Gender health gap: quando un’aspettativa di vita più alta non significa vivere bene

Arianna Bordi | Editor

Ultimo aggiornamento – 11 Giugno, 2024

Donne in gruppo che parlano

Il gender health gap, spesso semplificato e frainteso, è una realtà complessa con profonde implicazioni per la vita delle donne.

È necessario, infatti, oltrepassare le narrazioni superficiali e addentrarsi in una comprensione più sfumata delle cause e delle conseguenze di questo divario.

Le donne vivono più a lungo, ma perché non si parla della loro qualità della vita?

Sebbene l'aspettativa di vita media delle donne sia superiore a quella degli uomini, le donne trascorrono una porzione maggiore della loro vita in cattive condizioni di salute.

Lo studio Gender differences in countries' adaptation to societal ageing: an international cross-sectional comparison, pubblicato nel 2021 sulla rivista scientifica The Lancet Healthy Longevity, ha messo in luce un aspetto preoccupante dell'invecchiamento: le donne, pur vivendo più a lungo degli uomini, si ritrovano ad affrontare una vecchiaia peggiore.

L'analisi, condotta su 18 paesi dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ha elaborato un indice di invecchiamento che considera diversi fattori chiave come salute, benessere, partecipazione sociale, sicurezza e coesione.

I risultati mostrano che, sebbene i paesi nordici europei in generale offrono una buona qualità di vita per entrambi i generi, in molti paesi dell'Europa orientale e meridionale, tra cui Italia, Ungheria, Polonia e Slovenia, la situazione è più critica.

Emerge infatti un divario significativo tra uomini e donne: in tutti i paesi esaminati le donne anziane svantaggiate rispetto agli uomini in quasi tutti gli aspetti considerati dall'indice.

Le cause di questo divario sono molteplici:

  • salute: le donne sono più soggette a malattie croniche e disabilità rispetto agli uomini, anche se vivono più a lungo;
  • reddito: le donne generalmente guadagnano meno degli uomini e, a causa di interruzioni lavorative per la cura di figli o familiari, spesso si ritrovano con pensioni più basse;
  • isolamento sociale: le donne anziane tendono a vivere da sole con più frequenza rispetto agli uomini e questo può avere un impatto negativo sul loro benessere mentale e cognitivo;
  • carico di cura: le donne si assumono spesso la responsabilità di accudire familiari anziani o malati, un compito che può essere fisicamente e psicologicamente estenuante.

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Il gender health gap o women’s health gap, però, non si traduce semplicemente in un "donne malate, uomini sani", poiché la realtà è ben più articolata e influenzata da una moltitudine di fattori biologici, sociali, economici e culturali, tra cui:

  • pregiudizi di genere nei sistemi sanitari e sessismo: le donne sono spesso viste come emotive o esagerate quando descrivono i loro sintomi, il che può portare a diagnosi errate o ritardi nel trattamento;
  • mancanza di accesso a cure adeguate: le donne possono avere difficoltà ad accedere a cure adeguate, in particolare se sono povere o vivono in zone rurali;
  • fattori sociali e culturali: le norme sociali e culturali possono influenzare la salute delle donne in modi diversi. Ad esempio, le donne possono essere sottoposte a pressione per conformarsi a ruoli di genere che limitano il loro accesso all'istruzione, all'occupazione e alle cure mediche.
  • disuguaglianze socioeconomiche: le donne che vivono in condizioni di povertà o marginalizzazione spesso hanno un accesso limitato a servizi sanitari di qualità.
  • mancanza di consapevolezza: le donne spesso non sono a conoscenza dei rischi per la loro salute e di come prevenirli, poiché non vi sono sufficienti campagne di sensibilizzazione;
  • fattori biologici: alcune condizioni di salute, come le malattie cardiache, cancro, e diabete colpiscono le donne in modo diverso rispetto agli uomini.

Le donne, quindi, in particolare le donne nere, a basso reddito e con disabilità, affrontano barriere significative all'accesso a cure mediche di qualità e sono soggette a stereotipi e discriminazioni di genere nel sistema sanitario, avendo, quindi, meno potere decisionale sulla propria salute.

Inoltre, il genere è uno spettro, e le esperienze di salute possono variare notevolmente all'interno di esso; anche persone transgender, non binarie e genderqueer possono affrontare molte sfide nell'accesso alle cure e nel mantenimento della propria salute.

La quotidianità di una donna che si ammala: sintomi sottovalutati e ritardo nella diagnosi

Le donne hanno maggiori probabilità di sperimentare una serie di condizioni di salute cronica, tra cui malattie autoimmuni, depressione e ansia. Inoltre, spesso ricevono una diagnosi errata o un trattamento ritardato.

