La conservazione dei gameti umani grazie al freddo è la tecnica che ha consentito lo sviluppo della procreazione medicalmente assistita (PMA).
Già alla fine del Settecento, alcuni studiosi ipotizzarono di poter conservare gli spermatozoi umani nella neve. L’intuizione era esatta dal momento che negli ’70 del XX secolo, la crioconservazione degli spermatozoi si è dimostrata semplice ed efficace.
Diverso il caso della crioconservazione dei gameti femminili, gli ovociti, che ha dato molti problemi perché lo scongelamento provoca danni cellulari che rendono difficile la gravidanza, tanto che ancora oggi è considerata una tecnica sperimentale. Tuttavia, poiché la crioconservazione degli ovociti non presenta le stesse implicazioni etiche del congelamento degli embrioni, è vietato in Italia, da una norma del 2004, che gli studi e le ricerche proseguano [1].
Ma come si effettua la congelazione degli ovociti?
Prima del congelamento è necessario indurre una iperproduzione di ovociti mediante un processo di stimolazione ovarica, ottenuto farmacologicamente tramite somministrazione di gonadotropine. Raccolti gli ovociti si passa al processo di crioconservazione.
Attualmente esistono due tecniche di crioconservazione degli ovociti.
La prima, detta “a congelamento lento”, è la metodologia tradizionale, in studio da oltre 30 anni.
La seconda, detta “a congelamento rapido”, è la più innovativa e i risultati sembrano molto incoraggianti anche se, essendo una metodologia all’avanguardia, non sono state ancora del tutto valutate le possibili controindicazioni. È detta anche tecnica della “vitrificazione”, perché l’ovocita e i materiali biologici in esso contenuti assumono, una volta congelati, l’aspetto del vetro.
La tecnica tradizionale, pur avendo portato a ottenere alcune gravidanze, è di difficile valutazione perché, nel corso degli anni, il protocollo applicativo è molto cambiato. Sconta inoltre il problema non risolto del danneggiamento dell’ovocita in fase di scongelamento. In pratica, mentre il congelamento avviene gradualmente in modo controllato, per mantenere l’ovocita in equilibrio ed evitare shock ambientali, lo scongelamento deve avvenire nel modo più rapido possibile, in modo da evitare la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno della cellula. I cristalli di ghiaccio, infatti, provocano un’alterazione strutturale della cellula che ne rende difficile la fecondabilità e la stessa sopravvivenza.
Anche il tentativo di disidratare l’ovocita prima del congelamento, accorgimento che eviterebbe la formazione di cristalli, non ha risolto il problema perché la cellula reagisce male alla disidratazione, danneggiandosi irreversibilmente. Nonostante i progressi, questo problema si presenta ancora molto spesso e la tecnica ha perso importanza a vantaggio della vitrificazione.
La tecnologia del congelamento rapido è stata sviluppata per tentare di risolvere radicalmente il problema della formazione dei cristalli di ghiaccio.
Invece di puntare a conservare l’equilibrio cellulare con un processo di congelamento lento, cioè a fasi successive e precedute da un trattamento chimico, la vitrificazione consiste nel portare la cellula immediatamente alla temperatura dell’azoto liquido (-196°). Per ottenere questo risultato, però, il trattamento preparatorio deve essere effettuato con concentrazioni di sostanze chimiche molto più elevate di quelle utilizzate con il congelamento lento. Questo tipo di trattamento solleva parecchi dubbi relativi alla possibile tossicità per il nascituro. La vitrificazione evita la formazione di cristalli di ghiaccio intracellulari e i sostenitori dichiarano di aver ottenuto un numero di successi, in termini di gravidanze ottenute e portate a termine, pari a quelle riscontrate nei casi di PMA con ovociti freschi.
Poiché la tecnica è molto recente, il numero limitato di gravidanze felicemente a termine è ancora troppo poco per una valutazione di tipo epidemiologico sui possibili aspetti tossici delle sostanze chimiche utilizzate per la vitrificazione.
In quali casi si consiglia di congelare i propri ovociti?
