Livelli elevati di bilirubina sarebbero associati a una prognosi più favorevole nei casi di patologie renali, inoltre, sembrerebbero addirittura essere in grado di migliorare il decorso clinico della fibrosi renale.
Almeno, questo è ciò che sostiene un gruppo di ricercatori della Seoul National University College of Medicine di Seoul, in Korea. Secondo quanto concluso dalla ricerca, alti livelli di bilirubina nel sangue avrebbero un’azione benefica nei casi di insufficienza renale acuta o cronica.
Cosa è la malattia renale cronica?
La malattia renale cronica (MRC) è una grave patologia che interessa il rene ed è in grado di provocare la perdita progressiva e completa della funzione renale.
La prevenzione in questo particolare ambito è essenziale per evitare che la malattia giunga a uno stadio avanzato, potenzialmente in grado di mettere a rischio la sopravvivenza del soggetto che ne è colpito. La fibrosi renale, invece, è una caratteristica patologica comune delle malattie renali croniche indipendentemente dall’eziologia, e sembra essere il più affidabile fattore predittivo di una progressione verso gli stadi terminali della patologia e, quindi, verso la cronicizzazione.
Gli effetti della bilirubina alta sui reni: lo studio
Il gruppo di ricercatori dell’Università di Seoul, partendo da questi assunti, ha deciso di incentrare la propria ricerca sull’individuazione di metodi utili a fermare la progressione della malattia renale. Per farlo, gli studiosi hanno analizzato i livelli di bilirubina presenti nel sangue di 1.080 pazienti partecipanti all’indagine, valutando anche lo stadio e la progressione della patologia renale di cui questi individui erano affetti.
Parallelamente al campione clinico, i ricercatori hanno voluto esaminare l’efficacia dei trattamenti in grado di innalzare i livelli di bilirubina nelle cavie da laboratorio, valutandone gli esiti sulle disfunzioni renali.
I ricercatori si sono focalizzati proprio sulla bilirubina, in quanto da ricerche precedenti era già emerso che questa avesse un effetto benefico e protettivo nei casi di patologie renali e cardiovascolari. Altri studi in passato avevano dimostrato gli effetti curativi dell’iperbilirubinemia su pazienti affetti dalla sindrome di Gilbert. L’interesse attuale in questo ambito è rivolto a indagare in maniera approfondita gli effetti della bilirubina come potenziale fattore benefico per determinate patologie.
Vediamo ora insieme i risultati ottenuti dal gruppo di ricerca di Seoul.
Dall’analisi dei dati raccolti, è emerso che pazienti con iperbilirubinemia (bilirubina totale compresa tra 0.8–1.2 mg/dL) avevano una prognosi migliore, in termini di esiti, della patologia renale.
Relativamente ai dati analizzati sulle cavie da laboratorio, gli studiosi hanno scoperto che, somministrando ai topi farmaci in grado di innalzare i livelli di bilirubina, questi manifestavano una fibrosi renale meno severa rispetto alle cavie che non avevano subito lo stesso trattamento, ma erano affette da disfunzioni a carico dei reni.
Un altro importante risultato emerso dalla ricerca sulle cavie ha mostrato come le cavie con tassi elevati di bilirubina avevano anche una ridotta espressione della fibronectina nelle cellule epiteliali tubulari renali.
Il gruppo di ricerca aveva previsto anche una visita di follow-up, per valutare a distanza di tempo, la progressione della malattia. A 3-9 anni, gli studiosi hanno rilevato anche una differenza significativa relativa al grado di progressione della malattia. Infatti, livelli piuttosto elevati di bilirubina erano associati a una maggiore sopravvivenza della funzione renale, fattore in grado di ridurre i tassi di prognosi nefaste.
I risultati dello studio
Il risultato più importante di questo studio è che l’iperbilirubinemia, entro un certo range, sarebbe associato a un ritardo del declino della funzione renale cronica. Questo studio sperimentale è supportato anche da una solida base clinica, in quanto i dati raccolti (sia in vivo che in vitro) dimostrano che i trattamenti in grado di incrementare i livelli di bilirubina sono anche capaci di apportare miglioramenti nei casi di fibrosi renale.
La ricerca, condotta dal gruppo di ricercatori dell’Università di Seoul, ha anche dimostrato come infiammazione, ipertensione e lesioni ossidative sembrerebbero trarre beneficio dagli effetti protettivi della bilirubina alta nel sangue.
Questo studio ha dato nuovo impulso alla ricerca in tale ambito, tanto che negli ultimi anni si sono moltiplicati le indagini sulla bilirubina, che sembrerebbe essere correlata anche alla guarigione delle ferite.
In conclusione, la bilirubina potrebbe essere un potenziale fattore terapeutico, in grado di ritardare la progressione della patologia renale cronica e della fibrosi renale; ma, per essere validata, questa ipotesi necessita di ulteriori e nuovi approfondimenti.