Che ruolo gioca l’insulina nel sistema immunitario? Se lo sono chiesto un gruppo di ricercatori di Toronto, che ha deciso di indagare l’impatto dell’insulina proprio sul sistema immunitario.
Già si sapeva come l’insulina favorisse la regolazione dei livelli di zuccheri nel sangue e che le persone che non ne producono abbastanza – o che ne sono resistenti – siano esposti a diabete e obesità. E per quanto riguarda il sistema immunitario? Vediamo le ultime novità.
Il diabete influisce sul sistema immunitario
Di recente, un gruppo di specialisti dal General Hospital Research Institute di Toronto, in Canada, ha eseguito delle ricerche sull’impatto dell’insulina sul sistema immunitario, pubblicando i risultati sulla rivista Cell Metabolism.
La dr.ssa Sue Tsai e il suo team di ricerca hanno constatato che le persone con diabete mellito di tipo 2 – o affette da obesità dunque a rischio diabete -, hanno una risposta immunitaria alle infezioni e ai patogeni più bassa rispetto a quella delle persone in salute.
Una risposta immunitaria veloce ed efficace è vitale affinché il corpo possa distruggere virus e combattere infezioni in modo efficiente. Pertanto, è importante comprendere quali fattori contribuiscano a indebolirla.
Precedenti ricerche dello stesso istituto di Toronto avevano già rivelato che un tipo di cellula immunitaria nota come cellula T, presente nel grasso addominale, induca una risposta pro-infiammatoria, che influisce negativamente sulla reattività del corpo all’insulina.
Questo suggerisce l’esistenza di un importante collegamento tra l’infiammazione cronica, una blanda risposta immunitaria e l’insulino resistenza.
Tali scoperte hanno motivato gli scienziati a investigare più attentamente sulle possibili interazioni tra insulina e cellule T e sul perché queste cellule immunitarie smettono di rispondere agli ormoni. La dr.ssa Tsai ha affermato che “il collegamento tra insulina e sistema immunitario non è ovvio. È affascinante apprendere che le cellule immunitarie, che richiedono energie e sostanze nutritive per funzionare adeguatamente proprio come le altre cellule nel corpo, sono anche regolate dai segnali metabolici provenienti dall’insulina”.
L’insulina come innovativo costimolatore dell’immunità
La dr.ssa Tsai, in collaborazione con il suo team di ricerca, è stata in grado di definire con precisione una via di segnalazione del ricettore dell’insulina che accelera le attività delle cellule T, permettendo loro di moltiplicarsi rapidamente e di inviare ulteriori segnali, attivando il resto del sistema immunitario in base alle necessità.
Il co-autore della ricerca, il dr. Daniel Winer, ha affermato che “si è identificato uno degli ormoni del metabolismo più popolari: nello specifico la via di segnalazione dell’insulina, come fondamentale e innovativo costimolatore delle funzioni del sistema immunitario”.
Le ricerche hanno interessato solo i topi geneticamente modificati per esprimere le cellule T senza recettori dell’insulina, proprio per stimolare l’insulino-resistenza. Per constatare l’efficacia delle cellule T, gli scienziati li hanno esposti a diversi patogeni, compresi H1N1 e l’influenza.
Il team di ricerca ha scoperto che le cellule T senza i recettori dell’insulina avevano una risposta più debole e la necessità di un segnale di pericolo “maggiore” rispetto al normale, per reagire alla minaccia. Il dr. Winer ha spiegato che ciò avviene poiché il recettore dell’insulina o la molecola di segnale funge da seconda spinta al sistema immunitario per assicurare che possa combattere l’infezione con le migliori armi a disposizione.
Quando le cellule immunitarie non sono in grado di “avvertire” l’insulina e di rispondere ad essa, diventano inefficienti nel contrastare i patogeni. La dr.ssa Tsai ha affermato inoltre che “le cellule T sono il cuore di numerose malattie. Se riuscissimo a comprenderle a livello cellulare, avremmo una migliore opportunità di trovare nuovi percorsi da seguire per nuove terapie”.
I ricercatori credono che, apprendendo di più sulle proprietà di miglioramento del sistema immunitario dell’insulina, in futuro si potrebbe essere in grado di usare questa conoscenza per sviluppare trattamenti più efficaci per le malattie infiammatorie come l’artrite e il morbo di Crohn.