Come sottolineato da Angela Saini, giornalista e autrice di Inferior: How Science Got Women Wrong, a WIRED “è solo relativamente di recente che sono iniziate le ricerche sull'impatto del sessismo e del razzismo sulla salute, nonché sull'impatto di altri fattori sociali. Il lavoro che svolgi, il tuo status di persona sposata o meno possono avere anche conseguenze sulla salute. Quindi ci sono tutte queste componenti per cui è necessaria la ricerca, ed è un progetto in corso. Non basta fare un unico studio riguardo un periodo di tempo limitato su quali sono le conseguenze sulla salute delle donne sposate o delle mogli casalinghe. Perché questi fattori sociali cambiano continuamente.”

Nel momento in cui si presentano casistiche non comuni, stati dolorosi cronici multifattoriali e una qualità della vita sotto la media la maggior parte dei professionisti sanitari non è ancora propensa all’ascolto e all’approfondimento.

Sarah Graham, pluripremiata giornalista freelance specializzata in salute, fondatrice del blog Hysterical Women e autrice di articoli su salute mentale, salute femminile, femminismo e questioni di genere, ha scritto Rebel Bodies: A guide to the gender health gap revolution.

In un’intervista fatta dalla casa editrice che ha pubblicato il suo libro, Bloomsbury, oltre a spiegare quanto tenesse a raccontare la mancata assistenza sanitaria di “chiunque non sia parte del modello predefinito di uomo cis, bianco e abile”, ha voluto approfondire e celebrare l'idea della "gender health gap revolution".

Il libro parla, infatti, di pazienti che si ribellano ai pregiudizi e alle disuguaglianze in medicina, “che non sono più disposte a essere semplicemente corpi passivi, spinti ciecamente nel sistema sanitario, ma che, invece, si stanno facendo sentire, stanno lottando e chiedono di meglio per se stessi, per le loro famiglie e per le generazioni future.”

Nell’editoriale in cui abbiamo intervistato Chiara Natale, content creator nota sui social network come @chiara.lapelvi, è emerso quanto ancora ci sia bisogno di ascoltare la voce delle donne riguardo i sintomi di tutte quelle patologie che colpiscono solo o più di frequente le donne.

Chiara Natale ci ha parlato nello specifico di vulvodinia, di una diagnosi ritardata di ben dodici anni e ci ha raccontato come la sua esperienza di auto-informazione abbia aiutato molte donne ad avere più risorse a disposizione, a pretendere assistenza sanitaria personalizzata e a prendere consapevolezza che convivere con il dolore non può essere la normalità, per nessuno.

Fortunatamente, infatti, si tratta di una tematica di cui si sta parlando sempre di più: le donne di tutto il mondo − anche grazie al ruolo dei social nell’amplificare la loro voce − si stanno ribellando contro il divario di salute di genere, chiedendo un sistema sanitario più equo e giusto che tenga conto delle loro esigenze uniche.

Ecco alcuni esempi delle modalità con le quali le donne stanno combattendo per la salute di genere:

  • condivisione di storie personali: sui social molte content creator portano le loro esperienze negative con il sistema sanitario per aumentare la consapevolezza del problema;
  • fare pressioni sui governi: associazione dedicate si battono quotidianamente per far approvare leggi che migliorino l'accesso alle cure e proteggano i diritti delle donne in materia di salute;
  • creare organizzazioni di advocacy: sempre più di frequente nascono organizzazioni di advocacy per sostenere le donne e le ragazze più giovani in materia di salute.

Aiutare le donne a vivere meglio: servono azioni concrete

Il report Closing the Women's Health Gap: A $1 Trillion Opportunity to Improve Lives and Economies del McKinsey Health Institute e del World Economic Forum illustra come il gender health gap rappresenti un ostacolo significativo al benessere individuale e allo sviluppo economico globale.

Le studiose, Kweilin Ellingrud, Lucy Pérez, Anouk Petersen e Valentina Sartori, hanno valutato 64 condizioni che rappresentano quasi l'86% del carico globale di malattia femminile (infortuni esclusi).

Contrariamente a un equivoco comune, solo il 5% del carico di salute femminile deriva dalla salute sessuale e riproduttiva, mentre quasi la metà proviene da condizioni di salute più diffuse o che si manifestano in modo diverso nelle donne, come cefalee o malattie autoimmuni.

A livello globale il gender health gap si traduce in una qualità della vita e della salute pessima che per le donne dura da un 15% a un 40% in più rispetto agli uomini. Negli Stati Uniti, quindi, le donne trascorrono in cattiva salute il 18% in più di tempo degli uomini.

