La chemioterapia, come noto, è un trattamento che si avvale di sostanze chimiche molto potenti per distruggere le cellule tumorali. Di solito, si tratta di una serie di flebo che portano direttamente nelle vene del paziente i medicinali e, per evitare l’insorgere di infezioni, il punto di contatto con il corpo umano è solitamente rivestito in argento.
In questi giorni, uno studio, condotto dall’Università norvegese di Scienza e Tecnologia (NTNU) di Trondheim, mostra che il rivestimento d’argento antibatterico utilizzato su cateteri degrada alcuni farmaci chemioterapici, riducendone potenzialmente la loro efficacia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati dalla rivista Materiali 2D e Justin Wells, autore dello studio, commenta così: “Volevamo trovare potenziali cause dei problemi nei tubi utilizzati in cateteri intravenosi. Un’interazione con i materiali era una possibilità. I farmaci chemioterapici sono sostanze attive, quindi non è difficile immaginare che potessero reagire con l’argento.”
Cosa accade
L’argento decompone i farmaci chemio: il Prof. Wells e colleghi si sono concentrati sul 5-fluorouracile (5-FU), uno dei farmaci chemioterapici più comunemente utilizzati. Ad esempio, è usato per trattare i tumori della testa e del collo, intestinali, del seno, stomaco, ovaie e esofago.
Usando i raggi X, i ricercatori sono riusciti a vedere cosa accade quando il farmaco entra in contatto con l’argento e hanno notate che avviene una vera e propria decomposizione del farmaco 5FU.
La potenzialità del grafene
In un secondo momento, l’equipe di ricerca ha analizzato un’altra sostanza, il grafene. Si tratta di un nanomateriale composto da fiocchi di carbonio estremamente sottili con cui si ipotizza di rivestire alcuni strumenti come i cateteri per l’infusione di sostanze chemioterapiche. Ancora una volta i medici hanno analizzato ai raggi x la reazione tra i materiali, ma, in questo caso, il 5FU non ha reagito con il grafene.
“Il grafene è una sostanza non reattiva ed è a volte indicato come un materiale magico che può risolvere molti problemi. Quindi abbiamo pensato che potrebbe essere una buona combinazione con i farmaci chemioterapici e l’intuizione si è rivelata fondata”.
Questa notizia positiva si aggiunge a una prima indicazione che, nel mese di febbraio 2015, vedeva il Medical News Today sostenere che il grafene può esso stesso avere un potenziale anticancro. Scrivendo sulla rivista Oncotarget, un team dell’Università di Manchester nel Regno Unito, descrive come il grafene ossidato può avere come bersaglio le cellule staminali del cancro e disturbare segnali su loro membrane.