Ciascuno di noi ha un suo modo di vivere la propria età e immaginare la propria vita.
La qualità e la durata della vita sono uno degli argomenti sui quali i medici lavorano con maggior passione. Gli studi per scoprire i parametri più affidabili, per determinare la lunghezza della vita sono molteplici e ad ampio raggio.
Dallo studio del decadimento cognitivo legato all’età, ai valori del colesterolo e dei grassi circolanti, allo stile di vita, all’ambiente, nessun possibile indicatore sulla durata della vita viene trascurato e le risposte, a volte, sono inaspettate.
Due recenti studi effettuati negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda (anche se gran parte dell’analisi dei dati di quest’ultima è stata eseguita negli Stati Uniti) sostengono che ciascuno di noi, tanto i giovani che gli anziani, vivano la propria età pagando costi biologici molto diversi. I ricercatori sottolineano inoltre che lo stile di vita, in particolare l’attività fisica, ha una grande influenza sui risultati. In altre parole, essere attivi mantiene giovani, sia nell’aspetto che per quanto riguarda la capacità dei tessuti del corpo di rigenerarsi.
La ricerca congiunta si è posta l’obiettivo di individuare, tramite specifici marcatori biologici, le differenza tra età cronologica ed età biologica in persone dello stesso gruppo e della stessa età cronologica. Un gruppo di 1000 neozelandesi è stato osservato fina dalla nascita, nel 1972-73, sia in patria che negli USA, dalla National Health and Nutrition Study (NHANES), il gruppo congiunto di ricercatori americani e neozelandesi.
Nella parte analizzata negli USA sono stati utilizzati fino a 18 biomarkers personali, dal rapporto vita-fianchi al colesterolo totale, all’esame dell’età tramite osservazione del viso, per determinare le possibili differenze tra età anagrafica ed età biologica.
Alcuni risultati sono apparsi subito sorprendenti. In particolare:
- Il livello relativo di “giovinezza” ha un range di ben 3 decenni di possibili variazioni. Alcune persone sono state classificate dagli algoritmi con una età biologica di 28 anni, mentre altri erano “biologicamente” sulla sessantina – anche se l’età anagrafica era per tutti di 38 anni.
- Alcune persone sembravano in grado di “invertire l’invecchiamento” con valori dei biomarkers che li indicavano sempre più giovani rispetto al passare degli anni.
- Rapporto contrario per altri casi che hanno mostrato di invecchiare più rapidamente acquisendo tre anni di età biologica per ogni anno vissuto.
Questi risultati sono apparsi coerenti a quelli di altri studi effettuati su basi e con diversi marcatori biologici. In particolare, una ricerca effettuata su ex atleti olimpionici e riportata dal New York Times, ha dimostrato che gli atleti ancora agonisticamente attivi, presenti nelle categorie senior, hanno mostrato un’età biologica di 20-25 anni più giovane rispetto alla loro età cronologica.
Età biologica Vs età anagrafica
Nonostante la sorpresa, nessuno si aspettava risultati così eclatanti, essere biologicamente più giovani della prorpia età anagrafica, non significa, sic et simpliciter, una maggior durata della vita.
Molti eventi che incidono sul nostro benessere non sono stati misurati negli studi citati.
Lo stress, ad esempio, è un fattore di rischio di grande importanza di cui gli studi non hanno tenuto conto, essendo largamente imprevedibile. Ma, così come un singolo evento, fortemente stressante, può provocare gravi cambiamenti biologici (ad esempio il classico “mi sono venuti i capelli bianchi”), così il ripetersi di stress e fatica può avere incidenza sia sulle patologie che sulla durata della vita.
L’età biologica, inoltre, è un indicatore che nulla può dire in merito alla qualità della vita vissuta. Aspetto esterno, umore, approccio alla vita di relazione e all’ambiente, sono tutte informazioni che l’età biologica non fornisce e che possono essere sensibilmente diverse e in linea con l’età anagrafica se non, nei casi più gravi, andare anche oltre.
In altre parole, si può avere un’età biologica molto giovane e un aspetto o un modo di vivere quotidiano, anche più “vecchio” della propria età anagrafica.
In conclusione, c’è ancora molto da studiare per poter offrire indicazioni valide sulla durata della propria vita. Vanno individuati marcatori utilizzabili per misurare lo stato della salute mentale nel suo insieme e non solo nei suoi aspetti più visibili, come gli stati d’animo o il declino cognitivo. E questi misuratori dovrebbero includere tanto gli stati emotivi con significato patologico, quanto stati emotivi gratificanti, che portano gioia e felicità. Ed ancora si dovrebbero individuare marker di natura, per così dire ambientali, in grado di misurare la soddisfazione e la qualità della propria vita di relazione, il rapporto con le persone care, con gli amici.
La durata della vita, in definitiva, non è solo un dato quantitativo ma anche o forse soprattutto, qualitativo. Tutti noi desideriamo vivere il più a lungo possibile, a condizione di avere una qualità della vita accettabile e, possibilmente, migliorabile. Per ora sappiamo che l’esercizio fisico è fondamentale sia per la durata che per la qualità della vita. Sicuramente c’è ancora molto altro da scoprire.