Bambini che non parlano: quali sono le cause e cosa fare

Anna Nascimben | Editor

Ultimo aggiornamento – 05 Gennaio, 2023

Scopriamo come comportarsi con i bambini che non parlano

Molti genitori sono preoccupati dall'avere dei bambini che non parlano, ma quando questo fenomeno rientra nella normalità e quando, invece, è il caso si correre ai ripari? Da cosa dipende il ritardo nel linguaggio dell'età infantile e quali sono le soluzioni da mettere in pratica per aiutare il proprio figlio ad esprimersi verbalmente? Vediamolo insieme.

Perché ci sono bambini che non parlano?

Molto spesso i genitori contattano il pediatra affermando "mio figlio non parla", tuttavia occorre distinguere se questo ipotetico ritardo nel linguaggio verbale rientra in una situazione di normalità o se, invece, esso è effettivamente la spia di problematiche più gravi che riguardano lo sviluppo del bimbo. In genere le prime parole vengono pronunciate dai bambini intorno ai 12-20 mesi di età, tuttavia questa indicazione temporale è estremamente variabile in quanto spesso ci sono piccoli che cominciano a parlare più tardi, pur non manifestando nessuna problematica.

In linea generale, ad un anno e mezzo i bambini riescono già a capire molte parole e, sebbene siano in grado di pronunciare solo pochi termini ("mamma", "papà", "pappa") in realtà comprendono frasi e concetti complessi e sono in grado di esprimersi attraverso la comunicazione non verbale. Verso i due anni il linguaggio si evolve ancora: i piccoli hanno un bagaglio di circa 50 parole e, intorno ai due anni e mezzo, essi iniziano a formare delle parole composte. Esistono, tuttavia, molti casi di bambini che non seguono questo percorso evolutivo e si caratterizzano per un ritardo nell'espressione verbale.

Se un bambino a 20 mesi non parla ancora ma comprende quello che gli si dice e si fa capire con i gesti o con dei vocalizzi che somigliano al linguaggio, non vi è ragione di preoccuparsi: può essere, infatti, che egli sia solamente un cosiddetto "parlatore tardivo", ovvero un bimbo che, pur non avendo assolutamente nessun ritardo dello sviluppo cerebrale, è semplicemente un po' pigro nel comunicare. Molti piccoli, ad esempio, una volta arrivati a 24-36 mesi, danno il via al linguaggio in modo naturale, diventando poi dei gran parlatori. Per essere definiti dei "parlatori tardivi", bisogna che siano presenti queste caratteristiche:

  • vocabolario inferiore ad 8-10 parole intorno ai 24 mesi;
  • vocabolario inferiore a 50 parole intorno ai 30 mesi;
  • assenza di combinazione fonetica di almeno due parole verso i 30 mesi.

In una percentuale che si attesta intorno al 30%, però, questo ritardo del linguaggio persiste anche oltre i 36 mesi: in questo caso un bambino che non parla ancora a tre anni, oppure che parla male o che manifesta delle evidenti lacune nell'espressione verbale, può andare incontro a delle difficoltà future. Sembra, infatti, che le complicazioni che persistono anche oltre i 36 mesi possano influenzare negativamente il processo di apprendimento della scrittura e della lettura.

Le cause del ritardo del linguaggio

Bambini che non parlano: le cause

Quali sono le cause principali che portano alcuni bambini a sviluppare un ritardo del linguaggio? A volte esso subentra in quanto il piccolo è impegnato ad evolvere le proprie capacità motorie: in questo caso basta aspettare che lo sviluppo maturi in tutte le differenti aree per assistere un veloce recupero dell'abilità verbale; in altri casi, tuttavia, se un bambino non parla a 2 anni, occorre accertare che non siano presenti nelle cause secondarie (come ad esempio dei problemi uditivi, delle sindromi genetiche o delle malformazioni dell’apparato fonoarticolatorio) che hanno come conseguenza quella di arrestare l'apprendimento del linguaggio.

In altre situazioni, tuttavia, può subentrare un vero e proprio disturbo primario del linguaggio, che va tempestivamente riconosciuto e indagato. I bambini, infatti, sono naturalmente predisposti ad imparare a parlare e se ciò non avviene nei tempi massimi può essere la spia di una problematica più grave che va analizzata da un medico specialista.

Cosa fare se un bambino a 3 anni non parla

L'età dei tre anni è considerata un po' come una sorta di spartiacque: se un bambino non parla a due anni, ma si fa capire e si sa esprimere in altri modi, è considerato ancora un fenomeno fisiologico, a 36 mesi è necessario che sia sopraggiunta la capacità di utilizzare il linguaggio verbale. Se così non fosse, è necessario contattare un esperto per indagare ed escludere eventuali anomalie dello sviluppo.

