A cura della dott.ssa Alice Ramazzotti - Psicologa, psicomotricista e Operatrice TMA.
La Terapia Multisistemica in Acqua, metodo Caputo-Ippolito, ha l’obiettivo di inserirsi in un progetto riabilitativo globale su aspetti relazionali, emotivi e di integrazione sociale, considerando in modo prioritario le specificità del singolo attraverso la pianificazione di un intervento individualizzato e interpersonale.
Questa terapia viene definita Multisistemica, in quanto considera e interviene su diversi sistemi funzionali dell’individuo, nello specifico su quello relazionale, cognitivo, comportamentale, emotivo, senso-motorio e motivazionale.
La terapia in acqua per attivare le emozioni
La TMA CI è una terapia che utilizza l’acqua come attivatore emozionale, sensoriale e motorio in grado di spingere l’individuo a una relazione significativa, quindi il sistema relazionale è quello attivato principalmente e su cui si interviene in modo prioritario, creando conseguenti miglioramenti su tutti gli altri sistemi. I modelli teorici a cui si fa riferimento, nella creazione di una relazione significativa, sono la Teoria dell’attaccamento di J. Bowlby, l’holding di Winnicott e la Sintonizzazione di D. Stern. Questi modelli rappresentano una guida fondamentale all’interno della TMA CI. Il terapeuta deve in primo luogo porre l’attenzione sulla sintonizzazione emotiva con il bambino e sui suoi bisogni, fornendo il giusto contenimento e diventando per il bambino una base sicura; in questo modo riuscirà a creare una relazione significativa che potrà permettere al bambino di esplorare il mondo che lo circonda, raggiungendo gradualmente nuovi traguardi.
L’acqua è utilizzata come attivatore emotivo e relazionale in quanto risulta essere un acceleratore nella creazione di una relazione significativa. L’acqua spinge, infatti, il bambino a creare un contatto col terapeuta. Quando un bambino è in acqua istintivamente si aggrappa all’operatore creando una relazione di vicinanza e affidandosi; sarà poi compito del terapeuta trasformare questo aggrappamento istintivo in uno scambio relazionale significativo. L’obiettivo principale è diventare per il bambino una figura di riferimento e una base sicura, così da poter lavorare sull’ampliamento delle sue conoscenze e delle sue capacità, aiutandolo nel superamento di situazioni difficili o ritenute pericolose. In questo modo, attivando e agendo sul sistema relazionale, potremo gradualmente lavorare e avere dei miglioramenti anche sugli altri sistemi funzionali del bambino.
Alla base del percorso terapeutico c’è una progettazione individualizzata, in cui vengono stabiliti obiettivi a breve, medio e lungo termine che sono monitorati costantemente attraverso la supervisione periodica dell’intervento.
Il valore della terapia in acqua nella Sindrome di Angelman
La Sindrome di Angelman è una sindrome genetica causata dall’assenza di una porzione del cromosoma 15, caratterizzata da compromissione del linguaggio, ritardo dello sviluppo, ritardo psicomotorio, problemi di equilibrio, movimenti scoordinati, iperattività motoria, ipereccitabilità, rari accessi di riso immotivato e difficoltà nella regolazione emotiva.
Sono entrata in contatto con la Sindrome di Angelman attraverso la TMA CI e, nel 2018, ho iniziato la terapia con due bambini con questa sindrome; da subito ho notato la loro attrazione per l’ambiente acquatico e come potesse agevolarli ed essere utile per loro. L’acqua scorre e scivola sul corpo come una carezza, un abbraccio; contiene e supporta aiutando la percezione del proprio corpo e l’integrazione delle sue singole parti.
Una caratteristica di questo elemento molto importante per noi è la sua adattabilità, perché ne permette utilizzi diversi e specifici per ogni singola esigenza; i bambini possono sperimentarsi in questo ambiente modificandolo a loro piacimento. In acqua qualcosa cambia e le distanze diminuiscono, attraverso il contatto fisico, la vicinanza e la sintonizzazione emotiva, rendendo più semplice entrare in relazione ed empatia. Nella Sindrome di Angelman emerge una difficoltà comunicativa, ma in acqua attraverso la TMA CI questo aspetto appare meno evidente, perché le differenze si assottigliano riuscendo a trovare un linguaggio comune; attraverso la sintonizzazione si crea un linguaggio fatto di sguardi, interazione vis a vis e condivisione di stati emotivi, che portano ad un aumento della reciprocità sociale.
