L’osteoartrite, anche detta comunemente artrosi, è una malattia cronica delle articolazioni sinoviali, appannaggio quasi esclusivo degli over 50 e seconda, come prevalenza, solo all’ipertensione arteriosa.
Una delle caratteristiche cliniche tipiche di questa malattia è il dolore localizzato prevalentemente all’anca, al ginocchio o alle mani, o a tutte insieme queste articolazioni. Le altre articolazioni del corpo, come spalle, gomiti, caviglie e piedi sono invece interessate con minor frequenza.
È il dolore, il sintomo principale che spinge il paziente a rivolgersi al proprio medico. Il paziente artrosico, spesso, si lamenta anche della difficoltà nel salire le scale, nel camminare o nel fare i comuni lavori domestici, come cucinare, pulire, lavare, e racconta di sentirsi impacciato nei movimenti soprattutto la mattina e la sera.
Le articolazioni colpite, in genere se infiammate, sono dolenti, gonfie e calde, e solo dopo molto tempo, quando la malattia è in fase avanzata, si deformano in modo tipico.
Ma nel sospetto clinico di malattia artrosica quali esami dobbiamo fare?
L’esame più importante da effettuare è una radiografia delle articolazioni dolenti. Gli esami del sangue, infatti, ci aiutano solo nella diagnosi differenziale con altre malattie reumatiche. Nell’artrosi, la VES (velocità di eritrosedimentazione) e la PCR (proteina C reattiva) sono normali o poco alterati e gli anticorpi anti-citrullina e l’acido urico sono negativi o normali. Quindi, la radiografia rimane un esame fondamentale per la diagnosi e documenta i segni del danno articolare tipico dell’artrosi.
La malattia ha, difatti, come bersaglio la cartilagine articolare che viene distrutta ed erosa. Radiograficamente, il medico noterà i segni caratteristici della malattia, come la riduzione o l’assenza dello spazio articolare, le formazioni geodiche, gli osteofiti, le sclerosi subcondrali e le deformità delle superfici articolari.
La riduzione dello spazio articolare è la conseguenza della distruzione della cartilagine articolare, mentre la formazione di cisti subcondrali o geodi sono conseguenza della formazione di fissurazioni della cartilagine che si approfondano fino all’osso subcondrale.
L’apposizione ossea ripartiva in risposta all’erosione cartilaginea porta, invece, alla formazione dei cosidetti osteofiti e alla sclerosi subcondrale.
Cosa può fare il paziente per curare il dolore articolare e i sintomi dell’artrosi?
Abbiamo a nostra disposizione tanti farmaci. Il farmaco più utilizzato e diffuso in questi casi, nel controllare il dolore lieve e moderato, è il paracetamolo che è un analgesico con pochi effetti collaterali e facilmente acquistabile.
Oltre al paracetamolo possiamo usare altri FANS non selettivi, come l’acido acetilsalicilico, il diclofenac, l’ibuprofene ecc. e degli inibitori selettivi della COX2 (ciclo-ossigenasi 2), come il celecoxib.
Non sempre, però, queste medicine risultano efficaci e in questi casi è possibile ricorrere anche all’assunzione dei derivati dell’oppio, come il tramadolo o la codeina. Diffuso e conosciuto è l’uso di FANS in forma di gel, schiume e pomate ad uso dermico, che a differenza dei farmaci assunti per bocca o per via iniettiva, hanno un rischio molto basso di effetti collaterali e sono facilmente applicabili, leniscono l’infiammazione locale e potenziano l’effetto dei farmaci assunti per bocca.
Sappiamo che esistono anche dei farmaci che possono essere iniettati direttamente nell’articolazione artrosica, i cosidetti farmaci topici a uso intra-articolare, come l’acido ialuronico o il cortisone. Ma questi sono indicati solo in alcuni casi e, soprattutto, dopo un’accurata valutazione specialistica.
Parlando di infiltrazioni intra-articolari, dobbiamo ricordare che le infiltrazioni intra-articolari di plasma ricco di piastrine (PRP), proposte di recente, come cura soprattutto dell’artrosi del ginocchio in fase iniziale, hanno a tutt’oggi un ruolo terapeutico poco definito e servono, in tal senso, ancora studi randomizzati di alta qualità.
Oggi, si parla molto anche del ruolo terapeutico degli integratori, come la glucosammina solfato, che trova un largo impiego; la sua assunzione, infatti, sembra utile non solo nell’alleviare il dolore, ma anche nel rallentare la progressione della malattia.
Ma tutti questi farmaci ci possono aiutare a guarire?
Nonostante l’ampia disponibilità di farmaci, la terapia medica dell’artrosi purtroppo non è risolutiva. Inoltre, per essere il più possibile efficace, la terapia deve essere personalizzata. Quindi, non è possibile prescrivere a tutti gli stessi farmaci con uguali dosaggi e modalità.
