alle conseguenze della puntura tanto temuta sull’organismo. Essi sono:
- compiacenti: seguono falsi timori basati su indagini oramai passate;
- privi di mezzi: a volte, infatti, il denaro necessario per le cure mediche e la prevenzione scoraggia anche i meno titubanti;
- calcolatori: agiscono pensando ai pro e i contro delle vaccinazioni, senza pensare che ogni caso è a sé.
Le conseguenze
Chiunque sia il tipo di non-vaccinatore, il risultato non cambia. Aumentano le probabilità di epidemie estese, che siano di influenza o di altri tipi di virus.
Cosa fare per far cambiare idea?
Continuare a insistere con le campagne di prevenzione, come quelle lanciate dalla ASL Milano 1 per l’influenza 2015, sottolineando a più linee che il vaccino può fare la differenza più grande, può salvare la vita.
Secondo gli autori dell’indagine sulla personalità di chi sceglie di non prevenire le epidemie, “gli sforzi dovrebbero essere concentrati sulla motivazione del compiacente, sull’eliminazione delle barriere economiche e sull’aggiunta di incentivi e di utilità“, scrivono gli autori.
Intanto, non ci rimane che dire ancora che i vaccini sono importanti, rimandandovi a un recente articolo pubblicato su Pazienti, con la collaborazione dell’ASL Milano 1, “Vaccino antinfluenzale 2015-2016: tutto quello che è importante sapere“.