IgG e IgM: come leggere il risultato di un test sierologico

Dr.ssa Maria Rosaria Coscia

Ultimo aggiornamento – 15 Febbraio, 2021

Test Sierologico Coronavirus

In collaborazione con l'Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Intervista alla dr.ssa Maria Rosaria Coscia, Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare, CNR. Coordinatrice della Rete degli Immunologi del CNR (CIN).


Tamponi naso-faringei, test sierologici, la corsa alla diagnosi del Coronavirus si fa sempre più forte: ma come leggere correttamente i risultati? Cosa ci dice la scienza a proposito delle IgG e delle IgM

Lo abbiamo chiesto alla dr.ssa Maria Rosaria Coscia, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche

Cosa indicano le IgM e le IgG?

In seguito al contatto con un patogeno, le prime a comparire sono le IgM che ci indicano che l'infezione è iniziata da almeno 7-10 giorni; si tratta cioè di un'infezione in corso o comunque iniziata di recente. I livelli di IgM nel sangue diminuiscono poi gradualmente, nelle settimane successive.

Le IgG compaiono, invece, più tardi rispetto alle IgM e la loro presenza per quello specifico patogeno ci dice che il soggetto è infetto o che ha avuto l'infezione. 

A differenza delle IgM, le IgG durano di solito per tutta la vita o per un periodo molto lungo (rappresentano la memoria di quella specifica infezione), garantendo la protezione contro quel determinato patogeno qualora si venga nuovamente a contatto con esso. Su questo aspetto si basano i vaccini.

Nel caso dell'infezione causata da SARS-CoV-2, la maggior parte delle persone che si ammala presenta una risposta anticorpale in un arco di tempo che va dai 10 ai 21 giorni successivi al primo contatto con il virus.

É da tener presente che esiste un periodo di tempo, che varia da individuo a individuo, tra il momento del contagio e la comparsa dei primi anticorpi specifici; questo fenomeno è noto come "sieroconversione".

Le IgG e le IgM possono risultare alterate, se si ha o si ha avuto (da poco) un semplice raffreddore?

Sì, possono risultare alterate quando si misurano i livelli complessivi di IgG e di  IgM  nel sangue, senza cioè distinguerle per la loro specificità, ovvero contro quali patogeni sono dirette. 

Inoltre, tali anticorpi possono essere cross-reattivi, cioè riconoscere alcune regioni comuni o simili per virus diversi. 

Quando i risultati delle IgG e delle IgM sono entrambi zero, significa che non si è mai contratta l'infezione da Coronavirus? 

L'assenza di IgM e IgG specifiche indica che non si è mai venuti a contatto con il virus. 

Tuttavia, considerando i tempi necessari affinché gli anticorpi raggiungano livelli rilevabili nel sangue, non è detto che non ci si trovi in una fase molto iniziale dell'infezione. Quindi, si può ripetere il test sierologico dopo 10-15 giorni, ma se c'è qualche dubbio, si teme ad esempio di essere venuti a contatto con soggetti positivi, è opportuno fare un  tampone molecolare naso-faringeo .

Quando, invece, i risultati sono di poco superiori allo zero, ma mai superiori a 1, significa che si è contratto in passato il virus? 

Il valore soglia dipende dal sistema usato per la rilevazione dei livelli di anticorpi specifici nel sangue

Esistono alcuni tipi di kit impiegati per la diagnostica di laboratorio che fissano a 1 il valore al di sopra del quale c'è la positività del risultato. Al di sotto di 1, anche se di poco o, in caso dubbio, il test andrebbe ripetuto dopo 7-10 giorni.

Quando il livello di IgG è ritenuto - probabilmente - "protettivo"?

I dati attualmente disponibili nella letteratura scientifica hanno messo in luce diversi possibili scenari, osservati in pazienti Covid-19 negli ultimi mesi: le IgM e le IgG possono comparire nel sangue quasi simultaneamente, nell'arco di due o tre settimane dalla manifestazione dei sintomi.  

In alcuni individui, le IgM compaiono dopo le IgG. Ci sono anche pochi casi in cui, nonostante abbiano contratto l'infezione, i soggetti non producono né IgM né IgG o, almeno, non in quantità rilevabili. 

Sono noti anche casi di pazienti che hanno prodotto IgG, durante la prima settimana di malattia, con un successivo incremento di ben quattro volte delle IgG specifiche. Le IgG specifiche per la proteina Spike, che è una delle componenti di superficie della particella virale, fondamentale per infettare la cellula ospite, restano elevate per circa 50 giorni, in alcuni casi fino a 120 giorni dalla comparsa dei sintomi

Risulta quindi chiaro che, come già detto, la risposta anticorpale varia da individuo a individuo, non è la stessa per tutti.

Purtroppo, non abbiamo ancora dati sufficienti per stabilire con chiarezza la relazione tra la quantità di IgG specifiche presenti nel sangue di un soggetto che ha contratto la malattia e il livello di protezione che questi anticorpi possono garantire contro future reinfezioni.

Cosa fare se le IgM sono superiori a 1? 

La malattia è probabilmente appena iniziata. É preferibile fare un tampone molecolare naso-faringeo.

Dopo quanto, solitamente, gli anticorpi tendono a svanire? Cosa dicono ad oggi gli studi sul Coronavirus? 

Come abbiamo visto, la produzione di anticorpi contro uno specifico patogeno avviene nell'arco di 10-15 giorni, ma per sviluppare una piena risposta immunitaria occorre anche più tempo

Gli studi condotti finora sulla risposta anticorpale contro SARS-CoV-2 ci dicono che i soggetti che hanno contratto la malattia, una volta guariti, presentano nel sangue anticorpi specifici per il Coronavirus, in alcuni casi tuttavia i livelli anticorpali sono molto bassi. Tali livelli si abbassano più rapidamente negli ultra sessantenni rispetto ai più giovani e in coloro che non hanno sviluppato sintomi rispetto a chi si è ammalato, anche gravemente.

La durata della risposta anticorpale non è ancora del tutto definita, ma è noto che anticorpi prodotti contro altri Coronavirus tendono a svanire nell'arco di 12-50 settimana dalla comparsa dei sintomi.

Attualmente, sono in corso studi longitudinali che seguono, cioè, in un arco temporale abbastanza lungo, l'andamento della risposta anticorpale in gruppi di pazienti che hanno contratto la malattia. I risultati di tali studi ci aiuteranno a sapere di più sulla durata dell'immunità al Coronavirus in questi pazienti.

Altro aspetto ancora da chiarire è se e quanti degli anticorpi che l'organismo ha prodotto contro il virus abbiano la reale capacità di neutralizzare ovvero "annientare" il virus, impedendone la replicazione.

Forse, è ancora troppo presto per concludere che l'immunità acquisita, quella cioè che ci garantisce la protezione, non duri a lungo, anche se i dati attuali sembrano indicare che gli anticorpi prodotti in risposta all'infezione causata da SARS-CoV-2 abbiano una breve emivita, un po' come quelli prodotti contro i virus che causano l'influenza stagionale e contro i quali dobbiamo fare ogni anno un nuovo vaccino.

Di sicuro, occorre continuare con gli studi epidemiologici su scala molto più ampia, per avere una misura del grado di immunizzazione raggiunto all'interno di una popolazione.

Dr.ssa Maria Rosaria Coscia
Scritto da Dr.ssa Maria Rosaria Coscia

Ricercatrice presso l'Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare, CNR. Coordinatrice della Rete degli Immunologi del CNR (CIN).

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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