Mi sono resa conto che nel corso della terapia emergevano velocemente le risorse e le potenzialità dei bimbi, rendendo possibile uno sguardo proiettato oltre le difficoltà.
Appena ho conosciuto questi bimbi l’obiettivo principale è stato quello di trovare i loro punti di forza, perché grazie a quelli è possibile lavorare sulle difficoltà e raggiungere nuovi traguardi. Entrambi mostravano un grande piacere a stare in acqua, interesse per questo ambiente e per tutti gli stimoli presenti in esso; di fronte alle proposte apparivano divertiti e vogliosi di condividere momenti ludici.
Un aspetto che ho riscontrato in questa Sindrome è l’interesse verso le altre persone all’interno del contesto, quindi ho cercato di sfruttare questa qualità utilizzando giochi di gruppo e mediazioni nell’interazione con gli altri, così da canalizzare la loro voglia relazionale. Ritengo che questa loro qualità sia una risorsa importante e che rappresenti un elemento di integrazione, infatti quando adesso vengono in piscina vengono accolti dalle persone che ci lavorano che si fermano e trovano del tempo per relazionarsi con loro, fosse anche solo per un saluto; attraverso la TMA CI è stato possibile lavorare e rinforzare questa capacità e interesse così da rendere probabile lo sviluppo di un ambiente integrante e aggregante.
Obiettivi terapeutici della Terapia Multisistemica in Acqua
Uno degli obiettivi terapeutici cardine nella TMA CI, riguarda lo sviluppo di una funzionale regolazione emotiva. Quando ho cominciato terapia con la prima bimba con Sindrome di Angelman aveva due anni e faticava ad affidarsi, poiché si sentiva più sicura nel suo mondo piuttosto che all’interno di una relazione con una figura nuova; esprimeva questa difficoltà con il pianto e con uno stato di inconsolabilità.
Il primo obiettivo era quindi la creazione di una relazione significativa che la contenesse e rassicurasse, così da aiutarla a fidarsi e ad affidarsi. Nelle prime sedute il mio lavoro verteva quasi esclusivamente sulla sintonizzazione emotiva con lei e con i suoi bisogni, aiutandomi anche col gioco, come strumento motivante e accattivante che induce a scambi interpersonali e alla socializzazione. Il gioco in acqua permette di instaurare e rinsaldare la relazione perché il bambino non è più incentrato sul temere la presenza dell’estraneo, ma a vivere e provare col terapista emozioni positive. Questo lavoro si è rivelato utile, il pianto ha lasciato spazio al piacere di stare in acqua e alla voglia di interazione; creata la relazione è aumentata la capacità di gestione emotiva e di condivisione dei suoi stati emotivi, mi cerca sia per condividere momenti piacevoli e di gioia sia in momenti in cui sente di aver bisogno, lasciandosi consolare e aiutare.
Quando ho iniziato terapia col secondo bambino, aveva 9 anni, il mio lavoro consisteva inizialmente sul ridurre la sua tendenza alla fuga relazionale e il comportamento provocatorio. La prima era agita con un contatto visivo fugace e attraverso continue richieste che esulavano da quelle fatte da me; si è rivelato fondamentale lavorare rinforzando e sollecitando l’interazione vis a vis in compiti e attività ludiche, così da aiutarlo a stare nella relazione insieme e a sviluppare la sua capacità di mantenere lo sguardo per un tempo prolungato.
L’aspetto provocatorio era agito trasgredendo le regole del setting, e in questo caso ho dovuto comprendere le motivazioni che c’erano alla base rispondendo in modo adeguato alle diverse situazioni, così da indirizzarlo all’attuazione di comportamenti più indicati. Stabilire una relazione significativa, infatti, permette di modificare le modalità comunicative disfunzionali, poiché nel momento in cui il terapeuta entra nel sistema relazionale del bambino crea una rottura di modalità relazionali pregresse e agisce incrementando scambi più funzionali.
