Atresia delle vie biliari, una malattia sconosciuta ai pediatri

Maria Brigida Deleonardis | Blogger

Ultimo aggiornamento – 28 Luglio, 2010

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La vicenda ha inizio il 7/9/2001 giorno della nascita di mio figlio.

Quel giorno nacque mio figlio con un parto pretermine a 32 settimane, all’apparenza tutto era andato bene il bambino per precauzione fu posto in incubatrice per qualche ora.

Qualche giorno dopo mamma e bambino furono dimessi senza alcuna problematica, un leggero ittero ma nulla di preoccupante.

L’ittero doveva essere invece il campanello d’allarme soprattutto quando questo si prolungava dopo la prima settimana di vita. Portato in visita a diversi Pediatri tutti hanno formulato la medesima diagnosi: “Ittero prolungato, non vi preoccupate, i genitori sono sempre troppo apprensivi con il primo figlio!”.

Solo il celo ha voluto che oggi data in cui vi scrivo mio figlio stia “bene” e possa vivere una vita normale.

Una notte dell’ottobre del 2001 il bambino pianse di dolore per tutta la notte, esasperati decidemmo di portarlo all’ospedale SantoBono di Napoli qui ad una prima visita diagnosticarono una tensione testicolare che però si risolse spontaneamente da lì a qualche minuto.

In ospedale comunque gli fecero le analisi di routine e avendo a causa dell'”ittero prolungato” alcuni valori alterati decisero di fare un’ecografia, dall’esame emerse che il bambino non aveva le vie biliari e che quindi la bile prodotta dal Fegato non veniva scaricata nell’intestino e stava portando il fegato nello stato di cerrosi.

Fummo trasferiti d’urgenza al reparto di epatologia pediatrica del II Policlinico di Napoli dove dopo una serie di esami tra cui anche un’ago biopsia fu accertata la malattia: “Atrasia delle vie Biliari”.

Il medico allora ci informò su tutto l’iter per la cura, o meglio la medicazione che il bambino avrebbe dovuto subire.

Il fegato di mio figlio stava soffrendo e la malattia lo stava portando alla completa atrofizzazione dell’organo. All’epoca il bambino pesava poco più di 3 kg. e non era pensabili se non in casi estremi ad un trapianto. quindi la strada da percorrere era:

  1. Intervento di Kasai: intervento di anastomosi di un’ansa ileale alla porta hepatis (porzione centrale e ventrale del fegato) in caso di atresia delle vie biliari, allo scopo di creare una via di deflusso artificiale della bile dal fegato.
  2. Trapianto di Fegato

In pratica l’intervento di Kasai mira a collegare in maniera diretta il fegato con l’intestino utilizzando una parte dello stesso come condotto canalizzatore.

Questo tipo d’intervento porta ad una risoluzione del problema se si interviene nei primi 20/30gg. di vita, mio figlio era al mondo da quasi 40gg.

L’intervento fu eseguito il 19/11/2001 presso la struttura ospedaliera di Brescia, l’intervento tecnicamente riuscì perfettamente ma la malattia degenerativa del fegato era ormai ad uno stato avanzato che non risolse il problema.

Dimesso dall’ospedale i medici concordarono di portare mio figlio ad un peso ideale ed ad un’età tale che i rischi di un trapianto di fegato potessero essere sopportati.

Qui purtroppo inizia il calvario, che per onestà, non fu dipeso dalle strutture ospedaliere che ci ospitarono, ne dal personale sia esso medico o meno, ma parlo di calvario umano.

Il bambino fu sottoposto per i successivi 6 mesi a continue trasfusioni di plasma, globuli rossi, piastrine e flebo di albumina, con collassi delle vene e contini e ripetute ricerche di vie d’accesso compatibili con le diverse trasfusioni.

Oggi in alcuni ospedali adottano la terapia del “non-dolore” ovvero in pazienti con l’esigenza di continui prelievi o trasfusioni adottano un catetere centrale con accesso fisso.

Mio figlio per fortuna crebbe nei mesi successivi regolarmente ad Aprile il fegato collasso quasi del tutto costrigendo il bambino ad iterate trasfusioni e per tale motivo l’ospedale di Riuniti Bergamo all’epoca il maggior centro di epatotrapianti pediatrici acconsentì alla messa in lista con priorità A oggi anche il centro di Palermo sò essere molto quotato.

Il 9/6/2001 mio figlio fu trapiantato, oggi nonostante un “early cronic reject” (lieve rigetto cronico) svolge una vita pressocchè normale. Non so se un giorno dovrà essere risottoposto a trapianto ma confido nella scienza che magari troverà medicine o altro metodo perchè mio figlio possa essere curato e non sottoposto a ritrapianto.

Ho scritto questa storia per invitare i pediatri a non sottovalutare l’ittero, soprattutto senza analisi del sangue ed ai genitori di bambini con problemi del genere a vivere questa situazione con tranquillità, logicamente nei limiti del possibile, l’atrasia delle vie biliari è una malattia importante.

Oggi con tutta serenità guardando mio figlio di 8anni è un ometto e sono orgoglioso di lui, gioca a calcio con gli amici, pratica il nuoto e svolge una vita pressocchè normale.

Spero che la mia storia sia d’aiuto e non esitate a conttattarmi se ci sono cose particolari che volete conoscere.

Maria Brigida Deleonardis | Blogger
Scritto da Maria Brigida Deleonardis | Blogger

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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