L’invecchiamento è un processo progressivo e irreversibile ma, nonostante tutto, l’uomo ha sempre cercato diversi modi per poterlo contrastare, o almeno nasconderne i segni più evidenti: si è prima fatto ricorso alla cosmetica e poi alla chirurgia per poter correggere rughe e inestetismi tipici dell’avanzare dell’età.
Eppure sembrerebbe che sia possibile invertire un processo finora considerato irreversibile, grazie a importanti risultati ottenuti da un team di ricercatori della California. I ricercatori sono, infatti, riusciti a far “ringiovanire” alcune cellule di topo in laboratorio, che hanno quindi riacquistato alcune importanti funzionalità.
Come è stato possibile ringiovanire le cellule?
Per ottenere questo risultato, i ricercatori hanno perfezionato una tecnica messa a punto per la prima volta dal ricercatore giapponese Shinya Yamanaka.
Le cellule sono state immerse in una miscela di diversi geni, denominati Oct-3/4, Sox2, c-Myc e Klf4, per un periodo di circa tre settimane, al termine delle quali le cellule hanno riacquistato la loro pluripotenza, cioè diventano cellule staminali in grado di dar luogo a diverse popolazioni cellulari differenziate (cellule muscolari, epatiche, ossee etc.).
L’obiettivo del team di ricerca californiano non era quello di ottenere cellule pluripotenti, ma semplicemente quello di poter avere cellule più giovani e sane, obiettivo raggiunto con tempo decisimente inferiore, circa 4 giorni.
Il principale rischio di questa esposizione alla miscela di geni è quello di sviluppare diversi tumori e quindi è stata necessaria la somministrazione di importanti dosi di antibiotici per scongiurare tale eventualità.
I risultati ottenuti al termine dell’esperimento si sono rivelati a dir poco sorprendenti: le cellule risultavano effettivamente ringiovanite con miglioramenti significativi della loro funzionalità. Tutto questo ha come effetto un generale rallentamento del processo di invecchiamento e un allungamento di circa il 30% dell’aspettativa di vita dei topi.
Perché invecchiamo?
Il processo di invecchiamento è un fenomeno fisiologico che ci accompagna dalla nascita fino alla morte, ed è sostanzialmente simile in tutti gli esseri viventi, pertanto è chiaro che le componenti genetiche giochino un ruolo fondamentale in questo processo.
Nel caso dell’uomo, inoltre, appaiono importanti anche fattori ambientali, come l’esposizione prolungata a sostanza tossiche o anche la facilità di accesso a cure mediche. Si tratta di elementi che spiegano le differenze dell’aspettativa di vita nei diversi paesi del mondo, aspetti che esulano dalla componente genetica comune a tutti gli esseri umani.
In ogni istante della nostra vita, all’interno del corpo avvengono migliaia di reazioni chimiche che rilasciano radicali liberi dell’ossigeno, i cosiddetti ROS.
I ROS sono tra i principali responsabili del danno al DNA, che innesca poi il processo di invecchiamento. È necessario, quindi, l’intervento continuo di geni e molecole proteiche per riparare il danno al DNA e garantire la corretta funzionalità delle cellule. Una delle proteine impegnate in questo processo è la sirtuin, che è in grado di attivare o silenziare l’espressione di determinati geni in base alle esigenze della cellula, ma soprattutto può intervenire sui danni del DNA.
Negli anziani, i danni al DNA aumentano e quindi aumentano anche gli interventi di sirtuin, che essendo impegnata nella riparazione dei danni, non provvede alla sua funzione di regolazione genica.
In conclusione, secondo gli studiosi, un metodo per arrestare l’invecchiamento potrebbe essere quello di aumentare i livello di sirtuin all’interno delle cellule.