Soffrire di flebite in gravidanza è una condizione piuttosto comune, ma perché le donne incinte hanno più probabilità di soffrire di questo disturbo e come fare per prevenirne la comparsa? Scopriamolo insieme.
Perché compare la flebite in gravidanza?
Durante la gravidanza la donna può andare facilmente incontro a cambiamenti fisiologici che possono coinvolgere il benessere delle vene e della circolazione sanguigna. Le alterazioni ormonali sono tra le responsabili dell'insorgenza delle patologie venose, le quali, a seconda della loro gravità, richiedono un trattamento differente.
La flebite comporta l'infiammazione delle pareti dei vasi sanguigni, ed è spesso causata da un trombo, il quale rende difficoltosa la normale circolazione del sangue. Nella maggior parte dei casi la flebite interessa gli arti inferiori e si distingue in superficiale (quando, cioè, riguarda le vene più a contatto con la pelle) e profonda.
La flebite determina l'infiammazione di una vena e, sebbene possa presentarsi anche in altri momenti della vita e negli uomini, è più comune nelle donne in gravidanza.
Proprio la gestazione, infatti, è considerata uno dei fattori di rischio principali per la comparsa della flebite, sia a causa delle modificazioni ormonali che sconvolgono l'equilibrio del corpo femminile, sia in relazione all'aumento di peso e a una circolazione sanguigna rallentata.
Tra i fattori di rischio che rendono molto più probabile soffrire di flebite in gravidanza vi sono:
- la maggior lentezza con la quale scorre il sangue nel corpo, causata dalle variazioni ormonali;
- la sedentarietà con la quale si affronta la gravidanza;
- la predisposizione genetica a soffrire di vasi dilatati e vene varicose, che viene aggravata dall'immobilismo tipico dell'ultima fase della gravidanza;
- la maggior facilità con la quale il sangue tende a coagularsi, che è un cambiamento fisiologico finalizzato a ridurre la perdita ematica durante il parto;
- il possibile danneggiamento delle vene durante il parto, che aumenta la possibilità di andare incontro a un coagulo;
- il sovrappeso.
Si stima che siano circa 2 donne su 1000 a manifestare i segnali di una tromboflebite durante la gravidanza e dopo il parto. Si tratta di una condizione da non trascurare che dovrebbe essere comunicata al medico in moda da essere adeguatamente trattata.
Esistono diverse opzioni terapeutiche che possono essere adottate per prevenire e curare uno stato di infiammazione venosa superficiale, prima che possa aggravarsi e trasformarsi in trombosi venosa profonda. Tra rischi della flebite in gravidanza vi è, infatti, proprio questo, ovvero la possibile formazione di trombi a livello venoso profondo, che si stima possa riguardare circa 0,5-1 soggetti su 1000.
I sintomi della flebite in gravidanza
La flebite in gravidanza dà luogo a una serie di manifestazioni fisiche che sono facili da riconoscere. Essa può infatti determinare la comparsa di:
- una vena che è diventata più dura del normale;
- rossore diffuso sulla zona interessata dalla flebite;
- sensazione di calore sull'area colpita da flebite;
- dolore e bruciore;
- gonfiore intorno alla vena.
Sebbene i sintomi possa apparire preoccupanti, in realtà la flebite superficiale non provoca conseguenze gravi e immediate. Si tratta però di una condizione da tenere monitorata e che va comunicata al proprio medico al fine di prevenirne il peggioramento.
Flebite in gravidanza: cosa fare?
Se si sospetta la presenza di una flebite in gravidanza, è opportuno contattare il proprio medico, il quale procederà ad effettuare un esame clinico ed eventualmente a sottoporre la gestante a un EcoColorDoppler venoso. Generalmente il trattamento della flebite superficiale in gravidanza è di tipo conservativo, ovvero è finalizzato a tenere sotto controllo l'infiammazione e a fare in modo che non si aggravi.
