I germogli di broccoli potrebbero migliorare alcuni sintomi dell’autismo.
Questa considerazione, che può suonare inizialmente bizzarra, ha origine da uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, che cerca di analizzare gli effetti del sulforafano, sostanza contenuta nei broccoli, sui pazienti autistici. Pare, infatti, che questa sostanza stimoli le difese immunitarie, combatta le infiammazioni e prevenga i danni al DNA, proprio come accade all’organismo quando, a causa della febbre, reagisce stimolando le proprie difese. Anche in questi casi, infatti, come raccontano i genitori di ragazzi autistici, la temperatura elevata del corpo sembra quasi annullare alcuni dei sintomi della malattia.
Lo studio
Durate lo studio sono subito emersi risultati positivi. L’indagine ha coinvolto 40 ragazzi e giovani adulti maschi, di età compresa tra i 13 e i 27 anni, con forme di autismo anche gravi. A una parte di loro, è stata somministrata ogni giorno una dose di sulforafano. Risultato? Hanno dimostrato una migliore capacità di rapportarsi agli altri, anche nella comunicazione verbale.
Il sulforafano contro l’autismo?
Ancora presto per rispondere a questa domanda. Quel che è certo è che quasi tutti i pazienti coinvolti hanno mostrato di far progressi per tutta la durata del trattamento. Purtroppo, però, alla fine del percorso di sperimentazione, tolte le dosi di sulforafano, si è tornati al punto di partenza.
Ma cosa rende il sulforafano così efficace?
Studi precedenti hanno già dimostrato che le cellule dei soggetti autistici hanno un alto grado di stress ossidativo che causa danni al DNA. Il sulforafano agisce bloccando proprio l’ossidazione. Broccoli a volontà, dunque? Non è proprio così. In realtà, il sulforafano presente nei broccoli varia a seconda della specie; inoltre, la capacità dell’uomo di convertire i precursori in sulforafano attivo non è chiara e certa.
Cosa resta da fare? Avere fiducia nei ricercatori che sostengono che “queste siano prove preliminari del primo trattamento per l’autismo che migliora i sintomi correggendo, apparentemente, alcuni dei problemi cellulari sottostanti. Siamo lontani dal poter dichiarare una vittoria sull’autismo“, precisa Andrew Zimmerman del Memorial Medical Center dell’Università del Massachusetts, ma la ricerca “ci dà importanti indizi su ciò che potrebbe aiutare“.