L’Associazione Luca Coscioni, attraverso una lettera aperta, ha rivolto un forte invito a tutti i medici italiani affiché prescrivano i cannabinoidi.
Secondo quanto emerso dagli ultimi dati del Ministero della Salute, nel 2013 solo 40 pazienti hanno avuto la possibilità di accedere a questo tipo di terapia. Il via libera si è dato nei casi di forti spasticità e rigidità causati da sclerosi multipla, Sla, fibromialgia, neuropatia, glaucoma, e a pazienti affetti da HIV o con dolori oncologici.
Cosa dicono le normative?
L’Associazione Luca Coscioni ha sottolineanto che “dal 2007 in Italia la normativa consente l’uso in terapia del Thc, il principale principio attivo della cannabis, e nel 2013 un ulteriore decreto ha riconosciuto l’efficacia farmacologica dell’intera pianta della cannabis“.
Nonostante questa normativa sia attiva, il primo ostacolo che emerge chiaramente è quello della disinformazione dei medici che impediscono così la diffusione della terapia. Burocrazia e costi elevati contribuiscono poi a limitarne l’uso anche nei casi in cui appare più idoneo.
“Tutti i medici italiani – afferma l’Associazione Coscioni – anche quelli di base, possono prescrivere quei farmaci“. Nemmeno i farmacisti non sono pienamente informati di tutte le normative che riguardano la terapia del Thc e questo aumenta i rischi che si ricorra al mercato nero per acquistare sostanze non controllate che potrebbero invece provocare danni alla salute.
Per questa ragione, l’Associazione conduce da tempo una battaglia politica perché il libero accesso ai farmaci cannabinoidi sia reso possibile attraverso un accesso immediato e gratuito ai farmaci, e anche grazie alla regolamentazione dell'”autocoltivazione” a scopo terapeutico da parte del paziente. Il video proposto spiega con immagini semplici e dirette come dovrebbe essere regolamentata la terapia e diffusa attraverso l’informazione.
Ma cosa è esattamente la cannabis e a cosa serve?
La canapa è una pianta a fiore della famiglia delle Cannabaceae. Esistono differenti specie del genere Cannabis (Cannabaceae) che, secondo numerose testimonianze, venivano impiegate per usi diversi già dal Neolitico. Il valore analgesico, sedativo, miorilassante è dunque conosciuto sin dal passato. La coltivazione della canapa è stata ostacolata per la prima volta nel 1937 con la Marijuana Tax Act, che la si mise al bando negli Stati Uniti. Da quel momento in poi anche gli altri Paesi europei hanno risposto di conseguenza, limitandone i commerci a favore di un mercato nero. Ma quali sono gli effetti sulla salute?
Gli effetti della cannabis possono variare e rappresentano a volte una opzione per migliorare la sintomatologia in caso di:
- Alzheimer e perdita di memoria
- crescite tumorali
- glaucoma
- convulsioni e sclerosi multipla
- terapia del dolore
Secondo recenti studi ancora in corso, i potenziali benefici della cannabis come medicinale includono anche effetti antiemetici, di stimolazione dell’appetito, e di miglioramento della qualità e della durata del sonno.
Gli effetti antitumorali della cannabis
Uno studio condotto su topi e ratti ha dimostrato che i cannabinoidi possono avere un effetto protettivo contro lo sviluppo di alcuni tipi di tumori. Nel corso di questo studio di 2 anni, i gruppi di cavie hanno ricevuto varie dosi di THC tramite una sonda gastrica. È stata riscontrata una diminuzione di incidenza di tumori benigni (polipi e adenomi) in organi come: ghiandola mammaria, utero, ipofisi, testicolo, e pancreas. In un altro studio, il delta-9-THC, delta-8-THC, e il cannabinolo sono stati usati per inibire la crescita di cellule di adenocarcinoma del polmone di Lewis in vitro con risultati positivi. Insomma, si sta via via dimostrando il potere antitumorale di questi agenti che favorirebbero la diminuzione della proliferazione cellulare delle cellule malate. Inoltre, i cannabinoidi endogeni di origine vegetale sono stati studiati per i loro effetti anti-infiammatori.
Gli effetti analgesici della cannabis
Per comprendere al meglio il meccanismo di analgesia indotta da cannabinoidi è stato svolto uno studio dei recettori dei cannabinoidi, gli endocannabinoidi. I cannabinoidi possono anche contribuire alla diminuzione del dolore attraverso un meccanismo anti-infiammatorio grazie all’azione esercitata sui recettori dei mastociti per attenuare l’emissione di agenti infiammatori, come l’istamina e serotonina, neurotrasmettitore sintetizzato nel cervello e noto anche come “ormone del buonumore”.
Insomma, grande è il potenziale dei cannabinoidi e sono in corso numerosi studi per dimostrarne gli effetti ancora poco noti. Non va trascurato il fatto che questa sostanza potrebbe causare dipendenza e per questa ragione l’informazione medica e la guida di uno specialista risultano sempre preziose, come sottolinea l’Associazione Coscioni, per valutare correttamente i pro e i contro di questa terapia.