Sindrome di Down: conoscerla in gravidanza

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Sindrome di Down: le cause e la diagnosi

Cosa è la sindrome di Down?

La sindrome di Down deve il suo nome al medico inglese John Langdon Down che, nel 1866, pubblicò un’accurata descrizione scientifica di una persona affetta da questo disturbo.

Nella storia recente, i progressi della medicina e della scienza hanno permesso di indagare sempre più a fondo le caratteristiche della sindrome, catalogandola come una “alterazione cromosomica”. Questi risultati stanno aprendo le porte a grandi progressi nella ricerca sulla sindrome di Down e sull’eventuale diagnosi prenatale del disturbo.

Quali sono le cause della sindrome di Down?

Ogni cellula del corpo umano ha un nucleo, in cui il materiale genetico è contenuto in strutture a bastoncino, dette cromosomi.
Questi sono lunghissimi fili di acidi nucleici (DNA), in cui si susseguono i codici (geni). Il nucleo di ogni cellula contiene 23 paia di cromosomi. Di ogni paio, una copia è ereditata dal padre, una dalla madre.

La sindrome di Down si verifica quando un individuo possiede una copia in più, completa o parziale, del cromosoma 21. Questo materiale genetico aggiuntivo altera il corso dello sviluppo dell’organismo e provoca le caratteristiche fisiche e mentali associate con la sindrome.
La sindrome di Down, comunemente nota anche come “Trisomia 21”, è la malattia genetica più comune al mondo. In Italia, si parla di un bambino Down ogni 1.000, con 500 nascite di neonati che ne sono affetti ogni anno.

Sindrome di Down: caratteristiche

Ogni persona con sindrome di Down è un individuo unico con le sue specifiche caratteristiche, anche se è possibile individuare tratti fisici comuni, tra i quali:

  • basso tono muscolare
  • bassa statura
  • inclinazione verso l’alto degli occhi
  • bocca piccola
  • collo più corto
  • naso piccolo e schiacciato
  • un’unica profonda piega nel centro del palmo della mano
  • mani e piedi piccoli

Tipologie della sindrome di Down

Esistono tre tipi di sindrome di Down:

Trisomia 21

La sindrome di Down è causata da un errore nella divisione cellulare, chiamato “citodieresi”: esistono tre copie del cromosoma 21, invece che le due canoniche. Durante il concepimento, una coppia dei cromosomi 21 di uno dei genitori non riesce a separarsi. Con lo sviluppo dell’embrione, il cromosoma è replicato in ogni cellula del corpo. Questo tipo di sindrome di Down, che rappresenta il 95% dei casi, è chiamata Trisomia 21.

Mosaicismo

Lo stesso fenomeno si può verificare durante una delle prime divisioni delle cellule dell’embrione e alcune cellule avranno il normale corredo cromosomico, altre avranno 47 cromosomi (quelle con 45 non sono vitali).

Il mosaicismo è diagnosticato quando si verifica una commistione tra due tipi di cellule, alcune contenenti 2 cromosomi, altre con 47 cromosomi (che contengono cromosomi 21). Il mosaicismo è la forma meno comune di sindrome di Down (rappresenta solo l’1% di tutti i casi).

Traslocazione

Nella traslocazione, che rappresenta circa il 4% dei casi di sindrome di Down, una copia completa o parziale supplementare del cromosoma 21 si attacca a un altro cromosoma (di solito il cromosoma 14), durante la formazione della cellula uovo: il numero totale di cromosomi nelle cellule dell’embrione resta 46, si ha la presenza del materiale genico corrispondente a un cromosoma 21 totale o parziale supplementare.

Sindrome di Down: i fattori di rischio

La copia aggiuntiva del cromosoma 21, che causa la sindrome di Down, può provenire dal corredo genetico sia paterno sia materno, ma solo il 5% circa dei casi è attribuibile al gene maschile.

Questo perché lo spermatozoo con un cromosoma in più tende a non essere vitale. Indipendentemente dal tipo di sindrome di Down, la causa comune è la presenza di una porzione in più del cromosoma 21, in tutte o in alcune cellule. Questo materiale genetico aggiuntivo altera lo sviluppo umano e provoca le caratteristiche associate con la sindrome.

La causa prima della presenza di un supplemento del cromosoma 21 è ancora sconosciuta.
L’età della madre è l’unico fattore che finora è stato collegato a una maggiore probabilità di avere un figlio con sindrome di Down; per una donna di 35 anni, la probabilità di concepire un figlio con sindrome di Down è di circa 1 su 350, mentre tra i 40 e i 45 anni l’incidenza diventa di circa 1 su 30.

Visto che la tendenza attuale è quella di avere figli sempre più tardi, l’incidenza della sindrome di Down è prevista in aumento (ecco perché la consulenza genetica per i genitori diventa sempre più importante). Valutando i tassi di natalità più elevati tra le donne giovani, attualmente, l’80% dei bambini con sindrome di Down hanno madri sotto i 35 anni di età.

