Kava-Kava: proprietà, benefici ed effetti collaterali di questa pianta medicinale del Pacifico

Valentina Montagna | Editor

Ultimo aggiornamento – 22 Agosto, 2024

Una pianta di Kava Kava

Kava (Piper methysticum) conosciuta anche come kava kava, è una pianta medicinale molto comune nelle isole del Pacifico del Sud per le sue proprietà ansiolitiche e rilassanti. 

I suoi principi attivi, i kavapironi, agiscono sul sistema nervoso modulando diversi neurotrasmettitori con un impatto lenitivo su ansia e stress.

Nonostante l'efficacia di questo rimedio naturale, l'uso di kava ha sollevato preoccupazioni per il rischio di epatotossicità e altri effetti avversi. 

Vediamo, dunque, quali sono le proprietà di questo arbusto originario del Pacifico, i suoi potenziali benefici e i rischi associati al suo uso, secondo la scienza.

Cos'è la Kava?

La kava è un arbusto tropicale sempreverde con foglie a forma di cuore e steli legnosi, tradizionalmente coltivata nelle isole della Polinesia. La pianta è costituita dai rizomi e dalle radici essiccate che vengono macinate e utilizzate per preparare la tipica bevanda alla quale sono attribuite le proprietà ansiolitiche e psicotrope.

Presso le popolazioni del Pacifico, la kava ha una lunga storia come bevanda consumata in occasioni rituali e per favorire la socializzazione. Inoltre, le venivano attribuite proprietà medicinali per il trattamento di condizioni come ansia, stress, insonnia e dolore.

Composizione chimica e meccanismi d'azione

I principali costituenti attivi della kava sono composti chiamati kavapironi o kavalattoni. I più importanti sono

  • Kavaina;
  • Diidrokavaina;
  • Metisticina;
  • Diidrometisticina;
  • Yangonina;
  • Demetilangonina.

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Questi composti si concentrano soprattutto nei rizomi e nelle radici, mentre le parti aeree possono contenere alcaloidi potenzialmente tossici.

Secondo alcuni studi, i kavalattoni possono esercitare alcuni effetti sull'organismo:

  • Ridurre l'ansia [fonte 1];
  • Proteggere i neuroni [fonte 2];
  • Ridurre la sensazione di dolore [fonte 3];
  • Ridurre il rischio di cancro, anche se le prove sono limitate alla ricerca sui topi [fonte 4].

La maggior parte delle ricerche condotte finora si è concentrata sul potenziale della kava nel ridurre l'ansia.

Non è del tutto noto come i kavalattoni producano questi effetti, ma sembra che agiscano sui neurotrasmettitori del cervello. Uno di questi neurotrasmettitori è l'acido gamma-aminobutirrico (GABA), che agisce ridicendo l'attività nervosa. Questi meccanismi contribuiscono agli effetti ansiolitici, sedativi e miorilassanti

Efficacia clinica nel trattamento dell'ansia

L'efficacia di kava nel trattamento dei disturbi d'ansia è stata oggetto di diversi studi clinici. Una revisione sistematica Cochrane del 2003, che ha incluso 12 studi randomizzati controllati (RCT), ha rilevato che l'estratto di kava era superiore all'effetto placebo nel ridurre i sintomi d'ansia [fonte 5].

Una metanalisi più recente del 2018, che ha incluso 11 RCT per un totale di 645 partecipanti, ha confermato l'efficacia degli estratti di kava rispetto al placebo. Le dosi utilizzate variavano da 60 a 280 mg al giorno di kavapironi, per periodi di trattamento fino a 8 settimane. Gli autori hanno concluso che kava può essere un'opzione terapeutica a breve termine per il disturbo d'ansia generalizzata.

Tuttavia, nel 2020 è stato condotto uno studio randomizzato controllato di 16 settimane comprendente 171 soggetti. Quest’ultimo ha valutato la kava per il disturbo d'ansia generalizzata. Gli esiti dello studio non hanno trovato alcuna differenza nella riduzione dell'ansia tra i gruppi (placebo e Kava), vi era una più alta percentuale di remissione dall'ansia nei gruppi placebo alla conclusione dello studio.

La kava viene usata anche come alternativa ai farmaci per dormire, proprio grazie ai suoi effetti calmanti. In uno studio questa pianta è risultata in grado di ridurre lo stress e l'insonnia, rispetto al placebo [fonte 6].

