L’ago “sciogli-tumore”: una soluzione innovativa per combattere il cancro

Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Ultimo aggiornamento – 24 Novembre, 2016

termoablazione percutanea per combattere il cancro

Lo scorso Martedì 15 Novembre è approdato all’Ospedale di Chioggia un innovativo trattamento contro alcune neoplasie, chiamato “termoablazione percutanea”.

I professionisti della ULSS 14 (Unità Locale Socio Sanitaria) hanno trattato un uomo di 75 anni affetto da una grave metastasi a livello epatico.

L’intervento è durato complessivamente 10 minuti ed è stato effettuato nelle nuove sale operatorie di day surgery. Il paziente è tornato a casa dopo poche ore con una minuscola ferita, di circa 2 millimetri, senza alcuna sutura.

La notizia è diventata virale tanto che il centralino dell’ULSS è stato inondato di chiamate provenienti da tutta Italia da parte di persone interessate a questo intervento. Come evidenzia la struttura stessa, la prestazione non è limitata a livello locale ma le richieste ricevute saranno comunque vagliate dal Comitato Oncologico.

Cosa è la termoablazione percutanea?

Si tratta di un’operazione rivoluzionaria che permette il trattamento del cancro senza dover subire un intervento chirurgico di rimozione; si utilizza infatti un un ago incandescente.

Permette, inoltre, di disciogliere eventuali metastasi tumorali che interessano:

  • fegato;
  • reni;
  • polmoni;
  • tiroide.

Alcuni pazienti, in seguito al trattamento, non necessitano di un successivo intervento con chemioterapici.

Quando è adottata la suddetta procedura?

La procedura è adottata in caso di:

  • pazienti che non possono esser sottoposti ad anestesia generale o che attendono un trapianto;
  • presenza di tumori in fase precoce, di piccole dimensioni o inoperabili diversamente;
  • presenza di alcune metastasi epatiche;
  • presenza di lesioni ricorrenti e progressive.

Come avviene il trattamento?

Il trattamento è effettuato in un’unica seduta, talvolta ambulatoriale, della durata di pochi minuti.

Il paziente è sedato con leggera anestesia locale e pertanto si possono evidenziare disturbi correlati all’anestesia.

In cosa consiste l’operazione con l’ago incandescente?

La procedura sfrutta il calore generato da radiofrequenze o da microonde per permettere la degradazione delle cellule tumorali. Servono quindi:

  • un generatore formato da elettrodi in grado di emettere radiazioni;
  • un terminale – denominato antenna – che viene inserito direttamente a livello della lesione e il cui percorso è monitorato mediante ecografia.

Questo complesso permette l’innalzamento della temperatura oltre i 60°C in modo rapido, preciso e localizzato; la conseguenza di ciò è la distruzione dei tessuti d’interesse con la massima accuratezza.

L’intensità del calore e la durata dell’intervento viene calcolata in modo preciso in base alla grandezza del tessuto tumorale da eliminare.

In particolare, all’Ospedale di Chioggia l’innovativo trattamento ha sfruttato le microonde, come spiegano il primario di Chirurgia, Salvatore Ramuscello, e il responsabile del servizio di Ecografia Interventistica, Mario Della Loggia.

È un’operazione dolorosa e/o pericolosa?

Il dolore associato al trattamento è assente in molti casi e le complicanze si presentano in meno del 5% dei trattati. Queste dipendono da diversi fattori, tra cui:

  • dimensioni dei tumori;
  • numero di ablazioni;
  • tipo di strumentazione utilizzata;
  • esperienza dell’operatore.

Alcune tra le complicanze più comuni sono:

  • mal di schiena;
  • colecistite;
  • danni ai dotti biliari;
  • danni all’intestino;
  • emorragie;
  • ematomi;
  • pneumotorace;
  • effusione pleurica;
  • infezioni;
  • trombosi portale;
  • ascessi al fegato.

Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi?

Rispetto al tradizionale approccio chirurgico, la termoablazione percutanea dei tumori è associata a:

  • minore mortalità;
  • ridotto tasso di complicanze;
  • tempi di ricovero più brevi;
  • migliore ripresa funzionale.

Si tratta infatti di un intervento poco invasivo anche in caso di tumori importanti.

Le recidive sono però più frequenti, soprattutto in caso di lesioni di dimensioni maggiori ai 3 cm. In ogni caso, la tecnica non preclude un successivo intervento chirurgico di tipo tradizionale.

Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice
Scritto da Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Diplomata al Liceo Scientifico PNI in Matematica, ho iniziato i miei studi presso la facoltà di Biotecnologie dell’Università degli Studi di Milano, successivamente ho prediletto la facoltà di Science Communication & Bionics presso una Università Internazionale con sede in Germania. Attualmente sto assistendo in un progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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