Cefazil è indicato nel trattamento delle infezioni delle vie respiratorie, del tratto genito–urinario, della cute e dei tessuti molli, delle ossa e delle articolazioni; è inoltre indicato nelle setticemie ed endocarditi.
Le dosi giornaliere di Cefazil variano a seconda della gravità della malattia e sono comprese tra 1 e 3 grammi negli adulti e tra 20 e 50 mg/kg di peso corporeo nell’impiego pediatrico. Per via intramuscolare il prodotto può essere somministrato ogni 12 ore, però in casi gravi è preferibile ripartire la dose giornaliera in 3 o 4 somministrazioni. Il liofilizzato contenuto nel flacone va sciolto estemporaneamente con la fiala solvente fornita, che deve essere impiegata esclusivamente per iniezione intramuscolare. Somministrazione endovenosa – Se, per terapia d’attacco ed in casi gravi, viene impiegato il Cefazil in fleboclisi o comunque per iniezione endovenosa lenta, il liofilizzato dei flaconi va sciolto estemporaneamente non col solvente accluso, ma in acqua distillata, soluzione fisiologica o soluzione glucosata. In pazienti con insufficienza renale le dosi vanno aggiustate in funzione del grado di compromissione (vedi lo schema seguente)
Le cefalosporine vanno impiegate con cautela nei soggetti allergici alle penicilline. Sia a livello clinico che di laboratorio vi è evidenza di parziale allergenicità crociata fra penicilline e cefalosporine e, per quanto rari, sono stati segnalati casi di pazienti che hanno presentato reazioni ad entrambi i farmaci, talora anche di tipo anafilattico specie dopo somministrazione parenterale. In caso di marcata insufficienza renale, la posologia delle cefalosporine deve essere opportunamente ridotta sulla base dei risultati delle prove di funzionalità renale. L’uso prolungato dell’antibiotico può favorire lo sviluppo di microorganismi non sensibili. In tale evenienza adottare le opportune misure. Tenere il medicinale fuori dalla portata dei bambini.
L’eventuale uso contemporaneo o ravvicinato di altri farmaci nefrotossici (kanamicina, streptomicina, colistina, viomicina, polimixina, neomicina, gentamicina, ecc.) aumenta la tossicità renale, e la funzione del rene va assiduamente controllata La somministrazione delle cefalosporine può interferire con i risultati di alcune prove di laboratorio, causando pseudopositività della glicosuria con i medoti di Benedict, Fehling e "Clinitest", ma non con i metodi enzimatici. Positività del test di Coombs diretto, talora false, sono state segnalate in corso di trattamento con cefalosporine.
Le reazioni indesiderabili da cefalosporine sono per lo più limitate a disturbi gastrointestinali e, occasionalmente, a fenomeni di ipersensibilità. La frequenza della comparsa di questi ultimi è maggiore negli individui nei quali, in precedenza, si siano verificate reazioni di ipersensibilità verso farmaci e sostanze varie ed in quelli con precedenti anamnestici di allergia, asma, febbre da fieno, orticaria, ecc. Complessivamente, in corso o a seguito di trattamento con cefalosporine, sono state segnalate le seguenti reazioni secondarie: glossite, nausea, vomito, pirosi gastrica, dolori addominali, diarrea; più raramente eruzioni cutanee, prurito, orticaria, artralgia. Occasionalmente sono state riferite variazioni, di solito transitorie o reversibili, di alcuni parametri clinici e di laboratorio come eosinofilia, leucopenia, neutropenia, aumento delle transaminasi sieriche, della bilirubinemia totale e dell’azotemia. Sono stati segnalati casi di anemia emolitica in seguito a trattamento con cefalosporine. Altre reazioni riferite sono state vertigini, senso di costrizione toracica, vaginite da Candida in rapporto, quest’ultima, con lo sviluppo di microorganismi non sensibili. Questi fenomeni collaterali richiedono l’adozione delle necessarie misure terapeutiche e l’attenta considerazione del medico che, se del caso, deciderà sull’opportunità di interrompere il trattamento.
Nelle donne in stato di gravidanza e nella primissima infanzia il prodotto va somministrato solo nei casi di effettiva necessità, sotto il diretto controllo del medico.
L’uso prolungato dell’antibiotico può favorire lo sviluppo di microorganismi non sensibili; in tali casi occorre interrompere la terapia e sottoporre il paziente alle opportune misure da parte del medico.
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