Medici, farmacisti e personale sanitario (ma anche insegnanti e genitori!) li hanno sempre descritti come pericolosi, responsabili di malattie molto gravi e in alcuni casi fatali. Sono spesso associati a condizioni di scarsa igiene e contro i quali stiamo imparando solo ora a difenderci. Ma se fossero proprio alcuni virus a permetterci di sconfiggere il cancro?
È questa una nuova strada che stanno esplorando i ricercatori del Massachusett General Hospital di Boston, guidati dal Professor Demehri, la cui ricerca è pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature.
Il legame tra Papilloma virus e tumore alla pelle
Gli scienziati sono partiti dallo studio del carcinoma a cellule squamose, una tipologia di tumore cutaneo che si sviluppa soprattutto in soggetti immunocompromessi. Purtroppo, rappresenta il secondo tipo di tumore più fatale negli Stati Uniti.
In passato era stato osservato che nella maggior parte delle lesioni cancerose di pazienti con questo tipo di tumore erano presenti dei genotipi di Papilloma virus umano (HPV), soprattutto di tipo beta (HPV-β).
Inizialmente si era pensato a una diretta correlazione tra l’infezione del virus e lo sviluppo della patologia oncologica.
Ora, grazie ai recenti esperimenti effettuati, è stato chiarito che la risposta immunitaria verso gli HPV-β ha un effetto protettivo sullo sviluppo del carcinoma cutaneo, in quanto si sviluppano una tipologia di linfociti capaci di riconoscere preventivamente quelle cellule che stanno iniziando il processo di trasformazione tumorale, eliminandole così dall’organismo ed esercitando un’ottima “oncosorveglianza”.
A tali conclusioni, si è arrivati notando che topi infettati con un ceppo di HPV-β, ma con un sistema immunitario funzionante, non sviluppavano il tumore alla pelle, anche se esposti a fattori scatenanti la patologia oncologica, come radiazioni UV. Inoltre, selezionando cellule sviluppate da questi topi e iniettandole in altri, si otteneva un buon effetto protettivo verso lo sviluppo del cancro stesso.
Cosa sono gli Hpv
I Papilloma virus sono un’ampia ed eterogenea famiglia di virus comprendente circa 100 genotipi noti e più di 100 in corso di caratterizzazione. L’analisi dei Papillomavirus umani e animali ha permesso di distinguerne 16 generi differenti, identificati con le lettere dell’alfabeto greco (α, β, γ, δ, ε, ζ, η, θ, ι, κ, λ, μ, ν, χ, ο, π).
I Papillomavirus umani appartengono ai generi α (circa 120 sierotipi), che identificano quelli che infettano prevalentemente le mucose, e β, circa 50 sierotipi prevalentemente cutanei.
Gli HPV-α infettano prevalentemente la mucosa genitale e sono classificati come “ad alto rischio” o “a basso rischio”, per quanto riguarda la trasformazione neoplastica. Dei 12 ceppi classificati ad alto rischio, HPV 16 e 18 si sono rivelati i principali responsabili dell’evoluzione tumorale dell’infezione e sono i maggiori responsabili dei carcinomi alla cervice uterina, alla vulva, al pene e all’ano. Tra i ceppi a basso rischio, che provocano tipicamente lesioni genitali a minor rischio di trasformazione maligna, ci sono i sierotipi 6 e 11, responsabili di circa il 90% delle verruche genitali.
Questo studio ribadisce il ruolo fondamentale, benefico e di reciproco vantaggio esercitato dal microbioma e dal viroma, ossia l’insieme dei batteri e dei virus commensali, nei confronti dell’organismo ospite.
In particolare, lo studio apre nuove vie per la prevenzione e la riduzione del rischio di sviluppare il carcinoma a cellule squamose, per esempio mediante vaccini anti HPV- β, che attivano una risposta T-mediata (del sistema immunitario) nel soggetto, per prevenire lesioni cancerose della cute. Inoltre, non si esclude che così venga individuata una nuova soluzione terapeutica per favorire una risposta immunitaria anti-HPV e coadiuvare l’immunoterapia impiegata per il trattamento dei carcinomi cutanei.