La rosolia è una malattia che, nei soggetti sani, non determina conseguenze particolarmente preoccupanti, tuttavia le cose si complicano se a contrarre il virus è una donna incinta.
Vediamo insieme tutto ciò che occorre sapere sulla rosolia in gravidanza, dai sintomi alle possibili conseguenze.
I rischi della rosolia in gravidanza
La rosolia è una patologia infettiva di tipo esantematico causata dal Rubivirus.
Generalmente si manifesta con sintomi molto simili a quelli del morbillo e della scarlattina e, nei soggetti dal sistema immunitario forte, non determina criticità particolari.
Contrarre la rosolia in gravidanza, invece, può avere gravi conseguenze, in quanto il virus è in grado di attraversare la barriera formata dalla placenta e di attaccare il feto, provocandone lesioni, ritardi nella crescita e addirittura la sua morte.
Questa patologia si trasmette per via aerea (ad esempio con colpi di tosse o con starnuti) e le persone infette possono essere contagiose da sette giorni prima fino a sette giorni dopo la comparsa dell'esantema, sebbene il momento di massima contagiosità sia compreso tra il primo e il quinto giorno.
La rosolia è particolarmente pericolosa in quanto si stima che circa il 20%-50% delle persone malate non sviluppi alcun sintomo, inoltre, vi è la possibilità che la gestante venga interessata da una modalità di trasmissione detta "verticale".
Ciò significa che se la donna contrae il virus durante le prime settimane di gravidanza, o addirittura prima del concepimento, questo può venire trasmesso al feto tramite infezione della placenta.
Il neonato può quindi sviluppare una sindrome da rosolia congenita e, di conseguenza, può essere soggetto all'infezione dal momento della nascita fino a quasi un anno di vita.
Rosolia nelle donne in gravidanza: quali conseguenze?
Contrarre il virus della rosolia in gravidanza è un'eventualità molto pericolosa in quanto esso ha la capacità di superare la barriera posta dalla placenta e di infettare il feto.
Qualora una donna incinta si ammalasse di rosolia, si potrebbero determinare delle anomalie nello sviluppo dell'embrione e delle malformazioni.
È possibile, infatti, che il feto sviluppi:
- difetti dell'orecchio o sordità;
- problemi alla vista (cataratta, glaucoma, corioretinite);
- malformazioni cardiache (dotto arterioso pervio, stenosi polmonare);
- danni cerebrali, che determinano ritardi mentali o microcefalia;
- danni a carico del fegato o della milza;
- alterazioni nello sviluppo osseo;
- ritardo della crescita;
- danni ematologici (anemia, porpora trombocitopenica);
Nei casi più gravi, invece, si può arrivare ad avere un aborto spontaneo o la morte intrauterina.
Si stima che se la donna dovesse contrarre la rosolia poco prima del concepimento o entro le dieci settimane di gestazione, vi è circa il 90% di possibilità che il feto sviluppi delle conseguenze negative, mentre qualora l'infezione avvenisse dopo le venti settimane, il rischio di malformazioni congenite si riduce notevolmente.
Vista la pericolosità di tale patologia, soprattutto per le donne che stanno programmando una gravidanza o che sono già incinte, in Italia vige l'obbligo di notifica.
Ciò significa che se il medico dovesse sospettare un possibile caso di rosolia, è tenuto a comunicarlo all'ASL di riferimento entro 12 ore.
In Italia inoltre è attivo un programma di sorveglianza nazionale che tiene conto di tutti i casi di infezioni da rosolia durante la gestazione che sono state contratte sul territorio italiano fin dal 2005.
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Rosolia in gravidanza: sintomi e terapia
La rosolia in gravidanza si manifesta con sintomi che, nella maggior parte dei casi includono febbre lieve, congiuntivite, malessere generale, esantema maculopapulare e linfonodi ingrossati.
Il periodo di incubazione varia dai 12 ai 23 giorni e l'esantema, che solitamente inizia a comparire dapprima sul viso, dura circa tre giorni, estendendosi progressivamente a tutto il corpo.