In entrambi i bimbi ho riscontrato una tendenza a disregolarsi nella felicità, mostrando una difficoltà al contenimento dell’iperattività, al mantenimento del compito e della richiesta fatta, esternate con ipereccitabilità agli stimoli esterni, fuga relazionale e con interesse fugace per persone e oggetti presenti. Durante questi momenti di disregolazione emotiva, potevano manifestarsi comportamenti problema come per esempio morsi, graffi, o tirare i capelli, dovuti a un mancato controllo del proprio corpo nella gestione dello stato emotivo, alla difficoltà comunicativa o all’esigenza di attirare l’attenzione ed essere visti; necessario era un intervento sulla regolazione e sul mantenimento di un range emotivo funzionale.
La Terapia Multisistemica lavora sul riconoscimento dell’emozione provata, delle motivazioni alla base e sulla risposta più adeguata da fornire al bambino per aiutarlo nella gestione del proprio mondo interiore. Lavorando su questi aspetti si interviene anche nel sistema comportamentale, col fine di attivare una serie di condotte più efficienti e adeguate al contesto, con l’obiettivo di ridurre e estinguere comportamenti problema ritenuti disfunzionali.
L’iperattività motoria e l’ipereccitabilità con ridotto span attentivo sono caratteristiche della Sindrome di Angelman, quindi uno degli obiettivi del percorso terapeutico è stato quello di lavorare sul mantenimento del compito richiesto, motivando i bambini con giochi, compiti accattivanti e gratificazioni all’interno del rapporto creatosi nell’ambiente terapeutico. Il gioco e l’ambiente acquatico sono fondamentali da questo punto di vista, perché sono motivanti e rendono più gratificante e facile l’accesso all’apprendimento di competenze nuove. Attraverso il gioco, il terapista aiuta il bambino a canalizzare la propria energia, iperattività e anche aggressività, imparando a modularsi e a entrare in relazione con gli altri, così da percepire la necessità di interagire con il mondo.
Il gioco viene inteso come strategicamento orientato, in quanto il terapista deve apportare delle modifiche e dei cambiamenti alla modalità con cui viene attuato per guidare il bambino agli obiettivi prefissati.
L’ambiente acquatico risulta essere utile anche da un punto di vista percettivo e motorio, poiché la percezione del corpo in acqua cambia molto rispetto a come il corpo viene vissuto nella quotidianità.
Dal mio punto di vista, lavorare con bambini con deficit motori in questo ambiente è un vantaggio, perché è come se le difficoltà in acqua si riducessero, infatti gli schemi motori di base in questo ambiente variano; il bagaglio motorio esperito fuori dall’acqua è poco funzionale in acqua, perché è necessaria la costruzione di una motricità diversa e specifica che porta allo sviluppo di schemi motori acquatici.
In acqua tutto si azzera e il muro delle difficoltà motorie e di coordinazione si assottiglia, creando la possibilità di sperimentare un’esperienza motoria nuova e diversa che permette di percepire l’esecuzione di atti motori efficienti.
Tenere presente gli aspetti sopra citati, mi ha aiutato moltissimo nella mia esperienza di TMA con bambini con la Sindrome di Angelman, perché mi ha spronato a cercare altre modalità che potessero risultare più funzionali alle loro difficoltà motorie e di coordinazione. Un importante obiettivo motorio riguarda lo sviluppo della capacità di modulazione del proprio tono muscolare, così da sperimentare il rilassamento in acqua, sviluppare la comprensione della forza da imprimere per una buona propulsione, percepire il proprio corpo nei diversi cambi posturali e aumentare la capacità di coordinare atti motori funzionali. L’ambiente acquatico risulta essere contenitivo, aiutando la sensopercezione di tutti i segmenti corporei; rilassarsi rappresenta la capacità di sentire e mantenere indipendenti i vari distretti coinvolti, modificando il proprio tono muscolare e il grado di tensione e rilassamento. Tutto questo sviluppa una maturazione senso-percettiva, che rappresenta la capacità di sentire se stessi nell’azione.