La prescrizione deve essere effettuata dal medico o comunque dallo specialista, tenendo conto non solo della malattia, ma anche della sua gravità e soprattutto delle comorbilità del paziente. Lo scopo degli studi attuali sull’artrosi e il lavoro dei ricercatori è quello di intervenire non sui sintomi della malattia ma sul processo distruttivo della cartilagine e, quindi, sulla malattia stessa, cercando di rallentarne la progressione, anche se a tutt’oggi questo obiettivo non è stato ancora raggiunto.
Si può ricorrere anche alla chirurgia?
Sì, l’intervento chirurgico è però indicato solo in determinati casi e cioè nei casi in cui la malattia, dopo un lungo decorso, porti ormai a un dolore articolare non più sopportabile per il paziente, nonostante l’uso dei numerosi farmaci a nostra disposizione.
Siamo, quindi, davanti a dei pazienti che soffrono di una disabilità importante, tale da compromette gravemente la loro qualità di vita e limitare fortemente le comuni attività della vita quotidiana.
Quali tipi di interventi chirurgici si possono effettuare?
Per quanto riguarda l’artrosi di anca e di ginocchio, si possono effettuare interventi di debridement artroscopico, le osteotomie di correzione e l’impianto di atroprotesi. Bisogna comunque ricordare sempre ai pazienti che le indicazioni di ogni procedura chirurgica sono individuali e che numerose sono le variabili che influenzano il risultato finale e, come per ogni intervento medico o chirurgico, non si è esenti da complicanze.
A fronte di tutto ciò, e del fatto che ci troviamo davanti una malattia così diffusa e invalidante, è fondamentale la prevenzione. In questo caso, prevenire significa adottare uno stile di vita corretto, che miri a ridurre l’eccesso di peso e a implementare l’attività fisica.
Ridurre l’eccesso di peso vuol dire ridurre biomeccanicamente il carico in eccesso che grava sul ginocchio e sull’anca, migliorando il dolore, la funzionalità e il decorso della malattia. Inoltre, il grasso sembrerebbe avere un’azione pro-infiammatoria, quindi, una sua riduzione potrebbe agire in modo positivo anche sul processo infiammatorio articolare innescato dal danno cartilagineo.
Per quanto riguarda l’attività fisica, se essa viene praticata in modo corretto apporta due benefici:
- uno è la diminuzione del peso corporeo e quindi del grasso;
- l’altro è il miglioramento della funzionalità, dell’aerobiosi e del tono muscolare.
Infatti, avere dei muscoli più tonici, più flessibili e potenti aiuta il paziente a deambulare meglio e ad avere più stabilità. Inoltre, il miglioramento della stabilità durante la deambulazione riduce il rischio di cadute e migliora la distribuzione del carico sulle articolazioni. Un assorbimento e un impatto del carico ben distribuito sulle articolazioni può ridurre a sua volta il dolore.
In caso di artrosi, non tutte le attività fisiche sono consigliabili. Dobbiamo, infatti, ricordare che la maggior parte delle persone che soffrono di artrosi quando iniziano a praticare un’attività fisica lo fanno purtroppo già tardivamente. Quindi, in questi casi, le attività consigliabili devono essere sicure per l’anziano e facilmente praticabili.
Queste sono fortunatamente tante e vanno dalle semplici e lunghe passeggiate all’acquagym, alla bicicletta, alla cyclette e al tapis roulant. Per chi lo preferisce, anche il Tai Chi e lo yoga vanno bene, poiché possono migliorare la postura, l’equilibrio, la coordinazione e il rilasciamento muscolare.
Una cosa importante da ricordare è che, per apportare benefici, l’attività fisica deve essere praticata in modo corretto, in maniera costante e moderata.
Il tipo di alimentazione può avere un ruolo importante nella prevenzione?
In realtà, possiamo consigliare di seguire una dieta equilibrata ricca di frutta, di verdura e quindi di antiossidanti, anche se sembrerebbe che solo ad alte dosi, la vitamina C e D possano rallentare il decorso della malattia.
Sono però necessari ancora studi di alta evidenza per definire meglio il ruolo degli antiossidanti, e quindi delle vitamine, nella prevenzione dell’artrosi.
In conclusione, possiamo affermare che ancora oggi non abbiamo una cura risolutiva della malattia. La malattia sembra essere causata dall’azione di più fattori, quindi multifattoriale. È, appunto, questa multifattorialità che rende più difficile trovarne la cura.
Nonostante ciò, i mezzi a nostra disposizione per fronteggiare al meglio l’artrosi sono tanti ma sono poco attuati. Si stima che a meno della metà dei pazienti affetti viene consigliata e prescritta una terapia e quando questa viene somministrata l’artrosi è già quasi sempre in una fase avanzata.
È importante che il medico consigli delle semplici misure preventive quando ancora la malattia è in uno stadio precoce e che queste misure vengano attuate dai pazienti. Purtroppo, mentre per malattie croniche, come il diabete e le cardiopatie, oggi vengono attuati programmi di educazione, di screening e di prevenzione, poco si fa per l’artrosi.
È comunque doveroso informare i pazienti sul tipo di malattia, sul suo decorso e sulla sua possibile prevenzione. È importante che vengano attuati e maggiormente diffusi dei programmi di screening e di prevenzione, per ridurre l’impatto sociale e la grave inabilità funzionale della malattia.