Uno degli elementi che rendono la rosolia così pericolosa è che essa, nel 20%-50% dei casi è asintomatica, pertanto una donna incinta potrebbe contrarre il virus senza averne contezza.
La diagnosi di rosolia viene confermata dall'esecuzione di uno specifico esame di laboratorio, il quale verifica la presenza di eventuali anticorpi IgM rosolia-specifici all'interno dell'organismo materno.
Il Rubeotest può fornire diversi risultati, a seconda della categoria a cui appartiene la donna:
- Ig G positive e Ig M negative: significa che la donna è considerata immune perché ha già avuto l’infezione in passato o perché è stata vaccinata, pertanto non va incontro a particolari rischi durante la gravidanza;
- Ig G negative e Ig M negative: significa che la donna è ricettiva, pertanto se si trova in età fertile non è incita, può prendere in considerazione l'idea di vaccinarsi, mentre, se è già incinta, dovrà ripetere mensilmente il test delle sole Ig M fino a quando raggiunge le 17 settimane di gestazione;
- Ig G positive e Ig M positive: la donna presenta una situazione di probabile immunità, tuttavia, per fugare ogni dubbio, è consigliabile ripetere l’esame insieme al test chiamato“avidità delle IgG”;
- Ig G negative e Ig M positive: la donna ha probabilmente contratto un'infezione di recente, tuttavia è consigliabile ripetere l’esame in laboratorio e valutare la situazione nuovamente in riferimento ai risultati ottenuti.
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Purtroppo non esiste una terapia per contrastare l'infezione da rosolia, né tantomeno una cura per le donne che contraggono la patologia in gravidanza.
Solo in situazioni di particolare rischio, il ginecologo può ricorrere alla somministrazione di specifici anticorpi anti rosolia, con l'obiettivo di aiutare il sistema immunitario a ridurre la probabilità di trasmissione del virus al feto.
Rosolia e gravidanza: l'importanza della prevenzione
L'unico modo per prevenire e contrastare la rosolia è la vaccinazione, la quale avviene attraverso la somministrazione di virus vivo attenuato (vaccino Morbillo-Parotite-Rosolia MPR).
In Italia il piano vaccinale prevede l'iniezione di due dosi, una a 12-15 mesi di età e una intorno ai 5-6 anni, mentre negli adulti che in passato non sono stati vaccinati si somministrano due dosi a distanza di circa due settimane l'una dall'altra.
Tutte le donne che stanno pianificando una gravidanza dovrebbero verificare lo stato della propria immunità nei confronti della malattia, con l'esecuzione di un semplice esame, chiamato Rubeotest, che va a verificare la presenza di specifiche immunoglobine all'interno del sangue.
Questo test è gratuito, esente ticket tra gli esami preconcezionali. Qualora la donna risultasse negativa al Rubeotest, dovrebbe eseguire la vaccinazione a scopo preventivo (che in Italia è gratuita) almeno tre- sei mesi prima di concepire un bambino.
È consigliabile che in vista della vaccinazione per la Rosolia la donna assuma per almeno tre mesi un anticoncezionale ormonale.
Il vaccino contro la rosolia è controindicato qualora si sia incinta, pertanto è opportuno programmarlo con largo anticipo prima del concepimento.
Se, invece, la gestante avesse già contratto il virus in passato, o se fosse stata vaccinata durante l'infanzia, non è necessario procedere con l'inoculazione di un ulteriore siero.
Il Rubeo test è offerto gratuitamente a tutte le donne incinte che si trovano all'inizio della gravidanza, e per quelle non vaccinate (o che presentano un test negativo e sono, quindi, non immuni alla malattia), il Sistema Sanitario Nazionale offre la possibilità di ripetere il test entro la 17esima settimana di gestazione, ovvero quando i rischi legati alla trasmissione del virus al feto si abbassano notevolmente.