Si sente sempre molto parlare di autismo o, meglio, di disturbi dello spettro autistico, perifrasi usata per comprendere tutte quelle situazioni appartenenti alla stessa sfera. Ma siamo sicuri di conoscere davvero tutto in merito a questa realtà? Perché se ne sente tanto parlare?
Le cifre non lasciano spazio a dubbi: l’autismo, negli anni Settanta, colpiva un bambino ogni 5.000. Un numero importante, ma esiguo, se si pensa che oggi né è affetto un bambino ogni 110.
Questa escalation preoccupante non riguarda solo il panorama italiano, ma anche quello internazionale. Da cosa dipende il vertiginoso aumento di casi?
Una diagnosi più precisa
Senz’altro, la maggior conoscenza del problema e le più affidabili diagnosi dei nostri tempi permettono di individuare anche tutte quelle situazioni per le quali, in passato, non si parlava di “autismo”, ma di altri disturbi che affliggono la mente.
Per fare il punto della situazione, è stato organizzato un convegno dedicato a “Risorse e vulnerabilità del soggetto autistico”. L’evento, patrocinato dall’Università La Sapienza, dall’Osservatorio Oisma e dall’Istituto di Ortofonologia (IdO), ha visto la partecipazione di moltissimi studiosi, tra cui Enrico Nonnis, neuropsichiatra infantile e direttore dell’Unità Complessa di Salute mentale dell’età evolutiva (Asl Roma 3), che ha parlato di “numeri inquietanti” in riferimento all’autismo. Nei maschi, poi, la percentuale aumenta: vi è infatti un’incidenza di 4 a 1 nei confronti del genere femminile.
Nonnis sottolinea come la diagnosi sia sempre più precoce: infatti, se prima questa avveniva tra i 3 e i 5 anni di vita, ora “si riesce a farla in maniera attendibile dai 18 mesi di vita”; il neuropsichiatra ha inoltre evidenziato come sia più corretto parlare di disturbi dello spettro autistico, perché ogni forma di autismo è differente dall’altra; ciò “permette di evidenziare una serie di situazioni molto diversificate tra loro”.
Anche le cause che danno origine all’autismo sono diverse tra loro e solo nel 25% dei casi se ne conosce il motivo che ne è alla base. L’autismo può avere livello grave, medio o lieve, ma è comunque una condizione che dura tutta la vita e che ha inizio durante lo sviluppo del feto. Ma da cosa si origina l’autismo?
Lo studio italiano sul DNA
È tutto italiano il recente studio che ha aiutato a individuare quella che viene definita una vera e propria “zampata” del DNA, responsabile del taglio nei ponti del cervello; tale meccanismo sarebbe il motore che innesca l’insorgere dell’autismo.
I ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IiT) di Rovereto e gli studiosi dell’Università di Pisa sono arrivati a queste nuove e sorprendenti conclusioni, mediante un nuovo sistema, che consente di comprendere quali siano le mutazioni genetiche riguardanti l’autismo e come queste agiscano su funzioni e struttura del cervello.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Brain, e finanziata dalla Simons Foundation for Autism Research Initiative, è stata eseguita con la collaborazione delle Università di Verona e di Torino, con il Laboratorio europeo di biologia molecolare di Monterotondo, con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Catanzaro e assieme al S. Anna Institute and Research in Advanced Neuro-Rehabilitation di Crotone.
Cosa succede nel cervello?
Per capire i meccanismi insiti nella materia grigia, è stato ricostruito un modello in 3D del cervello di 30 bambini aventi disturbi dello spettro autistico. Tutti presentavano la stessa mutazione genetica (delezione 16p11.2). La scoperta ha evidenziato come nel cervello dei piccoli la corteccia prefrontale non comunicasse a dovere con i due emisferi, portando alla sintomatologia tipica dell’autismo.
La mutazione è responsabile del ridotto interesse nelle relazioni sociali e dei problemi di comunicazione tipici dei soggetti autistici. Uno studio parallelo, effettuato su alcuni animali aventi la stessa mutazione genetica, ha mostrato che esiste una minima interazione tra quelle stesse aree corticali del cervello già problematiche nei bambini esaminati. Con questo studio concomitante, si è potuto mettere a fuoco nel dettaglio ogni difetto neuroanatomico riguardante la materia grigia dei ragazzi autistici.
Con le speranze promesse dalla medicina genetica, si guarda al futuro di questa malattia con nuova fiducia per una cura che, forse, un giorno, sarà realtà. Grazie a questa nuova e importantissima analisi, la ricerca potrà ripartire e investigare sempre meglio le anomalie genetiche che portano a quelle disfunzioni cerebrali responsabili delle sindromi dello spettro autistico.
In collaborazione con “Un Cuore per l’Autismo O.N.L.U.S.“.