Occorre tenere presente, inoltre, che molto spesso le infiammazioni a livello venoso tendono a regredire spontaneamente non appena i livelli ormonali tornano alla condizione pre-gravidanza, ovvero dopo qualche settimana a seguito del parto. Se la gestante presenta una condizione di flebite, dovrebbe comunque sottoporsi a una valutazione medica e seguire le indicazioni terapeutiche ricevute.
Queste possono comprendere:
- l'utilizzo di calze elastiche a compressione graduata (il cui grado di compressione va valutato dal medico), in modo da facilitare il ritorno venoso ed evitare che la flebite si aggravi;
- massaggiare regolarmente gli arti inferiori con l'obiettivo di promuovere il drenaggio linfatico e diminuire, in questo modo, l'edema e la sensazione di avere le gambe pesanti;
- non improvvisare terapie farmacologiche (neppure ad uso topico) e chiedere sempre consiglio al proprio medico. Quest'ultimo potrà decidere se eventualmente prescrivere una cura a base di eparina a basso peso molecolare per prevenire la formazione di trombi.
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Cosa fare in caso di sospetta flebite
Se all'inizio della gravidanza la donna rientra nella categoria di soggetti a rischio trombosi e manifesta i primi segnali di una flebite in atto, è opportuno che il personale sanitario tenga attentamente monitorata la situazione. A questo proposito l'ostetrica potrà sottoporre la gestante a un questionario con l'intento di valutare il grado di rischio legato alla comparsa di trombi.
Tra i fattori che aumentano le possibilità di sviluppare la trombosi in gravidanza vi sono:
- l'aver già sofferto in passato di infiammazioni a livello venoso;
- essere soggette a trombofilia, ovvero ad un maggior rischio che il sangue si coaguli;
- soffrire di alcune patologie, come ad esempio il lupus, l'anemia falciforme e le patologie cardiache;
- fumare;
- avere più di 35 anni;
- essere in forte sovrappeso o soffrire di obesità;
- aver avuto già tre o più gravidanze in passato;
- aspettare dei gemelli;
- soffrire già di vene varicose.
Con il passare delle settimane l'ostetrica controllerà regolarmente lo stato della gestante, in modo da assicurarsi che la flebite non si evolva o non si aggravi. Il monitoraggio proseguirà anche fin dopo il parto, e dovrà essere posta particolare attenzione se la donna va incontro a:
- ricoveri ospedalieri che prevedono lo stare distese per lunghi periodi di tempo;
- il subire un'operazione chirurgica;
- sviluppare complicazioni durante la gravidanza (come ad esempio l'iperemesi gravidica) che causano disidratazione e, quindi, rendono il sangue meno fluido;
- soffrire di preeclampsia;
- affrontare un parto cesareo, un parto prematuro o un travaglio lungo e complicato;
- essere soggetta a emorragie durante il parto.
Il trattamento della flebite in gravidanza
Se il medico sospetta l'esistenza di una flebite in gravidanza, oltre all'EcoColorDoppler venoso, che rappresenta sempre il primo esame diagnostico di riferimento, è possibile effettuare anche una TAC o una risonanza magnetica. In caso di trombi, ovvero di accumuli che creano un ostacolo per il passaggio del sangue, la gestante può essere trattata con eparina, sebbene le formazioni superficiali possano essere gestite anche con rimedi naturali.
I trombi di lieve entità, oltre a risolversi spontaneamente adottando uno stile di vita corretto, possono infatti essere curati con impacchi caldi e farmaci analgesici, se il medico lo riterrà opportuno. Altre buone pratiche che possono essere seguite per prevenire e limitare l'insorgenza di trombi e flebiti sono poi:
- camminare e limitare la sedentarietà;
- bere molta acqua;
- massaggiare le gambe per stimolare il drenaggio;
- mantenere le gambe sollevate;
- utilizzare scarpe comode;
- prestare attenzione a non accumulare troppo peso;
- utilizzare le calze a compressione graduata.
In presenza di trombi profondi, questi devono essere trattati mediante l'assunzione di una terapia con anticoagulanti (come l'eparina a basso peso molecolare) sia prima che dopo il parto. Una volta nato il bambino, il medico potrà prescrivere l'assunzione del Warfarin in sostituzione dell'eparina per alcune settimane.