La ricerca stima, inoltre, che colmare il divario di salute di genere potrebbe generare un beneficio economico globale di almeno un trilione (un miliardo di miliardi) di dollari all'anno entro il 2040.

Se le donne fossero in grado di vivere in buona salute per tutta la loro vita, potrebbero, dunque, contribuire maggiormente all'economia e alla società; è per questo che investire nella salute delle donne diventa un investimento per il futuro di tutti.

Nell’approfondimento A World Without The Gender Health Gap a cura di Intimina, un'azienda svedese fondata nel 2008 che si dedica alla salute e al benessere pelvico femminile, con la collaborazione di Sarah Graham, è stato evidenziato che in UK “una donna su tre è destinata a soffrire di un problema di salute riproduttiva" e che “secondo un sondaggio condotto nel 2018, l’80% delle donne intervistate aveva sperimentato almeno un sintomo di un disturbo di salute riproduttiva nei 12 mesi precedenti. Eppure, nel 2014, solo il 2,5% della ricerca finanziata con fondi pubblici si è concentrata esclusivamente sulla salute riproduttiva.”

Il report fornisce, inoltre, un esempio di gap anche nell’ambito della ricerca medica e nella disponibilità sul territorio di avere assistenza medica qualificata: “La disfunzione erettile (DE) è stata oggetto di ricerche cinque volte superiori rispetto alla sindrome premestruale (SPM) e questo nonostante il fatto che fino al 90% delle donne soffre di sindrome premestruale, mentre la disfunzione erettile colpisce solo il 19% circa degli uomini. Da un sondaggio del 2019 è emerso che quasi il 60% delle donne non aveva, a livello locale, la possibilità di accedere a servizi dedicati alla menopausa. Da allora i tempi di attesa in ambito ginecologico sono aumentati in misura maggiore rispetto a quelli di qualsiasi altra branca della medicina durante la pandemia. I cosiddetti ‘problemi femminili’ vengono liquidati come ‘benigni’ e non sono considerati una priorità.

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Colmare questo divario di trattamento e considerazione dal punto di vista sanitario richiede un impegno da parte di governi, aziende e organizzazioni della società civile.

Alcune delle azioni chiave che si dovrebbero intraprendere includono:

  • investire in sistemi sanitari inclusivi: garantire che tutti, indipendentemente dal sesso o dal reddito, abbiano accesso a cure preventive, diagnostiche e terapeutiche di qualità;
  • promuovere l’educazione sanitaria: educare le donne sui rischi per la loro salute e su come prevenirli;
  • sostenere la ricerca sulla salute delle donne: investire in ricerche che approfondiscano la conoscenza delle condizioni di salute che colpiscono le donne in modo specifico;
  • affrontare la violenza di genere: la violenza di genere è un ostacolo importante alla salute delle donne ed è necessario fare di più per eradicarla e per sostenere le sopravvissute;
  • investire nella ricerca sulla salute di genere: è necessario raccogliere più dati sulle differenze di salute tra uomini e donne per sviluppare interventi più efficaci;
  • sensibilizzare sul gender health gap: è essenziale aumentare la consapevolezza delle differenze di possibilità di cura tra uomini e donne e incoraggiare l’azione per ridurle;
  • educare i professionisti sanitari sui temi del genere, dell’etnia e della disabilità: i professionisti sanitari devono essere consapevoli dei pregiudizi e di come questi possono influenzare la loro cura dei pazienti;
  • dare voce alle donne e alle persone emarginate e coinvolgerle nella definizione delle politiche sulla salute;
  • supportare le organizzazioni di advocacy per la salute delle donne: le organizzazioni di advocacy per la salute delle donne svolgono un ruolo importante nel sensibilizzare sul problema e nel promuovere politiche che migliorano la salute delle donne.

 Fonti:

Letture consigliate per approfondire la tematica:

  • Rebel Bodies: A guide to the gender health gap revolution di Sarah Graham;
  • Inferior: How Science Got Women Wrong di Angela Saini; 
  • La salute è un diritto di genere di Alessandra Vescio.
Arianna Bordi | Editor
Scritto da Arianna Bordi | Editor

Dopo la laurea in Letteratura e Lingue straniere, durante il mio percorso di laurea magistrale mi sono specializzata in Editoria e Comunicazione visiva e digitale. Ho frequentato corsi relativi al giornalismo, alla traduzione, alla scrittura per il web, al copywriting e all'editing di testi.

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
Arianna Bordi | Editor
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