Autocompassione o self-compassion: ecco cos'è e come praticarla

Anna Nascimben | Editor

Ultimo aggiornamento – 15 Ottobre, 2024

Ragazza che scrive e riflette

Che cos'è la self compassion anche detta autocompassione, e a cosa serve? Quali sono i suoi elementi fondativi e perché può essere utile per il nostro benessere mentale? Scopriamo di più su quest’abilità.

Che cos'è l'autocompassione, o self compassion?

Con il termine autocompassione, o self compassion, s’intende la capacità di provare amore, gentilezza e compassione, nei confronti di sé.

Il concetto, già noto all’interno delle tradizioni buddhista e induista, è stato reso noto, tra gli altri autori, dalla psicologa e ricercatrice americana Kristin Neff, la quale, con il suo libro intitolato Self-Compassion: The Proven Power of Being Kind to Yourself (2011), ha contribuito a rendere popolare la cosiddetta self-compassion therapy.

L’autrice faceva riferimento a tale concetto già nel 2003, anno di pubblicazione di uno strumento psicometrico finalizzato a valutare i livelli di self-compassion.

Kristin Neff, già professoressa presso l'Università del Texas, ha svolto numerosi studi circa l'efficacia dell'autocompassione nel miglioramento del benessere mentale, e ha fatto conoscere a un vasto pubblico questo importante concetto, particolarmente utile nel trattamento di alcune problematiche psicologiche tra cui l'ansia, lo stress e il senso di colpa.

L'autocompassione non è un concetto nuovo in psicologia, dal momento che essa veniva già utilizzata all’interno di altri modelli psicoterapici cognitivo-comportamentali di terza generazione, quali ad esempio la Compassion Focused Therapy e l'Acceptance and Commitment Therapy.


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Quali sono, dunque, gli elementi chiave di questa particolare forma di terapia psicologica e qual è il suo focus principale?

L'autocompassione ha come obiettivo quello di ampliare la compassione che il soggetto prova verso sé stesso, cercando di lenire il senso di inadeguatezza o di fallimento che molte persone dichiarano di provare.

Secondo Neff, la selfcompassion è un costrutto che si struttura su tre componenti: la gentilezza verso sé stessi, la mindfulness (consapevolezza e accettazione) e l’esperienza umana universale (common humanity).

Il primo elemento implica la capacità di riconoscere e accogliere con calore il proprio dolore e l’emozionalità negativa, anziché ignorarli o contrastarli; il secondo concetto, quello di mindfulness (intesa come consapevolezza e accettazione), si rifà a  una visione equilibrata del proprio vissuto, in modo che esso, oltre che rimosso, non venga neppure enfatizzato in modo eccessivo; infine, il concetto di esperienza umana universale richiede al soggetto di prendere coscienza che anche tutti gli altri esseri umani sono soggetti al dolore e al fallimento, pertanto anche le esperienze meno piacevoli fanno comunque parte di un bagaglio condiviso da tutti.

Chi pratica l'autocompassione è gentile con sé stesso e con gli altri, dal momento che riconosce che tutti soffrono o hanno sofferto, e che il dolore è parte integrante dell'esistenza umana.

Lungi dal praticare forme di autocompatimento, la self-compassion mira a prendersi cura delle proprie emozioni con occhio neutro, senza scadere nell’autocritica.

Com’è strutturata la Self-Compassion Therapy

Come funziona esattamente l'autocompassione in ambito psicologico e cosa prevede? La dottoressa Neff ha elaborato una scala di valori, denominata Self-compassion Scale (2003), che si pone come un percorso per individuare qual è il proprio atteggiamento nei confronti del dolore, delle difficoltà o dei sentimenti negativi.

La Self-Compassion Scale è un vero e proprio strumento di valutazione messo a punto per misurare i livelli di: gentilezza verso di sé e di critica nei confronti di sé e dell’altro, nonché il livello di consapevolezza che l’individuo possiede rispetto alle proprie esperienze.

