In piena campagna vaccinale, in un contesto di forte arretratezza, sono ancora molti i dubbi sulle fasi della seconda somministrazione. La seconda dose del vaccino anticovid deve infatti essere somministrata dopo 21 giorni per il vaccino Pfizer e dopo 28 giorni per il vaccino Moderna, mentre il vaccino Johnson & Johnson, come è noto, è monodose e dunque non prevede il richiamo.
L’AIFA, che ha ribadito lassi di tempo, ha però dichiarato che è possibile dilatare le tempistiche delle seconde dosi, purché non si superi un intervallo di 42 giorni per entrambi i vaccini anticovid a mRNA. Per ottenere la protezione ottimale, si ricorda, è comunque necessario ricevere il richiamo, completando così il ciclo vaccinale. È quanto afferma la Commissione tecnico scientifica dell'Aifa, trasmesso in nuova circolare del Ministero della Salute dal titolo “Vaccinazione anti Sars-CoV-2”.
Seconda dose di Vaxzevria, il vaccino di Astrazeneca
Per quanto riguarda il vaccino di Astrazeneca, il richiamo deve essere effettuato nel corso della 12esima settimana (da 78 a 84 giorni) dalla prima somministrazione e risulta effettuato con una dose completa, mentre la prima prevedeva l'inoculazione di mezza dose.
Attualmente, però, in Italia il vaccino di AstraZeneca è stato sospeso per gli under 60. Tuttavia, chi già ha ricevuto la prima dose del vaccino e non ha mostrato problemi circolatori, può sottoporsi anche alla seconda. Anche gli over 60 possono poi continuare con il ciclo vaccinale.
Perché ritardare le seconde dosi del vaccino a mRNA
Questa opzione, approvata dall’AIFA, consente di avere più dosi a disposizione per effettuare le prime somministrazioni.
Non si tratta certamente di una situazione ottimale, ma in caso di scarsa reperibilità vaccinale, questa scelta può garantire a più persone la prima dose, accelerando il processo di immunizzazione della maggior parte delle persone. È, per esempio, quanto accaduto nel Regno Unito.
Già dopo la prima dose, comunque, si registra un innalzamento delle difese immunitarie. I trial su Pfizer e Moderna hanno infatti mostrato un’alta protezione da sintomi gravi, con una efficacia di prevenzione dopo le prime tre settimane che va dal 52 all’80%. Il livello di AstraZeneca, infine, raggiunge il 76% a seguito di tre settimane dalla prima somministrazione.
Seconda dose: si possono “mischiare” i vaccini anticovid?
La combinazione tra due diverse formulazioni del vaccino anticovid sembra essere una buona idea, si perché consente di risolvere i problemi di mancato approvvigionamento per chi deve accedere alla seconda somministrazione, sia perché contribuirebbe a rafforzare la reazione immunitaria.
A questo proposito, il professor Sergio Abrignani, immunologo presso l’Università Statale di Milano afferma che: «dal punto di vista immunologico il “prime and boost con vaccini di tipo diverso è fattibile ed è probabilmente anche la scelta migliore. I vaccini basati su adenovirus risultano infatti meno efficaci alla seconda dose a causa della risposta immunitaria contro gli adenovirus indotta con la prima iniezione. Nel mondo occidentale in genere si attendono i risultati di studi clinici controllati prima di agire, ma in una situazione di emergenza, per mancanza di farmaci o anche per il cambio del piano vaccinale, sulla base delle conoscenze dell’immunologia, le regole possono non essere per forza rispettate, come ad esempio ha già deciso di fare la Germania».
Questa via era stata seguita anche dal regno Unito, che a febbraio ha avviato una sperimentazione su 820 volontari, per testare il mix vaccinale tra Pfizer e il vaccino di AstraZeneca. I vaccini sono stati somministrati a distanza di 12 settimane, con risultati positivi che mostrerebbero una migliore protezione verso Covid-19.
Per maggiori informazioni sui vaccini anti-Covid, invitiamo a visitare il portale ufficiale del Ministero della Salute, cliccando qui .