Che l’amore sia tutta una questione di neurotrasmettitori e dopamina, una truffa per mantenerci motivati e attaccati all’altro il tempo utile per riprodurci efficacemente ce l’hanno già detto.
La pulsione sessuale, l’amore romantico e l’attaccamento profondo, ci insegnano, sono le tre fasi in cui si sviluppa un amore. La pulsione sessuale si è evoluta per incoraggiarci a cercare una serie di partner, l’amore romantico si è evoluto per consentirci di concentrare le nostre energie di accoppiamento su una persona alla volta, e l’attaccamento per permetterci di raggiungere l’unione profonda con l’altro abbastanza a lungo da far crescere i neonati in una squadra affiatata.
Gli amori finiti, invece, posso dare dipendenza come le droghe e l’alcool.
Recentemente Helen Fisher, medico ricercatore del dipartimento di neurologia della Rutgers University, ha pubblicato sul Journal of Neurophysiology un interessante articolo sulle conseguenze dell’amore ( “Reward, addiction and emotion regulation system associated with rejection in love”, il quale si riallaccia ad una precedente ricerca illustrata nell’articolo “Broken hearts: nature and risks of romantic rejection”).
Il team di ricercatori, attraverso la risonanza magnetica funzionale, ha scansionato il cervello di alcuni volontari, uomini e donne, appena mollati dai partner ed in piena fase down: hanno ammesso, infatti, di pensare all’ex almeno l’85% del loro tempo e di trovarsi nel mood così detto di “protesta”.
Il rifiuto in amore, ci spiega il team, si divide infatti in due fasi: la “protesta” (dove cerchiamo di riprenderci il maltolto, e diventiamo drammatici) e la “rassegnazione” (dove siamo prima disperati, e poi, appunto, rassegnati).
La fase della PROTESTA è caratterizzata dalla presenza di elevati tassi di norepinefrina e dopamina, ormoni che intensificano l’allerta e la forza e che aiutano quindi a “combattere” per riprenderci l’ancora di salvezza (elevati tassi di questi ormoni sono presenti nei cuccioli abbandonati che cercano la loro mamma). In questa fase, per assurdo, l’amore verso l’altro può crescere, sviluppando quella che viene definita l’attrazione da frustrazione: “minore è la speranza, più intenso è il mio amore”, come scriveva Terenzio, proprio perché gli elevati tassi di dopamina vengono scambiati per intensa passione.
Nella fase della RASSEGNAZIONE si realizza invece che davvero la ricompensa per tutti gli sforzi profusi non ci sarà: le cellule produttrici di dopamina diminuiscono la loro attività e noi ci sentiamo letargici, depressi, stanchi. Più ci sentiamo a pezzi e più lo stress sopprime ancora di più l’attività delle cellule produttrici di dopamina e, come il solito cane che si morde la coda, cadiamo a picco. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: bassi livelli di dopamina promuovono l’intuito, e aiutano a valutare più attentamente i rapporti con gli altri.
Per farla breve, questi test neurologici hanno rilevato nei cervelli dei mollati la presenza di ferite, corrispondenti ad alterazioni di meccanismi cerebrali legati alle aree del piacere e della ricompensa, le stesse simili a quelle riscontrabili nei casi di dipendenza da sostanze stupefacenti. Risultato: il rifiuto dell’amato provoca reazioni simili a quelle delladipendenza.
In definitiva, se qualcuno ha il cuore spezzato, sta male davvero, e il rifiuto d’amore è una condizione psichica da prendere seriamente… specie negli adolescenti, i quali non hanno ancora sviluppato meccanismi di difesa.
La buona notizia è che se vi mollano vi potete aiutare praticando le attività che stimolano la corteccia prefrontale, innervata dai neuroni trasmettitori di dopamina: stare al sole, fare esercizio, mangiare i cibi preferiti, fare shopping …insomma, c’è rimedio.