La crioconservazione dei gameti femminili, la cui domanda è in forte crescita in Italia, è utile in tutti i casi in cui è necessario somministrare terapie che minano la fertilità. È consigliata, innanzitutto, alle giovani donne con problemi oncologici a cui devono essere somministrati cicli di chemioterapia e di radioterapia. Entrambi i trattamenti possono avere effetti sulla fertilità o aumentare i rischi di malformazioni fetali.
Conservare i propri ovociti è altrettanto importante le per giovani donne a rischio di menopausa precoce, per familiarità o patologie acquisite. Soprattutto nei paesi a economia avanzata è presente anche una terza motivazione, la possibilità, per la donna, di scegliere quando diventare madre allungando la propria finestra naturale di fertilità. Questa scelta viene spesso condizionata da fattori sociali, come il reddito o la volontà di realizzarsi nel mondo del lavoro, che potrebbero essere compromessi da una gravidanza non desiderata.
Non essendo una motivazione medica, il suo profilo etico è molto discusso anche se, va ricordato, non ci sono mai state implicazioni etiche nel caso della crioconservazione dei gameti maschili, gli spermatozoi, che è applicata con successo da decenni e che ha visto la nascita di bambini il cui padre biologico era già deceduto [2].
Come avviene lo scongelamento degli ovociti?
Nel momento in cui si decide di affrontare la gravidanza utilizzando i propri ovociti congelati, è necessario iniziare un percorso medicalmente assistito, semplice e poco fastidioso. Per prima cosa la donna interessata deve sottoporsi a un monitoraggio ecografico e ormonale (attraverso ecografie e prelievi di sangue) di un ciclo spontaneo, non indotto da terapia farmacologica. Questo monitoraggio è indispensabile per individuare il momento giusto per lo scongelamento degli ovociti. Lo stesso giorno dello scongelamento ovocitario, il partner deposita un campione seminale che viene utilizzato per la fecondazione in vitro.
Dopo un massimo di 5 giorni dallo scongelamento, si procede al trasferimento degli embrioni in utero: è una procedura semplice e di breve durata, che non richiede sedazione e viene effettuata per via vaginale attraverso un sottile catetere. Per aumentare ulteriormente le possibilità di successo di questa procedura si può procedere, al termine del monitoraggio, ad aspirare il singolo follicolo che si è sviluppato in modo da aggiungere un ovocita fresco al pool di ovociti scongelati. Dopo 12 giorni dal trasferimento degli embrioni in utero, si effettua un test di gravidanza su prelievo ematico [3].
Quanto è efficace la fecondazione con ovociti vitrificati?
Ha efficacia paragonabile a quella della fecondazione con ovociti freschi. Lo sostiene uno studio italiano pubblicato dalla rivista Human Reproduction, condotta dal Centro di medicina della Riproduzione Genera di Roma in collaborazione con l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e l’Istituto Valenziano d’Infertilidad di Valencia.
Lo studio ha interessato 486 trattamenti di fecondazione in vitro tramite ovociti congelati con la tecnica di vitrificazione, in 450 coppie non fertili. Sono stati ottenuti 128 parti (28,4% per paziente) e 147 bambini nati (1 bambino nato ogni 6 embrioni trasferiti). La tecnica funziona soprattutto su donne di età inferiore a 38 anni, e se si utilizzano più di otto ovociti.
Il direttore del centro e coordinatore delle studio, il dr. Filippo Ubaldi, ha dichiarato: “I dati sono sovrapponibili a quelli riportati utilizzando ovociti freschi. Questo apre nuovi orizzonti nella medicina della riproduzione, offrendo la possibilità alle donne di preservare la propria fertilità sia nei casi drammatici di patologie tumorali, in cui per sconfiggere la malattia devono essere effettuate chemio e radio terapie, sia quando la giovane donna in età fertile, spesso suo malgrado, si trova a dover posticipare la ricerca di un figlio”.
Qual è la posizione dell’Italia rispetto al fenomeno dell’egg freezing?
