Cosa significa essere affetti da disordine patologico e come si manifesta questo disturbo? Qual è la differenza tra un fisiologico disordine e una vera e propria malattia?
Approfondiamo questo argomento.
Come capire se si è affetti da disordine patologico
Si precisa fin d’ora che all’interno di nessun manuale diagnostico è presente la dicitura “disordine patologico”, e che si tratta invece di un’espressione utilizzata nel linguaggio comune. Le etichette diagnostiche più affini hanno a che fare con la disposofobia, nota anche come disturbo da accumulo, hoarding disorder o sillogomania.
La tendenza all'ordine o al disordine è un aspetto della personalità che può rivelare informazioni utili su un individuo. La maggior parte delle persone oscilla tra questi due poli senza che a prevalere sia un elemento sull'altro, ed è in grado, cioè, di mantenere un equilibrio tra i due estremi.
Può essere quindi che vi sia una naturale predisposizione ad essere più o meno disordinati, ma che questa non si polarizzi mai fino a diventare un problema, mantenendo il soggetto al riparo dalla rigidità della fissazione.
Secondo alcuni studi, sembrerebbe che chi è disordinato sia anche maggiormente flessibile e creativo, e che sia anche dotato di maggior spirito di adattamento nei confronti dei cambiamenti della vita.
Anche le persone ordinate, tuttavia, mostrano una certa dose di spirito creativo, a patto che la loro tendenza ad organizzare lo spazio non sfoci in comportamenti eccessivamente impostati e schematici.
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Esiste poi una sostanziale differenza tra chi manifesta un cosiddetto "disordine patologico" e chi, invece, vive in un ambiente meno ordinato ma comunque dotato di senso logico.
Nel primo caso il disordine è sciatto, confuso e l'individuo non sa individuare dove siano le sue cose, mentre nel secondo un'organizzazione spaziale meno ordinata lascia maggior spazio alla libertà espressiva e all'improvvisazione, fermo restando che il soggetto sa benissimo ritrovare ciò che gli serve al momento opportuno. In alcuni casi l'eccesso di disordine può anche essere il sintomo di una difficoltà a livello psicologico.
Ordine o disordine patologico?
Pur senza scivolare pienamente nell'ambito patologico, un certo tipo di disordine può in molti casi essere la spia di una situazione di disagiopsicologico.
L'altra faccia della medaglia, altrettanto problematica, è rappresentata dall'ordine compulsivo, che caratterizza gli individui che non sopportano neppure un oggetto fuori posto.
In questo caso la ricerca ossessiva dell'ordine (solo talvolta abbinata alla pulizia) può esprimere l'inconscio desiderio di anestetizzare i possibili momenti di crisi o le difficoltà; tenendo maniacalmente sotto controllo lo spazio, la persona ha l'impressione di poter controllare anche gli eventi interni e, quindi, cerca inconsciamente di mettersi al riparo dalla sofferenza o dall'imprevedibilità.
I rituali di ordine e pulizia diventano un modo per sottrarsi alla complessità della vita e, se portati all'estremo, rappresentano una forma di compulsione che merita di essere approfondita con l'aiuto di uno psicoterapeuta. All'estremo opposto vi è il disordine patologico, che si può manifestare in alcuni casi con la tendenza all'accumulo, altrettanto problematica per chi ne soffre.
Quando il disordine patologico diventa un disturbo?
Quando il disordine patologico assume la forma dell'accumulo compulsivo prende il nome di disposofobia (o Hoarding Disorder).
Chi ne soffre manifesta una difficoltà a liberarsi degli oggetti, anche quando questi sono rotti, inutili o non hanno nessun valore, né economico, né affettivo. Le persone disposofobiche accumulano un gran numero di cose nell'ambiente dove vivono e, nei casi più gravi, finiscono per esserne sommerse.
Nel momento in cui si chiede ai soggetti disposofobici di fare ordine e di buttare quello che, per la maggior parte della gente, è solamente spazzatura, essi provano una forte angoscia, tale da rendergli impossibile separarsi dal materiale che li circonda.
In alcuni casi i primisintomi della disposofobia compaiono fin dall'adolescenza; tuttavia, il disturbo si manifesta con più probabilità in età adulta.
Si stima che ne soffra circa il 2%- 6% della popolazione e per individuare la presenza della patologia, l'Institute for Challenging Disorganization americano ha messo a punto una scala da utilizzare come riferimento.
Sono previsti cinque livelli di gravità, articolati in questo modo:
- livello 1. Il soggetto è solo leggermente disordinato, in casa non vi è particolare ingombro e l'ambiente domestico viene mantenuto pulito;
- livello 2. Si comincia a notare un lieve accumulo in prossimità delle porte o delle scale, il disordine impedisce di utilizzare una stanza o un oggetto (ad esempio un tavolo o un divano);
- livello 3- 4. Gli spazi domestici non sono più utilizzabili a causa dell'accumulo di oggetti;
- livello 5. Si arriva al punto di trovare spazzatura o escrementi dentro le mura domestiche.
A differenza dei collezionisti, chi soffre di disposofobia accumula oggetti in modo disorganizzato e non si separa neppure da cose di scarso valore.
Il disordine interferisce con le attività quotidiane, oltre a rendere impossibile sfruttare le suppellettili domestiche e gli ambienti, e spesso compare in concomitanza con una depressione, con disturbi dell'umore o con forme d'ansia e fobia sociale.
Qual è il trattamento per il disordine patologico?
Il trattamento per il disordine patologico dipende essenzialmente dalla sua entità. Nei casi meno gravi, il soggetto riesce a praticare il cosiddetto "decluttering" in modo autonomo, partendo inizialmente dagli oggetti che non hanno un ruolo affettivo.
Il fatto di donare a chi ne ha bisogno (invece di buttare via) è in grado di convincere alcuni a disfarsi delle cose che non vengono più utilizzate.
Altro principio da seguire nel trattamento di questi soggetti è quello della gradualità. È inutile, infatti, spingere una persona molto disordinata a fare improvvisamente ordine in tutta la casa: meglio iniziare da una singola stanza, per poi proseguire.
Per quanto riguarda il trattamento della disposofobia, invece, esso non può prescindere da un supporto di tipo terapeutico. Solamente uno psicologo potrà effettuare la diagnosi per questo disturbo e suggerire la cura più adatta.
Il trattamento d’elezione è la psicoterapia (alcuni trattamenti utili sono la terapia breve strategica e la terapia cognitivo-comportamentale). In alcuni casi si può fare ricorso alla terapia farmacologica (es. antidepressivi, stabilizzatori dell’umore).