La chemioterapia è uno dei metodi standard di trattamento in molti tipi di cancro. Di solito è in grado di indurre la morte cellulare nei tumori e di ridurre la massa tumorale; talvolta però i malati di cancro vivono un’esperienza di recidiva, che porta infine alla morte a causa del fallimento del trattamento: in questo caso, si parla di chemioresistenza, ovvero la resistenza delle cellule tumorali ad agenti chemioterapici.
Proviamo ad analizzare insieme questo fenomeno, alla ricerca di possibili altre soluzioni.
Chemioterapia, quando le cellule oppongono resistenza
Non dobbiamo pensare al tumore come a una massa omogenea di cellule maligne mutate, ma più ad un agglomerato di differenti tipi cellulari, derivanti tutti da una prima cellula mutata che si è riprodotta.
Si tratta di sub-cloni geneticamente diversi dello stesso clone originale, quindi di origine monoclonale. Alcuni sub-cloni saranno più favoriti, altri invece conviveranno: il risultato sarà comunque un tumore composto da cellule tumorali diverse.
Pensiamo, per ipotesi, a un tumore costituito in maggioranza da cellule di un certo tipo e in minoranza da un altro genere di cellule. Il tumore viene trattato con farmaci chemioterapici che hanno effetto solo sulle prime cellule: in un primo momento può sembrare che la chemioterapia stia facendo effetto nel distruggere il tumore, ma le cellule rimaste del secondo tipo non muoiono e possono quindi formare successivamente un secondo tumore.
Ciò sta a significare che la chemioterapia (come anche altre terapie) può selezionare dei resistenti. Due tumori dello stesso tipo non saranno mai identici a livello molecolare, ma caratterizzati da una certa eterogeneità. Quindi i farmaci non funzionano allo stesso modo per tutti i tumori, anche se colpiscono lo stesso organo, ma solo per alcuni tipi di cellule.
Le terapie personalizzate per combattere i tumori sono efficaci?
È il trattamento stesso della chemioterapia, dunque, a selezionare dei resistenti e a minacciare l’efficacia dei farmaci.
Uno studio, svolto dai ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e pubblicato su Nature Medicine, ha evidenziato il meccanismo specifico per cui ciò accade.
I farmaci chemioterapici non si limitano ad attaccare le cellule maligne, ma coinvolgono anche quelle sane, costringendo l’organismo a produrre una proteina di difesa che protegge anche il cancro dalla cura. Più la dose di farmaci chemioterapici aumenta, più diventa tossica per il paziente e più isola dei resistenti.
La soluzione a tutto questo, secondo i ricercatori, potrebbe consistere nello sviluppo di terapie personalizzate, con farmaci mirati alle sole cellule tumorali. Resta il fatto, però, che non tutti i pazienti possiedono tutte le caratteristiche per poter essere trattati con farmaci molecolari, in quanto queste terapie personalizzate non funzionano per ogni tipologia di tumore.
Una svolta nelle cure: eliminare le cellule tumorali staminali
A tal proposito una ricerca italiana, sostenuta da AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) e portata avanti da IEO (Istituto Europeo di Oncologia), IFOM (Istituto Firc di Oncologia molecolare) e dall’Università Statale di Milano, è stata in grado di individuare una classe di farmaci, le Nutline, che agisce contro le cellule staminali nel cancro al seno. Questo rappresenta un grande passo avanti nella cura dei tumori e nel superamento del problema della chemioresistenza.
Le Nutline sarebbero, secondo i risultati presentati dai ricercatori, in grado di eliminare le cellule staminali del cancro al seno che non sono state distrutte dalla chemioterapia, le quali andrebbero in un secondo momento a formare un nuovo tumore.
Distruggere le cellule staminali, ovvero le cellule “madri” che continuano a riprodursi all’infinito e che promuovono la crescita delle cellule “figlie”, causando la diffusione del cancro, significa aumentare le probabilità di guarigione del paziente trattato e rappresenta un traguardo medico non indifferente.
Esiste un importante problema che devono affrontare i medici quando hanno in cura pazienti affette da cancro al seno: inizialmente, dopo la somministrazione di farmaci chemioterapici, il tumore sembra in remissione. Quando però la terapia viene interrotta, in molti casi il cancro torna a formarsi proprio a causa di queste cellule staminali.
I ricercatori italiani hanno provato ad associare il farmaco appena scoperto, a Nutlina-3, a un comune chemioterapico, il Paclitaxel. Questa combinazione ha dato risultati straordinari, che hanno dimostrato un aumento nella risposta del tumore alla chemioterapia.
Questa ricerca, come le altre numerose battaglie contro il cancro che si stanno portando avanti nei laboratori di tutto il mondo, rappresenta un enorme passo avanti nella cura delle cellule tumorali.
Speriamo che gli studi proseguano al meglio in questa direzione, per cercare una soluzione al fenomeno della chemioresistenza, verso una cura più efficace.