All’interno della Self-Compassion Therapy risulta di centrale importanza lavorare su un doppio binario: da un lato evitando di sopprimere la propria sofferenza; dall’altro, imparando a non crogiolarsi nel dolore.

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Risulta utile, invece, percepirsi parte di un'umanità accomunata dall'esperienza del dolore, senza necessariamente percepirsi come soli e incompresi. Aumentare la propria consapevolezza significa anche ridurre il rimuginio che spesso accompagna i momenti difficili della vita e aiuta ad aprirsi agli altri.

L'autocompassione può essere accompagnata da pratiche di mindfulness, così da concentrarsi sul presente e cercando di abbandonare ogni giudizio verso sé stessi, per coltivare uno spazio di gentilezza dentro di sé e non vivere costantemente con l'idea di essere sbagliati.

Perché praticare l'autocompassione?

Praticare l'autocompassione aiuta a migliorare il proprio benessere mentale e a sentirsi più soddisfatti della propria vita.

Questa tecnica incrementa il livello di equilibrio, ottimismo e resilienza emotiva, andando di contro a diminuire il rimuginio, l'autocritica e l'eccessivo giudizio nei confronti di sé stessi.

Tra i risvolti positivi legati alla self-compassion vi sono:

  • un aumento dell'autostima, col miglioramento di problematiche quali una distorta percezione del proprio corpo, i disturbi alimentari o una tendenza al perfezionismo;
  • un incremento della gentilezza verso sé stessi;
  • un miglioramento della capacità di superare i momenti difficili;
  • risposte emotive più equilibrate e riduzione dello stress;
  • relazioni con gli altri più soddisfacenti: mantenere un atteggiamento empatico e di apertura nei confronti degli altri permette di costruire rapporti amichevoli con le persone. Si riconoscono le imperfezioni degli esseri umani (comprese le proprie) e così facendo ci si pone in una posizione di apertura;
  • maggior resilienza di fronte agli avvenimenti che provocano sofferenza.

Come praticare l'autocompassione

La self-compassion therapy prevede una serie di tecniche volte a migliorare il rapporto con sé stessi e a renderlo più compassionevole.

In genere, tali tecniche prevedono giochi di ruolo, forme di scrittura, di dialogo interiore, ma anche tecniche di meditazione e di contemplazione. Praticandoli regolarmente il soggetto riuscirà a incrementare il proprio benessere, mentre tenderà a rimuginare sempre meno, con una conseguente diminuzione di stressansia e depressione.

Ecco alcuni esempi di esercizi da provare:

  • quando si attraversa un momento della vita caratterizzato da una forte sofferenza, è utile provare a darsi dei suggerimenti improntati sulla gentilezza, sulla consapevolezza e riconoscendo la dolorosa esperienza umana universale. Ad esempio, ci si può focalizzare sulle seguenti affermazioni: "Sto vivendo una fase dolorosa", "La sofferenza è una parte dell'esistenza", "Anche gli altri esseri umani soffrono"; 
  • scrivere una lettera a sé stessi descrivendo una situazione in cui l’autocritica ha avuto un peso particolare, e dando a sé stessi dei consigli in tal senso;

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  • fingere di consolare un amico che si trova nella nostra stessa situazione e provare a dargli dei suggerimenti, così da assumere una prospettiva esterna;
  • fare attenzione a come ci si rivolge a sé stessi, cercando di utilizzare un tono gentile e dolce, evitando di colpevolizzarsi o di usare termini dispregiativi nei propri confronti.
Anna Nascimben | Editor
Scritto da Anna Nascimben | Editor

Con una formazione in Storia dell'Arte e un successivo approfondimento nello studio del Digital Marketing, mi occupo da anni di creare contenuti web. In passato ho collaborato con diversi magazine online scrivendo soprattutto di sport, vita outdoor e alimentazione, tuttavia nel corso del tempo ho sviluppato sempre più attenzione nei confronti di temi come il benessere mentale e la crescita interiore.

a cura di Dr. Alberto Galia
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