In genere è il pediatra, in occasione dei bilanci di salute, ad accorgersi di eventuali problematiche nello sviluppo del linguaggio. Egli potrà consigliare una visita dal medico foniatra, ovvero il professionista specializzato nell'espressione verbale, o dal neuropsichiatra infantile, il quale saprà individuare la presenza di ritardi oppure di problematiche del comportamento.

Oltre a una valutazione specialistica cosa possono fare i genitori in presenza di un bimbo che parla male o addirittura non si esprime in nessun modo anche dopo i 36 mesi?

  • leggere insieme. La lettura è fondamentale per stimolare lo sviluppo del linguaggio verbale. Il bimbo, infatti, osservando i movimenti delle labbra e della bocca dell'adulto, sarà stimolato a ripeterli.
  • sperimentare nuove attività. Per favorire uno sviluppo armonico di tutti e cinque i sensi, si può coinvolgere il bambino in diverse attività. Manipolare gli oggetti, ascoltare la musica, immergersi nell'acqua e prestare attenzione all'effetto che tutto ciò ha sul corpo è un modo per aiutare ad esprimersi.
  • coinvolgere il bambino nella comunicazione, chiedendo sempre la sua opinione e dandogli modo di manifestare i propri desideri.
  • non ignorarlo se non parla. Fare finta di non capire quando il bimbo si esprime a gesti solo perché si vuole stimolarlo a parlare può condurre al risultato opposto, provocando nel piccolo un pericoloso senso di frustrazione e di inadeguatezza.
  • parlargli molto e, anche se non risponde, continuare a includerlo nei discorsi.
  • fargli frequentare bambini coetanei ed esporlo a frequenti occasioni di gioco.

Ritardo nel linguaggio: quando è il caso di preoccuparsi

Non sempre un ritardo nella capacità verbale è indice di problematiche dello sviluppo, tuttavia se un bambino non parla a 3 anni occorre sempre correre ai ripari. Già verso i due anni e mezzo, se si notano delle alterazioni dell'espressione verbale, si può prestare attenzione a questi campanelli d'allarme:

  • il bambino non utilizza il contatto visivo per esprimere richieste non verbali o per comunicare
  • non esprime curiosità per quello che gli accade intorno
  • la sua attenzione non viene richiamata da rumori o suoni improvvisi
  • non utilizza i gesti per farsi capire
  • non esegue delle richieste (anche molto semplici) e sembra non comprendere cosa sta accadendo intorno a lui
  • non risponde se viene chiamato per nome

Esistono, poi, altri segnali da tenere in considerazione che, sebbene non costituiscano di per sé la sicurezza di una problematica del linguaggio, possono influenzare questa abilità:

  • lallazione tardiva
  • famigliarità con disturbi del linguaggio
  • presenza di patologie o di complicazioni durante i primi mesi di vita
  • frequenti otiti
  • imitazione verbale molto ridotta se non addirittura assente
  • presenza di abitudini viziate (ad esempio, succhiare il pollice o il ciuccio per un periodo prolungato di tempo)

Cosa fare se un bambino a 4 anni non parla

Secondo gli esperti, è probabile che se intorno ai 31 mesi il bambino non produce nessuna combinazione di parole, il ritardo si protragga anche dopo i tre anni. Alcuni bimbi risolvono il rallentamento della capacità verbale verso i 4- 5 anni, tuttavia se quest'ultima dovesse ancora essere presente a questa età si parla di "disturbo specifico di linguaggio” (DSL). Per arrivare a questa diagnosi il medico sottopone il bambino a dei test, utili per verificare la natura del disagio e per verificare il grado di comprensione della lingua e la sua capacità nel farsi capire attraverso la comunicazione non verbale.

Questi esami sono fondamentali per analizzare lo sviluppo cognitivo e motorio infantile e per escludere o meno la possibilità che il ritardo linguistico sia parte di un ritardo dello sviluppo più esteso; inoltre, essi attestano la presenza di un eventuale deficit uditivo (o di qualunque altra complicazione fisica) e di un possibile disturbo del linguaggio di origine emotiva, magari legato a un forte trauma vissuto nel passato.

Anna Nascimben | Editor
Scritto da Anna Nascimben | Editor

Con una formazione in Storia dell'Arte e un successivo approfondimento nello studio del Digital Marketing, mi occupo da anni di creare contenuti web. In passato ho collaborato con diversi magazine online scrivendo soprattutto di sport, vita outdoor e alimentazione, tuttavia nel corso del tempo ho sviluppato sempre più attenzione nei confronti di temi come il benessere mentale e la crescita interiore.

a cura di Dr. Giuseppe Pingitore
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