Usa una crema per la disfunzione erettile al posto del collirio: una donna finisce in ospedale

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Crema per la disfunzione erettile al posto del collirio: donna ricoverata in ospedale

Vitaros o VitA-POS? Due nomi di farmaci simili ma con indicazioni molto, molto diverse. Il primo è utilizzato per la disfunzione erettile. Il secondo, invece, è un semplice lubrificante per la cura dell’occhio secco.

La vicenda è stata riportata dal BMJ Case Report: una donna di Glascow è stata ricoverata in ospedale per via di una catena di errori che riguarda i due farmaci.

A lei, infatti, era stato somministrato quello per la secchezza oculare. Il medico, però, ha scritto male e il farmacista ha consegnato la pomata oftalmica sterile per la disfunzione erettile.

Risultato? Ignara di tutto, la donna è stata ricoverata in ospedale.

Una lunga catena di errori

Ricostruendo a posteriori la storia, sembrerebbe che la signora in questione abbia ricevuto una prescrizione scritta a mano per la pomata VitA-POS che, come abbiamo visto, si tratta di un lubrificante a base di paraffina liquida usata per il trattamento della secchezza oculare, così come delle lesioni corneali.

L’errore è avvenuto tra il suo medico di base, dalla brutta calligrafia, e il suo farmacista, che le ha consegnato la pomata per la disfunzione erettile senza – probabilmente – porsi troppe domande.

Senza leggere il foglietto illustrativo, la donna ha intrapreso le cure con tutta tranquillità. Poche ore dopo l’applicazione della crema, ha però iniziato ad avvertire un forte dolore agli occhi, accompagnato da visione offuscata, arrossamenti e gonfiore alle palpebre. Subito la corsa in ospedale, dove è stata trattata con antibiotici topici, steroidi e lubrificanti.

Niente di grave, il problema si è risolto in pochi giorni.

L’appello: attenzione agli errori

Come riporta il Corriere della Sera, la dr.ssa Magdalena Edington del Tennet Institute of Ophthalmology di Glasgow ha raccontato l’episodio sul BMJ Case Reports: «Gli errori di prescrizione sono comuni e i farmaci con nomi e imballaggi simili aumentano la possibilità di errore. Certamente in questo caso è strano che nessuno dei protagonisti, né il medico di famiglia, né il farmacista e neppure la paziente si sia accorto. Questo episodio evidenzia ancora di più quanto sia fondamentale stampare le ricette o scriverle in stampatello per evitare scenari simili in futuro».

l problema affligge anche l’Italia, oltre al Regno Unito. Abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli spesso inducono in errore farmacisti e pazienti.

Non è un caso che, circa un mese fa, il Ministero della Salute abbia emanato nuove raccomandazioni per prevenire gli errori, a partire dall’indicazione ad usare lo stampatello in caso di prescrizioni a mano.

Attenzione, il documento non è rivolto solo ai medici. Sono coinvolti anche farmacisti, infermieri e strutture sanitarie, affinché venga adottato un linguaggio comune, dunque abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli standardizzati.

Non solo. Il documento del Ministero, oltre a sconsigliare in modo abbastanza perentorio la prescrizione verbale, fornisce anche una serie di indicazioni per standardizzare le modalità di prescrizione: ad esempio, in caso non si voglia ricorrere alla scrittura digitale, si raccomanda di usare lo stampatello. Il principio attivo, invece, deve essere scritto per esteso, e deve essere utilizzato uno spazio tra nome e dosaggio. I numeri arabi devono essere preferiti a quelli romani, e mai ricorrere a indicazioni generiche come “un cucchiaio”, “un misurino” di tal antibiotico. Bocciata anche la dicitura «al bisogno» così come le abbreviazioni in latino o inglese.

Ultima raccomandazione, valida per tutti, pazienti compresi. Prestate sempre molta attenzione, quando assumete i farmaci!

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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