Nel percorso terapeutico che ho affrontato col bambino con Sindrome di Angelman, abbiamo lavorato sul galleggiamento, all’inizio mediante supporti e piano piano senza, con l’obiettivo che raggiungesse un po’ di autonomia negli spostamenti in acqua, così da sperimentarsi in questo nuovo ambiente.
Raggiunto il galleggiamento e la capacità di muoversi in modo autonomo in tutto l’ambiente, si è finalizzato il lavoro al miglioramento della sua coordinazione aiutandolo nell’apprendere nuovi movimenti natatori, come per esempio la gambata finalizzata allo spostamento di tutto il corpo. Ad oggi è in grado di eseguirla sia a stile che a dorso, sempre con l’aiuto di specifici supporti, ma mettendo in campo un’intenzionalità motoria.
Un altro aspetto da considerare è che l’acqua altera l’equilibrio e riduce l’effetto di gravità, questo permette di lavorare su schemi corporei conosciuti e vissuti come difficoltosi nella quotidianità. Per esempio, quando ho iniziato TMA CI con la bimba con Sindrome di Angelman, non camminava e aveva difficoltà nel mantenimento della postura eretta. Attraverso l’esposizione e la stimolazione all’utilizzo di schemi motori di base, con percorsi e giochi si è lavorato su questo aspetto; col tempo ha cominciato a mantenere da sola l’equilibrio in acqua e, con l’aiuto di supporti in un primo momento e poi senza, si è sperimentata nella deambulazione autonoma. Ad oggi mantiene una posizione eretta con appoggio e se aiutata cammina anche fuori dall’acqua.
L’ambiente acquatico è ricco e pieno di risorse e la TMA CI lavora sfruttandone al massimo le potenzialità e le caratteristiche uniche. L’acqua è un elemento versatile e si adatta benissimo alle varie sfaccettature presenti all’interno della Sindrome di Angelman. Nel percorso terapeutico TMA CI con questi bimbi, ho potuto notare un aumento dell’autonomia nell’esplorazione dell’ambiente acquatico, l’acquisizione di nuovi schemi motori e il rinforzo di quelli già esistenti, una diminuzione dei comportamenti problema, un miglioramento nella regolazione emotiva e una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità e capacità, riuscendo a sperimentarsi come soggetti competenti.
Gli aspetti da considerare, quindi, sono molti e capire l’intreccio delle caratteristiche di ogni singolo individuo è tanto complesso quanto motivante. Ogni volta che entro in acqua è una scoperta perché, anche se la terapia è strutturata, quello che viene messo in campo è il mondo emotivo del bambino intersecato col mio e questo dà vita a dinamiche uniche. Se penso al percorso fatto fino ad ora, a quando ho conosciuto questi bimbi e a come sono ora, posso dire che il nostro tempo insieme si misura in cambiamenti ed emozioni condivise.
La variabilità dell’individuo è unica e irripetibile. Il ventaglio di sfumature nella Sindrome di Angelman è ampio e assume connotazioni che caratterizzano ogni bambino in modo diverso, ma un aspetto è costante, la gioia e la dolcezza che ho scoperto in loro. Anche se a volte la comunicazione è complessa e può sembrare difficile capirli, quando i loro occhi entrano in contatto coi tuoi tutto cambia e capisci che siete insieme ad affrontare nuovi traguardi, “perché non c’è niente di più bello del modo in cui tlutte le volte il mare cerca di baciare la spiaggia, non importa quante volte viene mandato via (Sarah Kay).
Ricordiamo che la ricerca non si arresta e la speranza di migliorare la vita dei pazienti colpiti dalla Sindrome si fa sempre più concreta.
FAST – Foundation for Angelman Syndrome Therapeutics – è rappresentata in Italia da Associazione FAST ITALIA ONLUS ed è in prima linea in questa importante lotta alla malattia.
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