Allattamento al seno: quanto conta davvero nella relazione mamma-bambino e come smettere (senza traumi!)

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Allattamento al seno

In collaborazione con sanita_informazione


A cura del  Comitato Scientifico AIDM.


Il latte materno rappresenta da sempre l’alimento migliore per il neonato, perché contiene tutti gli elementi nutritivi di cui il piccolo necessita.

Ma non ci sono solo benefici nutritivi. Vanno, infatti, ricordati anche gli effetti psicologici. A darci ulteriori indicazioni, le Specialiste di AIDM, Associazione Italiana Donne Medico. 

Quali sono gli effetti psicologici dell'allattamento sul bambino?

Il primo latte, prodotto già negli ultimi mesi di gravidanza e nei giorni seguenti al parto, è chiamato colostro. È particolarmente importante per il neonato perché ricco di proteine, sali minerali e soprattutto anticorpi. Verso il terzo - quarto giorno dopo la nascita, la produzione di latte aumenta molto e la sua composizione cambia via via nel tempo, adattandosi alle esigenze nutrizionali del neonato.

Tuttavia, l’allattamento al seno non ha solamente una importante valenza nutritiva, ma apporta benefici di salute sia alla madre sia al bambino; crea, inoltre, un rapporto molto intimo tra madre e neonato che dona a entrambi benessere. 

È, infatti, ormai ampiamente dimostrato che uno degli effetti psicologici fondamentali dell’allattamento al seno è quello di favorire e implementare il legame di attaccamento (bonding), cioè quella sensazione di sicurezza e protezione percepita dal bambino e di benessere nella madre: ogni volta che il bambino succhia al seno materno, si innalza il livello di ossitocina che ha un effetto rilassante sulla madre e che tende a potenziare il legame madre-figlio.

E altresì dimostrato che attraverso l’allattamento al seno si favorisce un corretto sviluppo affettivo e relazionale che condizionerà in maniera positiva lo sviluppo globale del bambino.

I bambini allattati al seno godono di un migliore benessere fisico e mentale rispetto a quelli allattati artificialmente e presentano migliore sviluppo neuro-cognitivo.

Uno studio relativamente recente (J.Pediatric 2010) che ha coinvolto 2900 coppie di madri-figli ha rilevato che all’allattamento al seno per un anno corrispondeva  una migliore salute mentale del bambino. Un effetto benefico che durava fino ai 14 anni di età del figlio. Dunque, un effetto positivo a lungo termine dell’allattamento, fino all’adolescenza.

Infine, le madri che allattano al seno acquisiscono maggiore fiducia in se stesse e hanno minore incidenza di depressione post partum.

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Come smettere di allattare "senza traumi" per il piccolo?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e le Società scientifiche Pediatriche consigliano l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi di vita e, integrato con i cibi solidi, almeno fino ai due anni, e oltre.

Studi antropologici dimostrano che il bambini messi nelle condizioni di “staccarsi” spontaneamente dal seno lo fanno intorno a 2/3 anni senza traumi, per la graduale minore richiesta di suzione e la minor produzione di latte.

Ma nel momento in cui si pensa di sospendere (precocemente) l’allattamento al seno è necessario pensarci, prendere tempo, capire le motivazioni che stanno dietro a questa decisione. E una volta presa questa decisione portarla avanti senza ripensamenti.

Per smettere di allattare "senza traumi" la sospensione deve essere graduale, per dare modo a madre e bambino di adattarsi e abituarsi a una diversa situazione: è opportuno togliere alcune poppate e, dopo qualche settimana, togliere definitivamente tutte le poppate. Questa gradualità permetterà una produzione via via minore di prolattina e, quindi, di latte.

Ancora:

  • Occorre distrarre il bambino, nel momento in cui cerca il seno, con l’offerta di altri cibi o con giochi, canzoncine, letture, passeggiate…
  • Coinvolgere il papà, soprattutto durante l’eliminazione delle poppate notturne. 
  • Non offrire il seno, se non c’è richiesta.
  • Non è raccomandato l’uso di farmaci per inibire la produzione di prolattina (“farmaci per mandare via il latte”), perché non privi di effetti collaterali: vertigini, cefalea, dolori addominali, e perché poco efficaci dopo i primi mesi.

In genere, nella maggior parte dei casi, con pazienza e tenacia, nel giro di qualche settimana si riuscirà a smettere di allattare “senza particolari traumi”.

Allattare sino a 3 anni: fa bene - da un punto di vista relazionale?  

Il Tavolo Tecnico Ministeriale interdisciplinare per l’Allattamento al seno sostiene che l’allattamento di lunga durata non interferisce negativamente sulla progressione della autonomia del bambino né sul benessere psicologico/psichiatrico della madre.

Risulta, al contrario, ben provato che l’allattamento al seno prolungato contribuisce al benessere cognitivo, emotivo, familiare e sociale del bambino.

Giova anche alla madre dal punto di vista psicologico/relazionale ed è, inoltre, un fattore di protezione per tumore del seno e dell’ovaio e per l’osteoporosi.

E ricordiamo ancora che anche l‘OMS suggerisce l’allattamento esclusivo per i primi 6 mesi e poi di continuare anche dopo lo svezzamento fino ai 2 anni e oltre.

In conclusione: ogni mamma deve sentirsi libera di prendere la decisione di allattare il proprio bambino fino ai 2-3 anni e oltre, perché i benefici dell’allattamento prolungato sono molteplici. Per il suo sviluppo cognitivo, il suo sistema immunitario, la struttura facciale e, soprattutto, il suo benessere psichico e relazionale.


Ringraziamo per l'intervista la dr.ssa Maria Cristina Mencoboni e la dr.ssa Silvana Capasso. 


FONTI: 

  • Ministero della salute: Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la Promozione dell’Allattamento al seno.
  • Epicentro: Raccomandazioni allattamento al seno.
  • Allattamento al seno: nuove linee guida dell’OMS e Unicef 2018.
  • Oddy WH. et al:The long-term effects of breastfeeding on child and adolescent mental health: pregnancy cohort study followed for 14 years.J.Pediatr. 2010.
  • Jean Liedloff: Il concetto del continuum.
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