Il fenomeno dell'emigrazione italiana è in costante aumento: un rapporto ISTAT pubblicato a luglio 2024 mostra che alla fine del 2022 si contano quasi sei milioni gli italiani che risiedono stabilmente all'estero, con un incremento di oltre 97mila unità rispetto all'anno precedente.
Trasferirsi in un altro paese, soprattutto se si esce dall'Europa, però, comporta molte responsabilità e la necessità di informarsi il più possibile su tutti gli aspetti da considerare che riguardano la vita all'estero.
La salute mentale, specialmente durante il periodo inziale, potrebbe risentirne, poiché si è da soli in un contesto nuovo in cui ogni decisione da prendere è importante, con il bagaglio pesante anche delle aspettative personali e della propria famiglia.
Approfondiamo l'argomento con Anthea Mattioli (nota sui social, soprattutto su TikTok, come @anthea.mattioli), expat italiana in Canada che si occupa di immigrazione, aiutando coloro che vogliono trasferirsi all'estero per motivi di studio o di lavoro a destreggiarsi nella burocrazia necessaria, e content creator.
Anthea, raccontaci chi sei e quale tipologia di contenuto porti sui social
Mi chiamo Anthea, sono umbra e nel 2017 sono partita alla scoperta del mondo. Ero curiosa di sapere cosa ci fosse al di là del posto conosciuto come “ casa”.
Ho vissuto in Australia, Inghilterra e ora mi trovo a Vancouver, in Canada, e attualmente mi occupo di immigrazione: la burocrazia canadese, infatti, è molto complessa, non è facile districarsi; figure come i consulenti d’immigrazione possono aiutare a facilitare il processo accompagnando passo dopo passo chi vuole trasferirsi.
Nei miei canali social porto contenuti inerenti alla vita canadese e gli argomenti sono vari: curiosità, assurdità e stranezze di questa terra dall’altra parte del mondo ma anche l’aspetto legato alla burocrazia, nonché come richiedere i visti e i documenti necessari, come creare un curriculum, come trovare lavoro e tante altre piccole informazioni utili per chi vorrebbe fare un percorso come il mio.
Gli expat hanno una doppia vita: una nella città natale, l’altra nella quotidianità. Tu come sei riuscita a gestire questa situazione?
Forse sarò una expat atipica ma la nostalgia di casa per me non è stata mai così grande da farmi tornare sui miei passi.
Indubbiamente mi mancano i miei affetti nella città natale, la mia famiglia, i miei amici e parenti, ma questo non mi ha mai fermata.
Sono molto legata ai miei genitori: mia mamma la sento quasi ogni giorno, le ho fatto conoscere i miei amici qui tramite videochiamata, le ho fatto vedere in diretta dove abito, il mio quartiere, dove lavoro e i posti che frequento.
La sento molto vicino a me e ho la fortuna di avere due genitori che mi hanno sempre supportata e non mi hanno mai fatto sentire sbagliata; siamo sempre in contatto, tra videochiamate, audio e foto sento come se condividessero a pieno questa esperienza con me.
Mi hanno sempre sostenuta e apprezzo infinitamente il loro appoggio, perché senza la loro vicinanza emotiva non ce l’avrei mai fatta.
Sono una parte fondamentale della mia vita e per questo, nonostante gli 8000 km di distanza, li sento "lontani, ma vicini”.
Coltivare le amicizie in età adulta è spesso una sfida: è stato difficile costruirsi una cerchia di amici in Canada e mantenere le amicizie che avevi già?
Per me è stato piuttosto facile, perché per il lavoro che faccio sono costantemente contattata da italiani che arrivano a Vancouver e cercano un aiuto non solo per come trovare casa o lavoro ma anche per conoscere nuove persone.
Infatti da qui è nata l’idea di organizzare dei meetup mensili dove gli italiani possono incontrarsi creando così la prima rete di contatti e conoscenze.
Aiutiamo i nuovi arrivati con dritte su dove cercare lavoro, come muoversi nella città, dove mangiare, dove acquistare prodotti e tanto altro.