Per ora, non esistono ricerche scientifiche che indichino come cause della sindrome fattori ambientali, particolari attività dei genitori prima e durante la gravidanza, o familiarità, cioè presenza di altri casi nella storia familiare: infatti, solo l’1% di tutti i casi ha una componente ereditaria. Può verificarsi in soggetti di ogni etnia e livello sociale.

Come viene diagnosticata la sindrome di Down?

La presenza della sindrome di Down può essere verificata sia durante la gravidanza sia al suo termine. Esistono diversi tipi di test per la sindrome di Down, che possono essere eseguiti durante la gravidanza:

Test di screening

Gli esami di screening stimano, con alta precisione, la probabilità per un feto di avere la sindrome di Down. Esiste oggi un ampio numero di test di screening disponibili per le donne in gravidanza. La maggior parte di questi test prevede:

  • un esame del sangue, test di screening avanzati sono in grado di rilevare la presenza di materiale cromosomico del feto;
  • un’ecografia, per verificare la presenza di un segno riconoscibile (“marker”) associato alla sindrome di Down.

Questi test non sono invasivi e altamente precisi (al 99%). I test del sangue, come il test del DNA fetale o Analisi Prenatale NIPT, permettono alle donne, già dalla 10° settimana, di valutare la presenza di anomalie cromosomiche.

Di grande validità è il Test combinato del primo trimestre, bi-test, (con ecografia), che si effettua tra la 9° e la 13esima settimana di gestazione e misura due diverse proteine presenti nel sangue materno, mentre l’ecografia valuta la quantità di fluido presente nell’epidermide superiore sulla parte posteriore del collo del bambino (translucenza nucale).

In passato, si impiegavano procedure altamente invasive, come la villocentesi e l’amniocentesi, che comportavano un rischio per la salute del feto. Dal 2014, è possibile analizzare il DNA fetale libero che circola nel sangue materno, sfruttando tecniche di sequenziamento genetico, che non richiedono altro se non un semplice prelievo.

Se un test di screening mostra un aumento della probabilità di avere un figlio con sindrome di Down, può essere il caso di prenotare anche un test diagnostico. I test di screening sono più efficaci, se compiuti durante il primo trimestre della gravidanza.

Esami alla nascita

La sindrome di Down è di solito identificata alla nascita dalla presenza di determinate caratteristiche fisiche. Poiché queste caratteristiche possono essere presenti anche in bambini senza la sindrome di Down, un’analisi cromosomica accurata (esame del cariotipo) può essere condotta per confermare la diagnosi: si estrae un campione di sangue per esaminare le cellule del bambino.

Si fotografano quindi i cromosomi del neonato e si riconoscono individualmente in base a dimensione e forma, con la possibilità di riconoscere porzioni specifiche di singoli cromosomi (tecnica FISH).

Quando fare i test di screening?

Le trisomie 21, sebbene più comuni nelle donne di età superiore ai 35 anni, possono verificarsi anche prima. Per questa ragione, si consiglia l’analisi del DNA fetale già a partire dalla decima settimana di gestazione.

Esistono alcuni fattori che possono alterare i risultati, come:

  • mosaicismi confinati alla placenta
  • sindrome del vanishing twin (ovvero del gemello riassorbito)
  • peso della madre
  • infezioni
  • neoplasie
  • trattamenti con cellule staminali

Sindrome di Down e fattori di rischio

Alcuni genitori hanno un rischio maggiore di generare figli con la sindrome di Down.

Ecco quali sono i fattori di rischio principali:

  • Età materna: le probabilità aumentano quando la madre è più in là con gli anni, perché le cellule uovo più vecchie hanno un rischio maggiore di divisione cromosomica impropria. A 35 anni il rischio di concepire un bambino con la sindrome di Down è di circa 1 a 350. A 40 anni il rischio è di circa 1 su 100, mentre a 45 anni il rischio è di circa 1 a 30.
  • Avere già un figlio con sindrome di Down: in genere, una donna che ha un figlio con la sindrome di Down ha circa 1 su 100 possibilità di generare un altro bambino con la sindrome di Down.
  • Essere portatori della traslocazione genetica: uomini e donne possono trasmettere la traslocazione genetica per la sindrome di Down ai loro figli.

Qual è l’impatto sociale della sindrome di Down?

Gli individui con sindrome di Down soffrono di ritardi cognitivi di vari gradi, da molto lievi a gravi.
Grazie ai progressi della moderna tecnologia medica, le persone con sindrome di Down vivono più a lungo rispetto al passato. Basti pensare che nel 1910 l’aspettativa di vita era di appena 9 anni, mentre oggi ben l’80% dei soggetti con sindrome di Down può vivere fino a 60 anni o anche più a lungo.

Oggi chi soffre della sindrome di Down è sempre più integrato nella società e nella propria comunità di appartenenza (scuola, ambiente di lavoro, sistema sanitario, attività sociali e ricreative…).
Tuttavia, una corretta e diffusa educazione pubblica su questa malattia deve essere una costante necessità civile e sociale.

È imprescindibile permettere a chi è affetto da sindrome di Down di vivere un’esistenza normale, sentendosi accettato in ogni luogo e ambiente di vita.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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