Considerando tutti gli studi presenti fino ad ora restano ancora dubbi da chiarire riguardo all'efficacia a lungo termine di kava e alla sua sicurezza. Le linee guida internazionali sul trattamento dei disturbi d'ansia non includono kava.

Come assumere kava

La kava può essere assunta sotto forma di tè, capsule, polvere o tintura. A eccezione del tè, questi prodotti sono costituiti da una miscela concentrata preparata estraendo i kavalattoni dalla radice della pianta con etanolo o acetone.

La tintura di kava si trova in flaconi e si può assumere con un contagocce o mescolarla a un succo di frutta o a un'altra bevanda. Ma è importante conoscere le dosi precise per assumerne la quantità esatta, perché i kavalattoni sono concentrati, rendendo gli effetti della tintura molto più forti rispetto ad altre forme.

Dosaggio

Gli esperti raccomandano un'assunzione giornaliera compresa tra 70 e 250-280 mg. Gli integratori di kava possono indicare i kavalattoni in milligrammi o in percentuale. Se il contenuto è indicato in percentuale, è necessario calcolare la quantità di kavalattoni contenuta.

Ad esempio, se una capsula contiene 100 mg di estratto di radice di kava ed è standardizzata per contenere il 30% di kavalattoni, conterrà 30 mg di kavalattoni (100 mg x 0,30 = 30 mg).

Polvere di Kava Kava

Per raggiungere una dose efficace compresa tra 70 e 250-280 mg di kavalattoni, è necessario assumere almeno tre capsule. La maggior parte degli estratti di radice di kava contiene dal 30% al 70% di kavalattoni.

Si consiglia sempre di affidarsi al parere di un medico o professionista esperti in fitoterapia ed erboristeria, per evitare possibili sviste o errori di valutazione; ma anche per esser certi della compatibilità del trattamento con le proprie condizioni di salute e/o con eventuali farmaci che si stanno assumendo.

Possibili effetti collaterali e tossicità

Anche se la kava è stata usata in modo sicuro per molto tempo nelle isole del Pacifico, il suo utilizzo in Occidente ha sollevato preoccupazioni riguardo a possibili danni al fegato.

All'inizio degli anni 2000, diversi casi di danno epatico legati alla kava [fonte 7] hanno portato alcuni Paesi a vietare o limitare la vendita di prodotti contenenti questa pianta. Tuttavia, il divieto in Germania è stato poi revocato per mancanza di prove sufficienti sui suoi effettivi rischi.

Secondo alcune ipotesi, la kava potrebbe danneggiare il fegato in diversi modi, ad esempio interagendo con alcuni farmaci o a causa di alterazioni durante la lavorazione. Anche l'uso di parti della pianta diverse dalle radici, come foglie o steli, potrebbe contribuire al rischio di tossicità.

I problemi di tossicità sembrano essere più comuni con i prodotti commerciali occidentali rispetto all'uso tradizionale nel Pacifico, forse a causa di differenze nella varietà di pianta, nei metodi di estrazione, nell'uso di parti aeree, nelle adulterazioni o nell'assunzione contemporanea di altri farmaci. La kava può anche interagire con farmaci metabolizzati da specifici enzimi epatici.

Sebbene alcune analisi non abbiano trovato prove certe di danni al fegato per l'uso a breve termine di integratori di kava, l'EFSA – European Food Safety Authority – l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, raccomanda di non superare la dose consigliata di mg al giorno di kavalattoni, e di limitare il trattamento a massimo 2 mesi.

Altri possibili effetti collaterali possono comprendere eruzioni cutanee, disturbi cognitivi, perdita di peso, cambiamenti dell'umore e sensibilità alla luce. 

Come premesso, il modo migliore per evitare rischi ed effetti collaterali di qualsiasi integratore è affidarsi al parere di un medico o specialista.

Valentina Montagna | Editor
Scritto da Valentina Montagna | Editor

La mia formazione comprende una laurea in Lingue e Letterature Straniere, arricchita da una specializzazione in Web Project Management. La mia esperienza nel campo si estende per oltre 15 anni, nei quali ho collaborato con nutrizionisti, endocrinologi, medici estetici e dermatologi, psicologi e psicoterapeuti e per un blog di un'azienda che produce format televisivi in ambito alimentazione, cucina, lifestyle.

a cura di Dr. Luca Berton
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