Un valido team, un programma ben definito ed esercizi costanti: ecco i tre pilastri che sostengono il metodo ABA, soluzione terapeutica e di supporto per tutti i piccoli pazienti con Sindrome dello Spettro Autistico.
I personaggi protagonisti della terapia sono gli psicologici (specialisti in psicoterapia cognitivo-comportamentale, analisti del comportamento), i familiari stessi e, non ultimi, gli insegnanti di sostegno.
Metodo ABA: l’importanza di un programma ben definito
Certamente, una delle figure chiave per la corretta applicazione del metodo ABA è lo psicoterapeuta, che indicherà anche alle altre parti coinvolte ciò che è bene fare per migliorare la condizione del bambino, rapportandosi sempre con il piccolo in un rapporto di uno 1 a 1.
L’attenzione ai dettagli è imprescindibile: ogni bambino con autismo ha una propria personalità e manifesta i sintomi della Sindrome (seppur comuni) in maniera specifica, anche in relazione all’ambiente circostante in cui è inserito. In primis, dunque, dopo un’attenta valutazione della situazione, lo psicoterapeuta studierà un programma ad hoc con esercizi “1-1”, necessari per imparare il linguaggio e le abilità sociali, che risultano deficitarie nei piccoli.
Ad ogni passo avanti, saranno posti nuovi obiettivi, nuove sfide da superare. Mai avere fretta: è bene capire se il paziente ha davvero assimilato le indicazioni durante gli esercizi, senza passare oltre in maniera poco attenta.
Le abilità, infatti, devono essere tutte apprese e acquisite in diversi contesti contemporaneamente: a scuola, a casa, con i genitori e anche tra i coetanei. In questo modo, il bambino saprà applicare un comportamento d’inclusione sociale, in situazioni e contesti sempre diversi.
Tutti i punti chiave del “Programma ABA”
Si sa, il metodo ABA è rigido e inquadrato nell’ottica di un reale beneficio per il bambino. Per essere davvero efficace, il programma dovrà prevedere:
- dalle 10 alle 40 ore settimanali di esercizi, svolti col piccolo da terapisti e genitori;
- incontri bisettimanali con lo psicoterapeuta;
- incontri settimanali tra genitori e psicoterapeuta;
- presenza costante di un insegnante di sostegno a scuola;
- sessioni di gioco supervisionate dai terapisti.
La strada è in salita, ma fatta di progressi
Non esiste una chiara misura della quantità e del tempo necessari per vedere e valutare gli oggettivi progressi del piccolo. Sarà infatti importante considerare anche le abilità e le inclinazioni del soggetto a imparare. Certamente, più si è piccoli, maggiore è la capacità di memorizzare i comportamenti “sociali” altrimenti deficitari.
Non si potrà mai sapere esattamente quale sarà il comportamento del paziente in età adulta, ma i risultati lasciano ben sperare in successi tangibili. L’obiettivo è ambizioso: cercare di rendere il suo tempo produttivo e di qualità.
La difficoltà che si riscontra più comunemente è la scarsa inclinazione a collaborare spontaneamente; chi ha la Sindrome dello Spettro Autistico ha prima bisogno di fidarsi delle figure di sostegno. Delusioni, regressioni e momenti di instabilità sono normali e vanno vissuti sempre positivamente dai familiari. Mai abbandonare il programma, per non perdere e vanificare tutti gli sforzi fatti!
Quando l’ABA è rivolto ai ragazzi con autismo e non più ai bambini
Il preconcetto esiste e non è scorretto: applicare il programma del metodo ABA dal primo anno di vita sino ai 6 anni e oltre è il modo migliore per far sì che si ottengano validi risultati. Questa idea nasce, certamente, dai casi d’insuccesso verificatisi nei pazienti più grandi. Nonostante ciò, è possibile insegnare il metodo a qualsiasi età e non abbandonarlo mai completamente.
Il programma, proposto nel 1987 dal dr. Ole Ivar Løvaas, è stato subito ritenuto valido per il 47% dei casi. In età infantile, le percentuali aumentano notevolmente.
Cosa aspettarsi negli anni dopo l’infanzia?
L’autismo non è una bolla che esplode, liberando il piccolo dalla sua condizione. L’autismo è una realtà che permane, pur crescendo, evolvendosi e migliorando, quando opportunamente seguita. Sono, quindi, necessari servizi di supporto anche durante l’adolescenza e l’età adulta; i principi che aiutano chi manifesta l’autismo da bambino sono gli stessi che valgono sempre negli anni.
La famiglia e le persone vicine rivestiranno un ruolo chiave nella vita del paziente, consentendogli l’inserimento sociale in una società non sempre pronta ad accogliere e integrare con consapevolezza chi ha la sindrome.
Per questa ragione, mai arrendersi ed è bene farsi portavoce e divulgatori di tutte le informazioni necessarie a consentire una vita quanto più “normale” al giovane con autismo: insieme si può sempre migliorare lo stato delle cose!
In collaborazione con “Un Cuore per l’Autismo O.N.L.U.S.“.