Ricordate la clonazione della pecora Dolly? Ebbene, un gruppo di ricercatori cinesi ha sfruttato la stessa identica tecnica per clonare due macachi, ovvero due primati non umani.
Il risultato è storico. Ma non solo. Lo straordinario evento potrebbe essere il penultimo passo prima di arrivare alla clonazione dell’uomo? Vediamolo insieme.
Cosa vuol dire clonare
Partiamo da un importante presupposto. I due macachi sono stati sì clonati, ma il sistema utilizzato ha comunque comportato numerosi fallimenti. E diverse complicazioni, se si pensa che per ottenere 2 macachi clonati, altri 79 sono morti. Non possiamo ancora parlare di una tecnica di clonazione veramente affidabile, che possa essere utilizzata su larga scala. Di certo, però, è un altro e decisivo passo avanti.
La ricerca è stata coordinata da Mu-ming Poo, direttore dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia delle Scienze di Shanghai. I brillanti risultati, invece, sono stati pubblicati sulla rivista medico-scientifica Cell, punto di riferimento dei ricercatori di tutto il mondo.
E come è facile immaginare, la tecnica utilizzata si propone di creare un nuovo essere vivente con le stesse informazioni genetiche dell’organismo di partenza, lavorando sul nucleo di una cellula somatica adulta. Semplificando di molto la procedura, è possibile sostenere che nel nucleo di ogni cellula sono racchiuse tutte le informazioni genetiche di un organismo, ovvero le istruzioni di base per farlo crescere e sviluppare.
Trasferire il nucleo significa prelevare queste informazioni da una cellula e di inserirle in un ovocita – la cellula uovo in uno stadio non completo – , da cui è stato rimosso il nucleo originario. La cellula ibrida ottenuta viene poi stimolata per far sì che avvenga una divisione cellulare in vitro, ovvero al di fuori dell’organismo vivente. La successiva moltiplicazione delle cellule porta alla formazione di un embrione. Ed è proprio in questo stadio che avviene il suo impianto nell’utero della madre surrogata che porterà avanti la gravidanza, fino alla nascita del nuovo individuo: è così che si ottiene un clone dell’organismo di partenza.
La tecnica – utilizzata per la pecora Dolly e successivamente perfezionata dal gruppo di Poo – deve ancora essere perfezionata. Per il momento, però, possiamo dare il benvenuto a Zhong Zhong e Hua Hua, i due macachi di Giava, le due scimmie gemelle nate da questo straordinario esperimento.
Dalle scimmie clonate nuove possibilità di sperimentazione
La domanda, ovviamente, sorge in modo quasi spontaneo. Che benefici potrebbe trarre la ricerca medica da questa clonazione? Secondo Poo, con un elevato numero di cloni di uno stesso animale, vi sarà la possibilità di sperimentare farmaci di ultimissima generazione con un effetto più mirato.
In Occidente, invece, la risposta non è stata del tutto positiva. In molti, infatti, si chiedono se vi sia una reale necessità di avere intere batterie di animali a disposizione per le sperimentazioni farmacologiche e terapeutiche. Ad oggi, l’utilizzo di scimmie e primati non umani in laboratorio è sempre meno frequente.
Mantenere questi animali è infatti parecchio costoso e la ricerca si è evoluta al punto di rendere disponibili altri sistemi per sperimentare i farmaci e simularne i loro effetti.
Nonostante ciò – stando al parere degli esperti – la clonazione dei primati potrebbe condurre verso informazioni preziose, come nel caso della malattia di Alzheimer, così come nello studio dei trattamenti contro il Parkinson o di particolari forme di tumore. Il dibattito sull’uso degli animali per le sperimentazioni, nel frattempo, non sembra trovare l’accordo della comunità scientifica. Sono in tanti, infatti, a sostenere che non vi siano prove sufficienti per dire che non ci siano alternative al loro utilizzo.
Cloneremo gli esseri umani?
La notizia della clonazione delle due scimmie, come si poteva ben immaginare, ha scosso gli animi di biologi, ricercatori, medici, genetisti, uomini e donne.
Sono tutti concordi nell’affermare che la vita umana non sia stata programmata per essere attivata con sistemi di tipo artificiale bensì dall’incontro di due gameti, uno dell’uomo e l’altro della donna. Ed è inutile negare che clonare una scimmia significa clonare quell’animale più vicino all’uomo.
Ovviamente, nessuno nega che l’aver ripreso questo tipo di ricerca possa avere ottime ricadute pratiche. Ma siamo davvero alla vigilia di una possibilità teorica di clonare l’uomo, con tutte le ricadute che ne derivano?