Lamentarsi crea dipendenza. Ed è dannoso per chi ascolta.
Sfogarsi genera indubbiamente sollievo perché si lascia la propria parte istintiva libera di esprimersi, ma coloro i quali sono esposti alle lamentele altrui non ne traggono benefici.
Ad affermarlo è un libro che sta riscuotendo un discreto successo oltreoceano, Three Simple Steps: A Map to Success in Business and Life, di Travor Blake, che punta tutto sull’effetto empatico del lamentarsi.
I neuroni sono incredibilmente reattivi agli stimoli esterni, ed una conversazione incentrata su rimandi negativi, in cui chi si lamenta non recepisce soluzioni o diversi punti di vista, non può stimolare una reazione dei neuroni positiva in chi ascolta.
Infatti, il soggetto che assorbe questi stimoli avrà una reazione fisiologica localizzata nell’ippocampo: la tendenza alla diminuzione dell’attività idroelettrica in questa zona, preposta alla soluzione dei problemi, sarà sensibile.
Allontanarsi da queste situazioni è una soluzione suggerita dal buonsenso prima che dall’autore, ed è auspicabile che chi è esposto ad un volume di lamentele importante da parte dei propri cari non si limiti soltanto ad ignorare il problema, ma ad indagarne le cause: spesso chi passa molto tempo a recriminare gli errori altrui può voler inconsciamente attirare l’attenzione su un proprio disagio maggiore, meccanismo tipico della depressione.