Tutti noi conosciamo la sensazione di déjà vù. Siamo convinti di essere già stati in un posto o di aver già fatto una cosa, quando in realtà si sa bene che non c’è nessuna possibilità che sia successo.
In francese la parola dejà vù significa”già visto”, ma non si sa perché realmente proviamo questa sensazione.
È la testimonianza di una vita passata come molti credono o solo un semplice errore neurale?
La maggior parte dei ricercatori che studiano questo processo del cervello ritengono che la seconda opzione sia la più plausibile e si sono impegnati a cercare una spiegazione.
Quando si prova il dejà vù?
Circa due terzi della popolazione ha avuto almeno un’esperienza di déjà vu nella vita, affermano gli esperti. L’età sembra che sia un fattore rilevante però perchè la maggior parte delle segnalazioni proviene da persone di età tra i 15 anni e i 25 anni e per questo porta alcuni ricercatori a chiedersi se il déjà vu non sia collegato allo sviluppo del cervello.
“La memoria è lontana dall’essere perfetta. Semplicemente non ricordiamo tutto ciò che incontriamo nella vita giorno per giorno“, ha spiegato la ricercatrice Anne Cleary. “Tuttavia, solo perché qualcosa non riesce a essere richiamato non significa che non è ancora li da qualche parte, anzi spesso lo è, solo non si riesce ad accedervi. Questo tipo di memorie potrebbe essere quello che guida il senso di familiarità che sta alla base del déjà vu“.
I dati raccolti mostrano anche che il déjà vù accade più frequentemente se una persona è sotto pressione o è affaticata.
Lo studio del dejà vù
Dal momento che avere un’ esperienza di déjà vù è imprevedibile, è stato molto difficile studiare il fenomeno. Ecco perché alcuni ricercatori si sono concentrati sul cervello dei pazienti con una certa forma di epilessia: quelli che spesso sperimentano déjà vù durante le “aure” che si verificano prima di un attacco epilettico.
“Le crisi epilettiche che tendono a innescare déjà vu sono originate nella regione temporale mediale del cervello“, ha detto Cleary. “Questa stessa area del cervello è coinvolta nell’uso della memoria“.
Nel lobo temporale mediale del cervello siede la corteccia rinale, che aiuta a riconoscere quando qualcosa è familiare. Nelle sue vicinanze si trova l’ippocampo, responsabile della nuova memoria. Poco lontano si trova l’amigdala che gestisce le nostre emozioni e che guida la memoria e il recupero.
Inviando della corrente elettrica nella regione temporale mediale del cervello, i ricercatori sono stati in grado di innescare esperienze di deja vù nei pazienti epilettici e hanno mappato quindi l’attività cerebrale. Hanno scoperto che, anche se l’ippocampo è il responsabile della memoria, il déjà vu si induce attraverso la corteccia rinale, la parte del cervello responsabile per i sentimenti di familiarità. Inoltre, tutte e tre le strutture cerebrali sembrano essere attive durante l’episodio.
“Una precedente esperienza che esiste in memoria, ma che non si riesce a recuperare, potrebbe non solo produrre una sensazione di déjà vu di fronte a una situazione molto simile, ma potrebbe anche produrre un senso di come l’evento dovrebbe svolgersi“, ha spiegato Cleary, “come se indicasse la direzione da seguire all’interno della scena che sta accadendo“.
Potrebbe avere quindi un motivo di esistere il dejà vù?
“Anche quando non riusciamo a recuperare una memoria“, afferma Cleary, “il nostro cervello potrebbe avere un modo di segnalarci che c’è forse un ricordo rilevante da qualche parte. Questo segnale potrebbe essere utile in quanto ci può spingere a continuare a cercare nella nostra memoria quello potrebbe essere rilevante per la situazione attuale“.