Coronavirus: come è diventato una minaccia per l'uomo

Dr. Giovanni Maga

Ultimo aggiornamento – 06 Febbraio, 2020

Coronavirus: il salto della specie

Intervista al dr. Giovanni Maga, Direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia.


Parliamo di Coronavirus e partiamo con i numeri, preoccupanti, seri, che mettono in allarme: quasi 500 vittime, oltre 24 mila i casi diagnosticati, decine di nuovi contagi dall'Asia all'Europa. Ciò che è certo è che il 99% dei pazienti colpiti dal virus vive proprio in Cina, paese d'origine dell'epidemia. Che significa? Che probabilmente le misure precauzionali imposte dall'Organizzazione Mondiale della Sanità stanno riuscendo, di fatti, a limitare la diffusione della malattia. 

Sappiamo, oramai, molto, moltissimo sui sintomi, sulle modalità di trasmissione e sulle terapie (tra quelle in uso), in grado di trattare al meglio possibile il Coronavirus salvo, ahimè, complicazioni. 

Ma facciamo un passo indietro, scendendo più nel profondo, al cuore della genetica, per affrontare il delicato e iniziale momento del "salto della specie", da cui tutto è iniziato, che ha fatto sì che un virus circoscritto ad alcune specie animali sia poi diventato una grave minaccia per la salute dell'uomo. 

Approfondiamo l'argomento assieme a uno dei massimi esperti in Italia, il dr. Giovanni Maga, direttore di Genetica molecolare del CNR. 

Qual è l'origine del Coronavirus 2019-nCoV? 

Al momento, la "lettura" dei geni del nuovo virus e il confronto con quelli di altri Coronavirus noti ci permette di dire che sicuramente si tratta di un virus che circolava nei pipistrelli cinesi, al pari di quello della SARS. Non sappiamo se sia passato direttamente dai pipistrelli all'uomo o se sia transitato in una specie selvatica che ha fatto da "ponte", come lo zibetto nel caso della SARS o il dromedario nel caso della MERS. 

Cosa si intende con "salto di specie" e come è stato geneticamente possibile? 

Per salto di specie si indica il passaggio di un agente infettivo, in questo caso un virus, dalla specie animale che solitamente infetta, spesso senza causare gravi sintomi, a un nuovo ospite di una specie diversa. 

Nel caso dei virus, questo richiede sempre un cambiamento nei loro geni. In particolare, le proteine che rivestono il virus e sono in grado di "attaccarsi" alle cellule consentendo l'ingresso del virus (che ricordiamo è un parassita e, quindi, necessita di una cellula per moltiplicarsi) devono cambiare in modo tale da diventare capaci di riconoscere le cellule della nuova specie. A volte, basta anche una sola mutazione, cioè il cambiamento di un solo minuscolo pezzo della proteina. Un po' come se cambiasse la dentellatura di una chiave, rendendola capace di aprire una nuova serratura.

Tre Coronavirus in meno di 20 anni - come dichiarato dalla virologa Ilaria Capua, che nell'Università della Florida dirige il Centro di eccellenza dedicato alla 'One Health': come è possibile? Cosa sta cambiando nell'ecosistema e a cosa dobbiamo prepararci nel futuro? 

SARS , MERS e nCoV non sono gli unici virus "emergenti". I virus influenzali aviari H5N1 e H7N9, o i virus Nipah e Hendra, sono alcuni esempi di virus che hanno fatto il salto di specie negli ultimi 20 anni. 

In tutti i casi, vi è stata la combinazione di alterazioni dell'ecosistema (in gran parte dovute all'uomo) che hanno modificato l'areale di distribuzione delle specie selvatiche portatrici dei virus, con l'aumentata vicinanza tra uomo e queste specie animali o, spesso, tra specie selvatiche, specie domestiche (suini, polli) e uomo. Questa coabitazione forzata aumenta la probabilità che un virus da un altro animale passi all'uomo. Questi eventi sono destinati a rimanere frequenti, se non ad aumentare, fin tanto che non impareremo a gestire il nostro rapporto con l'ambiente in maniera più rispettosa degli equilibri naturali. Ricordiamo che l'ambiente non ha bisogno di noi, siamo noi che abbiamo bisogno dell'ambiente.

Come è stato trasmesso inizialmente il virus: basta il contatto con gli animali portatori? 

Il passaggio avviene solitamente a seguito di un prolungato tempo di esposizione dell'uomo agli animali portatori. Questo inizialmente può causare "tentativi" di salto da parte di ceppi virali che possono magari infettare l'uomo, ma non si replicano bene o non si trasmettono, fin tanto che per mutazione casuale non si genera un ceppo infettivo. 

Per il  Coronavirus,  la via di trasmissione è stata probabilmente la manipolazione (macellazione) o la coabitazione dell'uomo con la specie serbatoio. Nessun alimento cotto è in grado di trasmettere il virus e per questo nCoV non si ha riscontro di trasmissione per ingestione.

Coronavirus nei gatti: molti se lo chiedono. C'è da preoccuparsi?

I Coronavirus sono diffusi in natura e quattro Coronavirus sono stabilmente circolanti nell'uomo, dove causano il raffreddore (e solo in rari casi polmoniti). I Coronavirus sono molto diffusi nei cani, nei gatti ma anche nei suini, dove provocano sindromi gastro-intestinali. 

Data la lunga coabitazione tra uomo e questi animali e il fatto che nessun Coronavirus di questi sia in grado di infettare l'uomo, non c'è alcun pericolo che può venire dal gatto o dal cane di casa. Esistono comunque vaccini contro alcuni dei Coronavirus che colpiscono cani e gatti.

Trasmissione da uomo a uomo: come prevenirla?

Come per l'influenza. Lavarsi spesso le mani, se si starnutisce/tossisce coprirsi la bocca con un fazzoletto (di carta) e poi gettarlo in un cestino (non per strada). Nella zona interessata dall'epidemia (che oggi è la Cina ricordiamolo, in particolare la provincia di Hubei), evitare luoghi affollati, evitare il contatto con persone con sintomi simil-influenzali, se ci si trova in contatto con malati proteggersi con una mascherina. 

La trasmissione avviene attraverso l'aerosol di tosse e starnuti, muco e forse saliva delle persone infette. Richiede quindi un contatto ravvicinato per un certo tempo in luoghi chiusi o circoscritti. In Italia, portare la mascherina non serve assolutamente a nulla, perché non c'è al momento rischio di contagio.

Vaccino: quali sono i tempi standard?

Tecnicamente 6-8 mesi, ma in realtà considerato il fatto che non ci sono vaccini contro SARS e MERS che possano guidare la ricerca e il fatto che conosciamo ancora molto poco della risposta immunitaria contro nCoV, difficilmente avremo un vaccino prima della fine dell'anno. 

Potrà essere utile a prevenire nuove epidemie. Sul fronte dei farmaci, ci sono alcune molecole che si stanno sviluppando e potrebbero essere utili, ma i tempi di sviluppi clinico sono comunque lunghi. 

L'arma più efficace che abbiamo resta il controllo e il tracciamento e isolamento dei casi, che al momento funziona. 

Dr. Giovanni Maga
Scritto da Dr. Giovanni Maga

Dr. Giovanni Maga, Direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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