Inoltre ho frequentato un college in Canada per due anni e ho avuto la fortuna di fare amicizia.
Amo stare tra i miei connazionali ma anche uscire con i local e tanti altri expat che si trovano a Vancouver: in questo modo conosci persone da ogni parte del globo, basti pensare che il 40% della popolazione di questa città è composta da immigrati.
Per quanto riguarda le amicizie in Italia, con gli anni è avvenuta una selezione naturale: i veri amici, quelli fidati, sono rimasti volentieri in contatto, li sento molto spesso e ogni volta che torno in Italia in vacanza è come se non fossi mai partita; tanti altri con il tempo sono andati avanti con le loro vite e li ho persi di vista.
Decidere di vivere all’estero è una scelta complessa: dal punto di vista psicologico per te quanto è stata impegnativa?
A mio parere sono diversi i lati negativi del vivere all'estero, in primis la solitudine, che si percepisce molto di più durante le festività, quando sai che tutta la tua famiglia si riunirà per Natale, Pasqua, per una nuova nascita, un matrimonio, un qualsiasi evento della vita al quale purtroppo non potrai essere presente.
È molto difficile gestire anche le preoccupazioni che derivano dal cambiamento, specialmente i primi mesi quando si è sotto pressione a causa di questo grande mutamento.
Fino a quando non trovi un alloggio adeguato e un lavoro per pagare le spese iniziali sei sottoposto a una condizione di frustrazione perenne che diventa sempre più grande: hai il terrore di finire i risparmi, di non riuscire a soddisfare le tue aspettative, di non ambientarti, ti senti inadeguato e fuori posto.
Infine, ovviamente, subentra spesso la paura di non farcela: le prime settimane sono le più dure, specialmente per chi affronta questa esperienza da solo, senza un partner o un amico.
Bisogna darsi il tempo per adattarsi, per imparare a vivere in una realtà così diversa dalla nostra, ed è fondamentale trovare un equilibrio tra vita e lavoro.
Infatti, è importante sottolineare che andiamo all’estero per nuove opportunità, scoprire una nuova realtà, studiare o avere una carriera lavorativa migliore, nonché per imparare la lingua, migliorare il nostro status, ma non si vive solo per lavorare: quando ci trasferiamo cerchiamo una qualità di vita migliore ed è molto importante a livello psicologico preservare la propria pace interiore.
Guardandoti indietro quali sono i tre consigli che daresti a una persona che si è appena trasferita all’estero?
Non tutti hanno la grinta, l’intraprendenza e la forza di fare un salto del genere, solo l'essere riusciti a fare questo passo è già di per sé una vittoria: tutti abbiamo paura di fallire, di non farcela, di sbagliare e di non essere capiti ma l’importante è continuare a percorrere la strada che abbiamo scelto.
Arriveranno i momenti difficili, si avrà nostalgia della famiglia, degli affetti, della quotidianità, e per questo il mio consiglio è di costruirsi fin da subito una nuova routine, circondarsi di nuovi amici e creare nuove abitudini così da non sentire troppo il peso della lontananza da casa.
Inoltre, quando si va all’estero si tende a rimanere nella comunità italiana, molto spesso per la paura di non parlare abbastanza bene la lingua del posto.
Di conseguenza, un po’ per timidezza un po’ per comodità, non si esce del tutto dalla zona comfort e così ci si chiude nella cerchia dei proprio connazionali.
Il mio suggerimento è quello di non limitarsi alla propria bolla e di scoprire nuove culture, tradizioni, usi, costumi, in modo anche da imparare molto prima la lingua del posto.
Anche fruire di podcast, libri, blog e profili sulle varie piattaforme con storie di italiani all’estero che ce l'hanno fatta sarà d'aiuto per superare le difficoltà.
Non è mai facile, nessuno ha avuto la strada spianata e le difficoltà sono tante, specialmente all’inizio; sentire e vedere che qualcuno ha avuto le stesse perplessità e problematiche, però, sarà importante per farsi coraggio e andare avanti.