Uno studio pubblicato sulla rivisita Nature Aging, ad opera della Scuola di Medicina dell'Università americana di Stanford, sottolinea come il corpo umano non invecchi in modo lineare: esistono due momenti distinti all’interno dei quali avvengono drastici mutamenti a livello molecolare.
Ecco, nel dettaglio, cosa è emerso dalla ricerca.
L’indagine sull’invecchiamento
Stando allo studio condotto dalla Scuola di Medicina dell’Università di Stanford, l’invecchiamento non è un processo lineare: in concomitanza dei 44 anni e dei 60, si possono riscontrare cambiamenti a livello biomolecolare che vanno ad aumentare o diminuire in maniera drastica i microrganismi presenti nel corpo umano.
La ricerca ha esaminato 108 volontari tra i 25 e i 75 anni, analizzandone e prelevandone campioni di feci, sangue e batteri da naso, pelle e bocca al fine di comprendere al meglio la biologia dell’invecchiamento.
Il monitoraggio, dunque, è avvenuto su più di 135 mila microbi e molecole diverse, tutti microrganismi che subiscono importanti cambiamenti nel corso degli anni: si parla di un totale di 5.405 campioni biologici, 135.239 caratteristiche biologiche e 246 miliardi di punti dati.
Lo studio, però, presenta alcuni limiti: pur avendo raccolto una grande quantità di dati, si è basato su un numero limitato di persone che vivono vicino all'Università di Stanford – quindi appartengono a una comunità di individui a reddito medio-alto, non rappresentativi del campione generale di popolazione.
Gli stessi autori della ricerca confessano che sono comunque necessari ulteriori approfondimenti per convalidare i dati raccolti, incorporando coorti più ampie per indagare l'intera complessità dell'invecchiamento.
I due “scalini” dell’invecchiamento
Il primo risultato emerso dallo studio è che solo il 6,6% dei soggetti presi in esame hanno avuto cambiamenti lineari durante il corso degli anni: l’81% delle molecole osservate si è evoluto in momenti specifici.
I cambiamenti, appunto, sono stati più marcati a 44 anni e a 60 anni:
- a 44 anni, le molecole coinvolte sono legate al metabolismo della caffeina, dell’alcool, dei grassi e quelle legate alle condizioni cardiovascolari. Le cellule muscolari e cutanee impiegano molto più tempo a recuperare dopo un periodo di attività fisica, favorendo la comparsa delle prime rughe, dei capelli grigi e di un primissimo calo energetico;
- a 60 anni, le molecole coinvolte sono quelle che interessano il metabolismo di carboidrati e caffeina e quelle relative al sistema immunitario, renale e cardiovascolare. In questa fase, si nota una disfunzione immunitaria legata alla funzione renale e cardiaca (ma anche al metabolismo dei carboidrati). È, infatti, attorno a questa età compaiono con maggiore frequenza disturbi come il diabete di tipo 2. A partire dai 60 anni inizia anche ad aumentare la percentuale di tumori, favorita da un calo dell'efficacia del sistema immunitario.
In entrambi i casi, i disturbi neurologici e cardiovascolari presentano picchi di prevalenza, ma la ricerca non fornisce alcuna spiegazione in merito.
Il dato che ha colpito maggiormente i ricercatori è quello relativo ai 44 anni: se, da una parte, è noto che il rischio di sviluppare molti disturbi legati all'età aumentano proprio nella fascia relativa ai 60 anni, dall’altro è stata inaspettata la presenza del gradino dei 44 anni, poiché riguarda allo stesso modo uomini e donne (e non è, quindi, dovuta alla menopausa).
Secondo gli autori dell'articolo, è possibile che alcuni dei cambiamenti siano legati allo stile di vita o a comportamenti tipici di queste fasce d'età, piuttosto che a fattori biologici.
Lo studio, secondo i ricercatori, può indurre a prestare attenzione alla propria salute e adattare lo stile di vita soprattutto in questi momenti-chiave della vita.