Anche se non esiste una legislazione limitante, come nel caso degli embrioni, il dato italiano dimostra che la crioconservazione dei gameti femminili non è ancora un fenomeno “social”, ma è utilizzato quasi esclusivamente in relazione a patologie che possono minare la fertilità. Anche se l’Italia è all’avanguardia in questa nuova specialità della medicina, secondo gli esperti le coppie italiane ne sono ancora troppo all’oscuro.
“Le coppie oggi pensano prima agli studi, poi al lavoro e alla casa. E la ricerca dei figli si è spostata sempre più avanti, oltre i trent’anni. Quando poi si hanno difficoltà e ci si rivolge alla fecondazione artificiale, di solito intorno ai 37 – 38 anni, le percentuali di successo diminuiscono”. Lo sostiene il dr. Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Conservazione della Fertilità. “Se poi si arriva oltre i quarant’anni” – prosegue Borini – “le cose precipitano (il nostro Paese ha il primato dei parti in età matura, 4,6% dopo i 40 anni, il doppio che in Francia, Spagna, Olanda, Svezia, Danimarca, Stati Uniti). Basti pensare che dai 43 anni la percentuale di successo scende al 5%”, spiega Borini. Se queste donne avessero congelato gli ovociti a 25 anni potrebbero usarli mantenendo una percentuale di successo intorno al 40 per cento” [4].
E all’estero?
Le possibilità offerte dalla nuova tecnica di vitrificazione degli ovociti hanno assunto, soprattutto negli USA e nel Regno Unito, la proporzione di un fenomeno sociale, tanto che è stato coniato il termine di “Social eggs Freezing”.
La possibilità di essere libere di scegliere in quale momento della propria vita diventare madri, cosa possibile per i padri da molti anni, ha entusiasmato molte donne che non sono più soggette alla scelta, comunque dolorosa, tra la maternità e la realizzazione personale. Addirittura alcune aziende come Facebook e Apple hanno offerto incentivi fino a 20.000 dollari alle proprie dipendenti perché facciano congelare i propri ovociti e posticipino la maternità.
Ci sono però diverse problematiche ancora da affrontare, perché questa scelta diventi veramente libera.
Il primo problema riguarda i costi, dal momento che non tutte sono così fortunate da lavorare per Mark Zuckerberg o alla Apple. Per avere le più alte possibilità di successo bisogna congelare i gameti quando si è molto giovani, l’età che offre migliori possibilità di successo è di 25 anni. Sono poche le donne che, prima dei 30 anni, possono disporre delle ingenti cifre richieste per il trattamento di crioconservazione, anche quando si ha già al proprio fianco “Mr. Right”, l’uomo giusto candidato a diventare padre dei propri figli.
Ad oggi, oltre al costo dei trattamenti farmacologici preliminari, bisogna calcolare circa 10.000 dollari di costo del trattamento di crioconservazione a cui vanno aggiunti 500 dollari l’anno per la conservazione e 5.000 dollari per la successiva fecondazione. Se si pensa che nessuna compagnia di assicurazione prevede polizze a copertura dei costi, nemmeno per motivazioni mediche, si comprende come questa scelta sia, oggi, riservata alle poche donne, o coppie, in grado di poterselo permettere.
L’altra motivazione, in corso di dibattito, riguarda la posizione di una parte del mondo medico e scientifico che manifesta ancora molte perplessità sulla validità della vitrificazione degli ovociti. I medici mettono in guardia le giovani donne sia sui rischi, per il bambino, di una tecnica ancora sperimentale, sia sulle possibilità di successo che oggi, in base ai dati dichiarati dagli stessi sostenitori, non superano il 40% nel migliore dei casi [5].
Fonti e bibliografia
[1] La crioconservazione http://www.iss.it/binary/rpma/
[2] Frequently Asked Questions About Egg Freezing http://uscfertility.org/fertility-preservation/egg-freezing-faqs/
[3] Fecondazione in vitro con ovociti scongelati http://www.
[4] Ovuli congelati a 30 anni La maternità non ha più età http://www.lastampa.it/2013/
[5] Women Can Freeze Their Eggs For The Future, But At A Cost http://www.npr.org/blogs/