In arrivo una buona notizia per chi soffre di tumore ovarico, e non solo. La Commissione Europea ha approvato l’immissione in commercio di Niraparib, un farmaco molto efficace per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma ovarico epiteliale sieroso, tumore delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario, che rispondono in modo completo o parziale alla chemioterapia a base di platino.
«Accogliamo con soddisfazione la decisione della commissione Europea di approvare niraparib per donne con carcinoma ovarico ricorrente – ha spiegato la dr.ssa Nicoletta Cerana, presidente di ACTO onlus, Alleanza contro il Tumore Ovarico – Questa decisione avrà un impatto reale e significativo sulle vite delle donne, fornendo loro una nuova opzione di trattamento e una maggiore scelta. A livello globale, mancano trattamenti efficaci per il carcinoma ovarico, dunque questa si rivela un’aggiunta fondamentale». Vediamo dunque di cosa si tratta.
L’arrivo in Europa di Niraparib
Il carcinoma ovarico rappresenta un tumore femminile abbastanza raro ma altamente letale. Purtroppo, questa tipologia di cancro rappresenta una delle più frequenti cause di morte oncologica nelle donne. Secondo le stime ISTAT del 2014, il solo tumore all’ovaio è stato responsabile di 3.130 decessi durante l’anno, attestandosi tra le cinque cause più frequenti di morte legata al cancro nelle donne giovani (0-49 anni) e adulte (50-69 anni). E nei primi 10 mesi del 2017 sono già state effettuate 5.200 nuove diagnosi di tumore all’ovaio, per la maggior parte in stadio ormai avanzato.
Purtroppo, però, l’85% delle donne con tumore all’ovaio in stadio avanzato presenta una recidiva della malattia dopo il trattamento di prima linea. Inoltre, come orami è noto, l’efficacia della chemioterapia diminuisce con il passare del tempo. Ed è questo il motivo per cui Niraparib potrebbe rappresentare una svolta per la cura del tumore ovarico, e non solo.
Niraparib – commercializzato da TESARO negli Stati Uniti – è già stato approvato dalla U.S. Food and Drug Administration il 27 marzo scorso e, ad oggi, rappresenta l’inibitore di PARP più frequentemente prescritto alle pazienti con carcinoma ovarico. Perché gli oncologi lo ripetano già da molto tempo. I PARP-inibitori (l’acronimo deriva da poli-ADP ribosio polimerasi) rappresentano quella categoria di farmaci che in futuro potrebbe acquisire lo stesso rilievo della chemioterapia, finora il cardine del trattamento di quei carciromi che colpiscono l’apparato genitale femminile.
«Con l’introduzione di Niraparib, il trattamento delle donne con carcinoma ovarico migliorerà notevolmente – ha sottolineato il prof. Sandro Pignata, Direttore Oncologia Medica Uro-Ginecologica all’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli – Le pazienti e i loro medici avranno ora a disposizione un’ulteriore opzione da utilizzare in seguito al responso della chemioterapia, indipendentemente dalla presenza di mutazioni BRCA. L’alternativa precedente per la maggior parte delle pazienti consisteva in un periodo di osservazione e attesa, senza la possibilità di poter controllare in maniera attiva la propria malattia».
TESARO, in particolare, prevede di lanciare Niraparib in Germania e Regno Unito a dicembre e, a partire dall’inizio del 2018, in altri Paesi europei a seconda delle tempistiche locali di rimborsabilità. L’azienda farmaceutica, è bene ricordarlo, ha già una presenza diretta in 17 Paesi europei, inclusa l’Italia.
«Il nostro obiettivo principale è dare alle donne che ne possono beneficiare la possibilità di avere accesso a Niraparib il prima possibile – ha dichiarato Roberto Florenzano, Vice Presidente e Amministratore Delegato di TESARO Bio Italy – Siamo impegnati a lavorare con clinici, istituzioni e associazioni di pazienti per raggiungere questo obiettivo e auspichiamo una discussione costruttiva con le Autorità Regolatorie Italiane per rendere disponibile quanto prima questo farmaco importante anche alle pazienti italiane».
L’efficacia del farmaco
Come ovvio, l’approvazione di Niraparib da parte della Commissione Europea si è basata sui dati forniti da studi internazionali effettuati per verificare la sopravvivenza di quelle donne colpite da queste forme tumorali.
E i risultati parlano chiaro. Niraparib ha aumentato la sopravvivenza delle pazienti con e senza mutazioni del gene BRCA. In particolare, il trattamento con Niraparib ha ridotto il rischio di progressione della malattia o decesso:
- del 73% in pazienti con mutazioni del gene BRCA;
- del 55% in pazienti senza mutazioni germinali del gene BRCA (HR 0.45).
Per ora, la dose iniziale approvata di Niraparib è di 300 milligrammi una volta al giorno. Attenzione, però. Per le donne con un peso corporeo inferiore di 58 chilogrammi, si può prendere in considerazione una dose iniziale di 200 milligrammi al giorno.
Non resta dunque che aspettare come si muoveranno le autorità italiane, ed attendere la commercializzazione e la rimborsabilità del farmaco in questione.