Un esperimento sui topi ha rilevato che la caffeina ha un effetto benefico in situazioni di stress e ha individuato i percorsi neurochimici coinvolti nel processo. I ricercatori suggeriscono anche che lo studio potrebbe portare un giorno a terapie mediche per malattie legate allo stress negli esseri umani.
Ma, mentre la ricerca stessa è importante, non dobbiamo dimenticare che lo stress è una normale reazione umana agli eventi e l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un altro farmaco psichiatrico che ignora la radice del problema. Ricerche precedenti hanno mostrato un certo numero di effetti positivi della caffeina, per esempio sulla prevenzione della depressione. Questo studio è il primo a scoprire i percorsi neurochimici che consentono alla caffeina di prevenire alcuni degli effetti negativi delle tensioni quotidiane sul cervello.
L’azione della caffeina
La caffeina è nota per inibire nel cervello i recettori dell’adenosina chimica, che controllano anche gli effetti negativi dello stress: bloccando i recettori il gioco è fatto.
I risultati sono importanti, perché come tutti sappiamo lo stress cronico colpisce molte persone. La ricerca è stata condotta su dei topi messi in situazioni di disagio che includevano il letto umido, la condivisione dello spazio di vita con gli altri, la privazione di acqua e cibo, bagni freddi e gabbie inclinate a 45 °. Come si poteva immaginare i poveri topi hanno subito mostrato le conseguenze comportamentali e neurologiche di questi esperimenti.
Negli esseri umani, lo stress cronico può anche avere conseguenze disastrose. Ad esempio, è stato dimostrato che la crisi economica negli anni tra il 2008 e il 2010 può essere la causa del suicidio per 1.000 persone nel Regno Unito. Cerchiamo quindi di capire come lo stress ci colpisce e di trovare dei modi per aiutare le persone (e i topi) a conviverci e superare i momenti di maggiori difficoltà.
Eventi stressanti emotivamente e fisicamente hanno conseguenze cognitive, emotive, fisiche e comportamentali negative. Dato che noi elaboriamo le informazioni nel cervello, utilizzando neurotrasmettitori, è ovvio che ci sarà un percorso neurologico o una traccia dietro i comportamenti indotti da stress. Sarebbe bello sapere di più su quel percorso perché forse ci potrebbe anche aiutare a diventare più resistenti o recuperare più velocemente dagli eventi difficili della vita.
Questo studio è molto valido perché c’è la spiacevole tendenza a etichettare le emozioni indesiderate come sintomi di “malattia” e potrebbe indurci a trattare le persone con meno empatia di quanto dovremmo, a ignorare le cause della sofferenza e procurare delle cure mediche inadeguate.