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Covid e difese immunitarie prima e dopo il vaccino: quanto durano?

Dr.ssa Barbara Illi

Ultimo aggiornamento – 08 Aprile, 2021

Coronavirus e immunità

In collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche

Intervista alla dr.ssa Barbara Illi, dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari del CNR di Roma.


Marzo 2021. Lo scenario è, purtroppo, ancora quello pandemico, ma innegabilmente dopo un anno la scienza inizia a darci risposte, lavorando incessantemente allo studio del virus SARS-CoV-2 che ha così condizionato le nostre vite, segnando uno spartiacque tra il “prima e il dopo”. 

Abbiamo intervistato la dr.ssa Barbara Illi, ricercatrice presso l’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari del CNR di Roma, cercando di comprendere le dinamiche che muovono il nostro sistema immunitario pre e post vaccino, contro il Covid-19. 

Covid e anticorpi: ad oggi, dopo un anno, cosa sappiamo sull'immunità? 

Sappiamo tanto. Nel 100% dei pazienti, infatti, si sviluppa una risposta immunitaria sia umorale che cellulo-mediata. Sappiamo che si sviluppano anticorpi neutralizzanti, cioè quelli che impediscono il legame di Spike al recettore ACE2 sulle nostre cellule; Spike è appunto la proteina-chiave che si lega alle cellule dell’epitelio respiratorio, facendo entrare così il virus nell’organismo. 

La risposta immunitaria dura, per lo meno analizzando i pazienti sotto osservazione da aprile 2020 a dicembre 2020. Ad oggi, naturalmente, si stanno facendo ancora dei follow up. Non sappiamo bene quanto duri la “protezione naturale” totale, ma è importante dire che sono state individuate le cosiddette “cellule di memoria”; dunque, l’infezione da Covid-19 induce un pool di linfociti B di memoria che si riattivano – almeno questo è stato dimostrato in vitro – quando si entra nuovamente a contatto con il virus. 

Verosimilmente, quindi, non dovrebbe esserci reinfezione, un argomento ancora in discussione. Questo, ovviamente, varianti escluse. C’è da dire che è appena uscito un lavoro su una delle riviste del Gruppo "Cell", dove si è dimostrato che gli anticorpi neutralizzanti originati dalla variante prevalente in Europa – la D614G – pur non essendo tanto efficaci contro la  variante Sudafricana , sono supportati da altri anticorpi policlonali che riconoscono porzioni diverse da quella di Spike che si lega alle nostre cellule, divenendo efficaci nel contrastare il virus, indipendentemente dalla variante. 

Questi anticorpi, dunque, dovrebbero aiutarci a riconoscere le varianti, proteggendoci. 

Cosa si intende con "memoria immunitaria"?

Quando noi incontriamo per la prima volta un patogeno, attiviamo due serie di risposte immunitarie: una risposta innata, che abbiamo dalla nascita e che non è legata a una “istruzione” del sistema immunitario (e che dipende soprattutto da cellule Natural Killer e monociti/macrofagi). Poi abbiamo una risposta acquisita, adattativa; quando un patogeno viene a contatto con il nostro sistema immunitario, ci sono cellule che presentano proprio l’antigene, cioè cellule che spezzettano proteine del patogeno (gli antigeni) al loro interno e le espongono al loro esterno su molecole che sono una sorta di “antennine”, per poi presentarle ai linfonodi, dove si trovano i linfociti. Questa “presentazione” comporta all’interno dei linfonodi una maturazione dei linfociti B, in prima battuta, e la produzione di anticorpi specifici contro quel determinato antigene. 

Una volta che la risposta anticorpale si è esaurita e il virus è stato eliminato, una classe di questi linfociti B rimane dormiente. Acquisisce la memoria dell’infezione e sa quali anticorpi produrre quando incontra nuovamente il patogeno. Dunque, ad esempio, se il  Covid-19  si presenta a un paziente giù infettato in passato, immediatamente i linfociti B, nell’arco di una settimana, maturano in plasmacellule e producono anticorpi utili per uccidere il virus ed evitare il propagarsi dell’infezione.   

Perché il tempo di immunità dopo il Covid non è sempre uguale per tutti?

Dipende dalle particolarità del sistema immunitario: ogni individuo è a sé. Se noi andiamo a guardare in periodi diversi lo stesso individuo in risposta a stimoli patogenici diversi, il profilo dei linfociti è differente. 

Non esiste un dogma nell’immunologia. Molto dipende dal background genetico delle persone. La carica virale c’entra poco.   

Vaccino: quanti giorni dopo l’inoculazione della seconda dose dovrebbero svilupparsi le difese immunitarie? 

Dopo una settimana dalla seconda dose di vaccino, si ha la copertura al 100%. Per Pfizer e Moderna, l’efficacia è del 100%, per AstraZeneca è dell’80%. Per Johnson&Johnson, per il quale basta una singola dose, un po’ di meno, ma sappiamo che il massimo della risposta immunitaria si ottiene dopo 7 giorni. 

Immunità da vaccino: ci sono previsioni sulla durata?

In linea teorica, l’immunità dovrebbe durare circa 12 mesi. Queste sono le previsioni, poi in realtà si tratta di una sperimentazione in corso d’opera, non abbiamo ancora dati certi. Ma il virus, stimolando cellule di memoria, ci fa pensare che l’immunità potrebbe essere più durevole. 

Il vaccino è altrettanto importante per chi ha già avuto il Covid?

La risposta è comunque sì, pensando soprattutto alle varianti e a ciò che non sappiamo. 

I vaccini in commercio, soprattutto Moderna, Pfizer e Johnson&Johnson, riconoscono tutte quelle individuate, anche se con efficacia diversa; AstraZeneca pare riconoscere meno la variante Sudafricana. 

C’è da dire che gli ultimi studi sui vaccini lasciano ben sperare che si sia protetti anche dalle varianti, dopo aver contratto il virus, grazie alla risposta naturale degli anticorpi; il vaccino potrebbe, quindi, avere un fine precauzionale per alcuni soggetti già “protetti naturalmente”. 

Si andrebbe, in questo caso, a potenziare una risposta immunitaria, anche in chi ha avuto la malattia.  


Per maggiori informazioni sui vaccini anti-Covid, invitiamo a visitare il portale ufficiale del Ministero della Salute, cliccando qui .

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Dr.ssa Barbara Illi
Scritto da Dr.ssa Barbara Illi

Ricercatrice dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari del CNR di Roma.

a cura di Redazione Pazienti
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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