Chris Packham ha 56 anni. Aveva 40 anni quando le venne diagnosticata la sindrome di Asperger. Per oltre trent’anni è comparso sugli schermi della BBC con i suoi famosi programmi sulla natura: mai nessuno ha sospettato la presenza di questa malattia.
Ed è stato proprio l’Asperger, tuttavia, a permettergli di acquisire una conoscenza enciclopedica sul mondo naturale, concentrandosi su piante e animali ed escludendo tutto il resto. Ma da quanto ha dichiarato, in vista dell’imminente uscita di un documentario sulla sua vita, Chris ha sempre fatto di tutto per apparire “normale”, cercando di cancellare le sue “stranezze” a volte con enorme difficoltà. Qual è la sua storia?
La storia di Chris Packman, il presentatore TV con un disturbo dello spettro autistico
Il documentario in uscita il 17 ottobre ha l’obiettivo di mostrare la vera vita di Chris Packham, il presentatore TV che ha scelto di vivere da solo in un bosco, «per sentirsi davvero normale», insieme al suo migliore amico, il suo cane Scratchy. D’altronde, la compagnia degli animali sembra essere per lui molto più appagante di quella degli esseri umani.
Perché il mondo di Chris è diverso: i suoi sensi sono molto più marcati, tanto da travolgerlo in molte occasioni. Ma ormai, «l’Asperger ha fatto di me ciò che sono», ha dichiarato il presentatore, che ha fatto di tutto per riuscire a conquistarsi questa professione, imparando a guardare sempre negli occhi la gente e, soprattutto, trattenendosi da commenti poco adeguati a determinati momenti o situazioni.
Chris ne è sicuro: senza l’Asperger non avrebbe mai potuto avere queste sue conoscenze, che gli hanno permesso di avere fortuna sui canali della BBC. E le conoscenze enciclopediche sembrano essere caratterizzanti per molti degli individui che soffrono di questo disturbo: alcuni mesi fa, nel luglio scorso, un caso simile aveva conquistato le testate internazionali: ricordate il bambino che corresse il Museo di Storia Naturale di Londra? Charlie, 10 anni, con sindrome di Asperger, si era accorto che su un pannello l’etichetta di Oviraptor indicava erroneamente un’altra specie estinta: il Protoceratops.
«Non vi è dubbio che in passato un gran numero di persone che sono stati determinando per il progresso della nostra società abbiano avuto disturbi dello spettro autistico» – ha spiegato il noto presentato televisivo – «Il punto di forza, però, è pensare a questa differenza neurologica come estremamente vantaggiosa per la nostra specie. Ci sono molti aspetti dell’Asperger che sono positivi: non mi piace l’idea di paragonare l’autismo a un tumore, che richiede una sorta di chemioterapia educativa».
La sindrome di Asperger: parente dell’autismo, il disturbo senza cause
La sindrome di Asperger è un disturbo pervasivo dello sviluppo, considerato un parente stretto dell’autismo in cui spesso le differenze risultato mitigate. È dunque considerata una patologia neuro-biologica dello spettro autistico ma, in questi casi, non vi è una compromissione sempre significativa dell’intelligenza, della comprensione e dell’autonomia, così come dimostrato dalla storia di Chris Packman: non a caso, è considerato un disturbo “ad alto funzionamento”.
La patologia, di cui purtroppo non si conoscono ancora le cause, si manifesta nei casi più gravi con:
- Insistenza sulla monotonia
- Compromissione delle interazioni sociali
- Raggio ristretto di interessi
- Iperattività
E ancora:
- Concentrazione limitata
- Limitata coordinazione motoria
- Difficoltà accademiche
- Vulnerabilità emotiva
Se l’autismo interessa all’incirca 4 bambini su 10000, si stima che la la sindrome di Asperger arrivi a raggiungere punte di 20-25 su 10000, con una incidenza maggiore nei ragazzi piuttosto che nelle ragazze, senza una ragione del tutto spiegabile dalla scienza.
Inoltre, questo disturbo si associa molto spesso, per motivi ancora una volta ignoti, con altre patologie come la sindrome di Tourette, problemi dell’attenzione o dell’umore, come depressione o ansia. È importante però notare che, rispetto alle altre forme di autismo, questa sindrome non sempre crea problemi in termini di inserimento sociale: il lavoro e il matrimonio, ad esempio, sono del tutto comuni negli adulti con Asperger. Non è dunque precluso il potenziale per una vita adulta normale, al punto che nel 30-50% di tutti gli individui che presentano questo disturbo, non vi sia stata mai una valutazione o una diagnosi certa e comprovata.
Non esistono cure, purtroppo: i trattamenti farmacologici si rivolgono dunque ai sintomi comportamentali specifici. L’iperattività, ad esempio, viene trattata in alcuni casi con antidepressivi, mentre i rituali maniacali e ossessivi con farmaci antipsicotici. Di certo, i cosiddetti social stil training risultati più utili di molte terapie farmacologiche: questi interventi, infatti, mirano all’acquisizione di abilità sociali, fondamentali per migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da questa sindrome.
In alcuni casi, però, basta trovare il proprio mondo, e condurre una vita normale: e perché no, dedicarsi a programmi sulla natura, narrando la propria vita in un documentario, come ci insegna Chris Packham.