Una nuova strada sembra offrire nuove speranze per la lotta contro il cancro: è la nanomedicina, ovvero l’utilizzo di dispositivi tecnologici molto piccoli (da 1 a 100 nanometri, ovvero milionesimi di millimetro) per una diagnosi precoce della malattia e per la sua cura, in particolare per la leucemia mieloide acuta.
La presentazione di questa nuova applicazione clinica è avvenuta in occasione del World Cancer Day da parte dei ricercatori di 13 paesi europei, riuniti nella Piattaforma Europea di Nanomedicina (ETPN).
In cosa consiste la nanotecnologia
L’applicazione della nanotecnologia consente di realizzare un test sul sangue che permette di evidenziare residui molto piccoli di malattia, che gli attuali esami di laboratorio non sono in grado di segnalare.
In particolare, la nanotecnologia individua le tracce di un biomarcatore della leucemia mieloide acuta, il WT1, sostanza che viene prodotta dall’organismo colpito dalla malattia.
I sistemi attuali sono in grado di individuarlo solo quando raggiunge un determinato livello, detto soglia limite, che si sviluppa in uno stadio più avanzato della malattia, ovvero quando la persona è già malata, ma non presenta ancora sintomi.
Allo stesso modo, dopo il trattamento, quando i biomarcatori WT1 scendono di nuovo sotto la soglia minima, i comuni esami non possono stabilire se è avvenuta una completa guarigione del paziente o se vi sono ancora piccole tracce di malattia.
Come spiega il dottor Fabio Ciceri, coordinatore del team della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, il test è uno strumento importantissimo per la diagnosi precoce, per la valutazione del trattamento in corso e per i casi di recidiva.
Speranze per il futuro?
Il test è in via di realizzazione e in caso di successo porterebbe alla definizione di una nuova metodologia applicabile anche ad altri tipi di tumore, migliorandone la prognosi.