Quando misurare la glicemia con il diabete di tipo 2? Questo è certamente uno dei più consueti punti interrogativi dei pazienti o di chi si prende cura di loro. Facciamo chiarezza.
Quante volte misurare la glicemia
La frequenza della misurazione dipende dalla terapia del diabete che si sta seguendo. Si raccomanda alle persone con diabete di tipo 2 trattate con ipoglicemizzanti orali, come la metformina, e/o insulina oppure alle persone in terapia diabetica convenzionale con 2 iniezioni al giorno di insulina di monitorare la glicemia almeno 4 volte al giorno. In particolare:
- Prima di colazione
- Prima di pranzo
- Prima di cena
- Prima di coricarsi
Ogni tre settimane circa sarebbe utile misurare la glicemia verso le due di notte, per stanare eventuali fluttuazioni glicemiche notturne.
Nelle fasi di regolazione della terapia potrebbe essere opportuna una ulteriore misurazione della glicemia postprandiale. Una o due ore dopo i pasti, infatti, misurare la glicemia aiuterà a definire meglio la terapia e la corretta dose di insulina, quando se ne fa uso.
Forse ci sono novità
Un nuovo studio pubblicato di recente ha acceso un dibattito su quante volte “pungere i polpastrelli” di un diabetico in un giorno e su come dovrebbero essere usati i dati sui livelli ematici di zucchero (glicemia).
Argomento, questo, al centro di un dibattito all’interno della comunità dei diabetici per comprendere quanto spesso i pazienti affetti da questa patologia dovrebbero misurare il livello di glicemia.
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Internal Medicine, il 14% dei pazienti con diabete mellito di tipo 2 testerebbe troppo spesso i livelli di glicemia.
Attenzione, però. Lo studio si riferisce ai pazienti che fanno uso di metformina – un farmaco ipoglicemizzante, il più prescritto per abbassare lo zucchero nel sangue. Infatti, secondo gli studiosi che hanno condotto questa ricerca, mentre per i pazienti che seguono una terapia a base di insulina è necessario conoscere i livelli ematici di glucosio prima di assumere il farmaco, i pazienti che si curano solo con metformina, che non hanno bisogno di ulteriori farmaci ipoglicemizzanti o di insulina, non hanno necessità di testare la glicemia più volte al giorno.
Questa conclusione presuppone che ogni paziente in terapia con metformina raggiunga, solo grazie all’azione di questo farmaco, corretti livelli di zucchero nel sangue e di emoglobina glicata. Tuttavia, i livelli di glucosio hanno la tendenza a fluttuare in base alla quantità giornaliera di carboidrati, grassi, proteine, attività, stress, farmaci assunti per altri disturbi (come i cortisonici che aumenteranno i livelli di zucchero nel sangue).
L’utilizzo del glucometro con strisce reattive e un dispositivo pungidito rimangono lo strumento indispensabile di monitoraggio per accertarsi dei propri livelli ematici di glucosio e agire di conseguenza.
Quanto fidarsi di queste nuove informazioni
Decenni di sforzi educativi per il paziente lo hanno condotto verso terapia e alimentazione consapevoli che passavano attraverso la misurazione della glicemia prima di assumere farmaci e pasti.
I nuovi studi sembrerebbero contraddire gli insegnamenti standard, andando decisamente controcorrente. I pazienti sono stati davvero educati a una quantità eccessiva di misurazioni. E se questo fosse un abbaglio? Se fossero, invece, corrette le direttive da sempre seguite?
È importante che i risultati di ogni nuova ricerca vadano ben calibrati, soprattutto quando si tratta di patologie croniche. È dunque fisiologico il timore è che i risultati di questo piccolo studio possano essere fuorvianti e dannosi per molti pazienti diabetici, portandoli a credere di non aver bisogno di testare frequentemente i livelli di zucchero nel sangue.
In attesa di nuove direttive, è sempre consigliabile non modificare le abitudini e le raccomandazioni del proprio medico curante. Fino ad oggi, infatti, le frequenti misurazioni della glicemia sono stati un vero e proprio salvavita per i pazienti diabetici.